Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15724 del 09/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15724 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: TUDINO ALESSANDRINA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DIANA GIUSEPPE nato il 15/04/1959 a CASAL DI PRINCIPE

avverso l’ordinanza del 13/10/2016 della CORTE APPELLO di NAPOLI
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRINA TUDINO;
lette/se le conclusioni del PG
vi viz

Udito il difensore

)A-A,

Data Udienza: 09/02/2018

RITENUTO IN FATTO

1.Con il decreto in epigrafe, la Corte d’Appello di Napoli-Sezione Misure
di Prevenzione, ha confermato il provvedimento emesso dal Tribunale di Santa
Maria Capua Vetere il 28 marzo 2013, con il quale è stata applicata nei
confronti di Giuseppe Diana – per quanto rileva – la misura di prevenzione
della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno nel

2.

La Corte ha ritenuto che gli elementi dimostrativi acquisiti

fondassero, pur all’esito delle deduzioni defensionali, il giudizio di pericolosità
qualificata rassegnato dal primo giudice, rilevante in termini di attualità, nei
confronti del Diana, a cui veniva attribuita la qualità di indiziato di
appartenenza a sodalizio mafioso.
3.

Ricorre avverso il decreto l’imputato, per mezzo dei difensori,

deducendo – con partiti ordini di motivi – doglianze con riferimento a tutti i
presupposti di applicazione della misura personale.
3.1 Con il primo motivo, il ricorrente deduce violazione ed erronea
applicazione della legge n. 575 del 1965 e 1423 del 1956 – applicabili ratione
temporis – in ordine alla valutazione degli indizi di appartenenza del proposto
ad associazione di tipo mafioso e difetto assoluto di motivazione per avere il
decreto impugnato qualificato il profilo soggettivo del Diana, ascrivendolo
entro la predetta categoria, in violazione dei principi, affermati sul punto dalla
giurisprudenza di legittimità, che regolano i rapporti tra il materiale probatorio
valutato nelle sentenze di merito e gli indicatori indiziari utilizzabili nel
procedimento di prevenzione. I giudici di merito avrebbero formulato una
irragionevole qualificazione del proposto come indiziato di appartenenza ad
un’associazione mafiosa, trascurando le numerose ordinanze di annullamento
di misure cautelari emesse nei confronti del Diana e valorizzando, invece,
elementi acquisiti in un processo trattato dall’autorità giudiziaria napoletana,
nel cui ambito il Diana è stato condannato per intestazione fittizia di beni e per
estorsione in danno del cognato, Orsi Michele, con esclusione dell’aggravante
di cui all’art. 7 L. 203/1991, e nel procedimento relativo a tentativi di
riciclaggio nell’ambito della scalata alla società calcistica s.a.s. Lazio, in ordine
al quale il GUP del Tribunale di Roma ha assolto, con ampia formula
liberatoria, il proposto. Del pari ininfluenti gli elementi acquisiti agli atti di altro
procedimento, pendente a carico del Diana davanti al Tribunale di Santa Maria
Capua Vetere e relativo ai medesimi fatti già oggetto di accertamento nei

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comune di residenza, rideterminandone la durata in due anni e sei mesi.

giudizi citati. In relazione agli indicatori qualificanti utilizzati per attribuire la
qualifica di indiziato di appartenenza a sodalizio mafioso non sarebbero,
ancora, elementi idonei le circostanze emerse nel procedimento a carico dei
coimputati Abbate, definito con sentenza di assoluzione dei predetti per il
reato di intestazione fittizia di beni riconducibili al Diana e per il quale lo stesso
proposto è ancora sottoposto a processo ed è stato beneficiario di ben due
annullamenti della misura cautelare; la sentenza di condanna per estorsione in

mafiosa, e gli ulteriori episodi richiamati, utilizzati dai giudici di merito in
contrasto con quanto affermato nei provvedimenti giudiziari e dunque, pur
facendo applicazione del criterio dell’autonoma valutazione del procedimento
prevenzionale, in insanabile logica contraddizione con la ritenuta iscrizione
entro la categoria di riferimento. La rilettura degli elementi probatori acquisiti
nei giudizi di merito sarebbe stata travisata, in presenza di insuperabili profili
di inefficienza dimostrativa (dichiarazioni del collaboratore di giustizia Froncillo
nel procedimento Abbate; accertati rapporti societari con Gennaro Sorrentino;
intercettazioni telefoniche nel procedimento per tentato riciclaggio) e
comunque della delineata posizione del Diana quale imprenditore costretto ad
operare in un contesto ad alta contaminazione camorristica (come emerge
chiaramente dalla sentenza per estorsione in danno dell’Orsi), ma di cui alcun
elemento giustifica forme di appartenenza rilevanti a sensi delle norme
evocate, anche in considerazione di plurime decisioni di merito liberatorie. La
lettura solo parziale e fuorviante degli elementi indicati sarebbe, dunque,
inidonea per la formulazione dell’autonomo giudizio di pericolosità soggettiva
richiesto, con conseguente erronea iscrizione del proposto nell’ambito della
categoria di specifica pericolosità alla quale è stato assegnato. Aporie che
renderebbero, nella prospettazione del ricorrente, la motivazione del tutto
apparente in punto di prognosi di appartenenza e, dunque, priva dei requisiti
previsti dalla legge.
3.2 Le censure articolate con il secondo motivo di ricorso attingono il
requisito dell’attualità, tanto più stringente nei casi – quale quello in esame in cui manchi l’accertamento giudiziale dell’appartenenza del proposto ad
un’associazione mafiosa. Anche nella valutazione di siffatto postulato, il giudice
di merito territoriale non avrebbe correttamente applicato i canoni ermeneutici
delineati da questa Corte e dal giudice delle leggi, che richiedono la
dimostrazione di una perdurante qualificata pericolosità, che copra le fasi
dispositiva ed esecutiva della misura secondo l’attualizzazione del giudizio che

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danno dell’Orsi, per la quale è stata irrevocabilmente esclusa l’aggravante

valuti la gravità del pericolo in riferimento al fattore tempo ed alle vicende
soggettive che abbiano interessato il proposto, soprattutto ove rilevanti in
termini di mutamento del percorso di vita. La corte territoriale avrebbe,
invece, omesso di svolgere la necessaria attualizzazione del rischio di
reiterazione della condotta antisociale, ricorrendo a valutazioni presuntive e
non considerando il considerevole iato temporale tra gli indicatori utilizzati
(risalenti agli anni 2004-2005) e la richiesta di prevenzione (23 marzo 2009)

misura cautelare detentiva, ed il conseguente cambiamento di stile
esistenziale.
4.

Con requisitoria scritta depositata in data 5 gennaio 2018, il

Procuratore Generale della Repubblica in sede ha chiesto emettersi
declaratoria di inammissibilità del ricorso, in considerazione dei puntuali
elementi valutati dal giudice di merito che dimostrano una solida consistenza
dell’impianto indiziario su cui è stata fondata la qualificazione del proposto e
valutata, in termini di attualità, la pericolosità sociale. Il ricorso non si
confronta con l’analitico tessuto motivazionale del decreto impugnato e si
limita ad invocare una rilettura degli elementi valutati con argomenti non del
tutto pertinenti (riferimenti al processo romano per riciclaggio non valutati nel
provvedimento impositivo) ovvero generici o già respinti con adeguata
giustificazione.
5. Con motivi nuovi depositati in cancelleria il 19 gennaio 2018, i
difensori hanno ulteriormente presidiato il ricorso, esplicitando gli argomenti
già esposti ed in particolare contrastando la ritenuta attualità della pericolosità
sociale, fondata nel provvedimento impugnato sulla perdurante adesione a
stabili e consolidate organizzazioni di tipo mafioso, salva la prova contraria del
recesso, richiamando i più recenti orientamenti di legittimità ed i principi di
diritto autorevolmente espressi dalle Sezioni Unite di questa Corte con la
recente sentenza n. 111 del 30/11/2017, Gattuso. Tornano, dunque, a
sollecitare l’annullamento del decreto impugnato, nei termini già evidenziati
nell’atto di ricorso principale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, nei termini di cui infra.
2. Ai fini della valutazione dei motivi di ricorso, va premesso come nel
procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione sia ammesso soltanto

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ed omettendo di valutare le vicende successive, tra cui la sottoposizione a

per violazione di legge, categoria alla quale va ricondotta la motivazione
inesistente o meramente apparente del provvedimento, che si configura
quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento
potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente
considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio
(Sez. 6, n. 33705 del 15/06/2016, Caliendo e altro, Rv. 270080) mentre
sfugge al sindacato di legittimità, insieme all’ipotesi dell’illogicità manifesta di

di argomenti difensivi che, in realtà, siano stati presi in considerazione dal
giudice o comunque risultino assorbiti dalle argomentazioni poste a
fondamento del provvedimento impugnato (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014,
Repaci e altri, Rv. 260246).
2.4 Occorre, peraltro, sottolineare come anche nella materia in esame
debba applicarsi il consolidato principio secondo cui «ai fini del controllo di
legittimità sul vizio di motivazione, la struttura giustificativa della sentenza di
appello si salda con quella di primo grado, per formare un unico complessivo
corpo argomentativo, allorquando i giudici del gravame, esaminando le
censure proposte dall’appellante con criteri omogenei a quelli del primo giudice
ed operando frequenti riferimenti ai passaggi logico giuridici della prima
sentenza, concordino nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova
posti a fondamento della decisione» (Sez. 3, n. 44418 del 16/7/2013, Rv.
257595). L’estensione di tale principio al settore delle misure di prevenzione
trova un saldo fondamento non solo nella identità di ratio, ma anche nella
identità della natura giuridica sostanziale dei provvedimenti di cui si tratta.
Com’è noto, infatti, il decreto che conclude il procedimento di prevenzione ha
natura di sentenza e, pertanto, ad esso si applicano le disposizioni relative ai
requisiti indicati, per quest’ultima, nell’art. 546 c.p.p. (Sez. Unite, n. 600/2010
de129/10/2009, Rv. 245174). Anche di recente, del resto, si è chiarito, agli
effetti dell’applicabilità di altre norme processuali, che «il procedimento di
prevenzione ha carattere giurisdizionale ed i decreti che concludono le fasi del
medesimo hanno natura sostanziale di sentenza» (Sez. 6, Sentenza n.40999
del 01/10/2015Cc. (dep. 12/10/2015) Rv. 264742).
3. Nella delineata prospettiva, devesi rilevare, con specifico riferimento
alle doglianze incentrate sull’omessa motivazione e sull’errata valutazione dei
presupposti applicativi, che il decreto impugnato appare conforme al
consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui ai fini
della formulazione del giudizio di pericolosità, funzionale all’adozione di misure

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cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., anche la deduzione di sottovalutazione

di prevenzione, è legittimo avvalersi di elementi di prova o indiziari tratti da
procedimenti penali, benché non ancora conclusi e, nel caso di processi definiti
con sentenza irrevocabile, anche indipendentemente dalla natura delle
statuizioni terminali in ordine all’accertamento della penale responsabilità
dell’imputato, sicché anche una sentenza di assoluzione, pur irrevocabile, non
comporta la automatica esclusione della pericolosità sociale (Sez. I, n. 6636
del 7/11/2016, Rv. 266364).

Il provvedimento impugnato da ampiamente conto, secondo un iter logico
corretto, delle ragioni che consentono di trarre i presupposti di applicazione
della misura da un complesso di elementi probatori che include anche le
tematiche vagliate in procedimenti penali, valutate in modo autonomo e
persuasivo nel corso della procedura di prevenzione, e che appaiono idonee a
giustificare la ritenuta contiguità del Diana al clan camorristico La Torre, e la
disponibilità funzionale agli interessi del medesimo gruppo, seppure nella
“de damno vitando”,

prospettiva comunque utilitaristica

prendendo

espressamente in considerazione anche le pronunce emesse in sede penale,
compresa quella che ha escluso l’aggravante del metodo mafioso per l’episodio
estorsivo di cui lo stesso è stato riconosciuto responsabile.
3.2 Deve, pertanto, escludersi che la motivazione del decreto
impugnato sia, sotto tale profilo, mancante o apparente, giacché le
argomentazioni prospettate dalla difesa sono state valutate nel ragionamento
sviluppato dai giudici di merito o comunque risultano logicamente assorbite
dalle conclusioni da essi raggiunte.
4. In punto di valutazione dell’attualità della pericolosità sociale, il
Collegio ritiene di condividere la necessità — prospettata dalla difesa – di una
rilettura del procedimento alla luce dei principi enunciati e del metodo di
validazione declinato nella recente sentenza delle Sezioni Unite n. 111/2018
del 3/11/2017, secondo cui nel procedimento applicativo delle misure di
prevenzione personali agli indiziati di “appartenenza” ad una associazione di
tipo mafioso, è necessario accertare in concreto il requisito della attualità della
pericolosità del proposto.
4.1 Devesi rilevare, a riguardo, come la necessità di attualizzazione
della valutazione di pericolosità sociale nell’ambito del giudizio di prevenzione
sia stata ampiamente affermata dalla giurisprudenza di legittimità, che ha
reiteratamente precisato come il giudice della prevenzione sia tenuto a
compiere una complessiva valutazione della persistente condizione di

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3.1 Siffatti principi sono stati correttamente applicati nel caso in esame.

pericolosità sociale del sottoposto che, senza alcun automatismo valutativo e
decisorio, tenga conto degli elementi originariamente acquisiti, correlandoli a
quelli relativi all’evoluzione della personalità in relazione all’eventuale periodo
di detenzione patito ed alle ulteriori emergenze processuali (Sez. 1, n. 19657
del 24/01/2017, Palermo, Rv. 269947; Sez. 6, n. 50128 del 11/11/2016,
Agui’, Rv. 26821501; Sez. 1, n. 23641 del 11/02/2014, Mondini, Rv. 260104;
Sez. 5, n. 2922 del 06/11/2013, Belcastro, Rv. 257938).

generale d’applicabilità delle misure di prevenzione con riguardo a tutte le
categorie criminologiche, alla stregua delle previsioni legislative e dei principi
costituzionali e convenzionali in materia, e le Sezioni Unite hanno ribadito la
necessità di accertarne la sussistenza anche nei confronti di indiziati di
appartenenza ad associazioni di tipo mafioso, evidenziando come solo nel caso
in cui sussistano elementi sintomatici di una “partecipazione” al sodalizio
mafioso, sia possibile ricorrere all’applicazione della la presunzione semplice,
relativa alla stabilità del vincolo associativo, purché la sua validità sia verificata
alla luce degli specifici elementi di fatto desumibili dal caso concreto e la
stessa non sia posta quale unico fondamento dell’accertamento di attualità
della pericolosità (S. U. n. 111/2018, cit, Rv. 271511).
A tal fine, la massima di esperienza desumibile dalla tendenziale
stabilità del vincolo può applicarsi solo attraverso la previa analisi specifica dei
suoi presupposti di validità nel caso oggetto della proposta, non potendo da
sola genericamente sostenere l’accertamento di attualità.
4.3 Nella delineata prospettiva, le Sezioni Unite hanno enucleato
specifici indicatori, quali la natura storica del gruppo illecito a cui tale
appartenenza si riconduce; la tipologia della partecipazione, con particolare
riferimento all’apporto del proposto ed al suo accertamento con sentenza
definitiva; la particolare valenza del contributo individuale nella vita del
gruppo, per effetto, ad esempio, del ruolo verticistico rivestito dall’interessato;
elementi che costituiscono la base applicativa della regola di esperienza da cui
è tratta la presunzione di stabilità, desunta dalla natura e tipologia del vincolo
associativo.
4.4 L’approdo, sul punto, esplicita che «il concetto di appartenenza,
evocato dalla norma, è più ampio di quello di partecipazione, con il
conseguente rilievo attribuito in tema di misure di prevenzione a condotte che
non integrano (…) la presenza del vincolo stabile tra il proposto e la
compagine, ma rivelano una attività di collaborazione, anche non continuativa.

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4.2 La pericolosità attuale del soggetto costituisce, difatti, presupposto

La differente struttura risulta essenziale nel senso di impedire, anche sul piano
logico ricostruttivo, la piena equiparazione tra situazioni radicalmente diverse.
Ne consegue che, nell’ipotesi in cui non siano apprezzati elementi indicativi di
tale partecipazione, individuabile nella collaborazione strutturale con il gruppo
illecito, nella consapevolezza della funzione del proprio apporto stabile e
riconoscibile dai consociati, la collaborazione occasionalmente prestata, pur nel
previo riconoscimento della funzione della stessa ai fini del raggiungimento

di tale cooperazione, non può legittimare l’applicazione di presunzioni semplici
la cui valenza è radicata nelle caratteristiche del patto sociale, la cui ideale
sottoscrizione, secondo il criterio dell’id quod plerumque accidit, costituisce il
substrato giustificativo (sul punto Corte cost., n. 231 de12010) che l’apporto
occasionate non possiede per definizione. In tal caso l’accertamento di
attualità dovrà logicamente essere ancorato a valutazioni specifiche sulla
ripetitività dell’apporto, sulla permanenza di determinate condizioni di vita ed
interessi in comune» (ibidem).
4.5 Sulla base di siffatte considerazioni, le Sezioni Unite hanno
affermato che «il richiamo alle presunzioni semplici deve essere corroborato
dalla valorizzazione di specifici elementi di fatto che le sostengano ed
evidenzino la natura strutturale dell’apporto, per effetto delle ragioni di
collegamento espressamente enunciate sulla base degli atti, onde sostenere la
connessione con la fase di applicazione della misura»; e che «occorre
confrontarsi, al fine della valutazione di persistente pericolosità, con qualsiasi
elemento di fatto suscettibile, anche sul piano logico, di mutare la valutazione
di partecipazione al gruppo associativo, al di là della dimostrazione di un dato
formale di recesso dalla medesima – anche lì dove sia possibile evocare
astrattamente un recesso, che si può connettere solo ad attività partecipativa quale può ravvisarsi nel decorso di un rilevante periodo temporale o nel
mutamento delle condizioni di vita, tali da renderle incompatibili con la
persistenza del vincolo»•
4.6 In altri termini, la necessità di validazione della massima
d’esperienza che sottende l’applicazione di criteri presuntivi in punto di positiva
dimostrazione di pericolosità attuale è inversamente proporzionale alla solidità
e compattezza della forma di appartenenza al sodalizio, di guisa che l’onere
argomentativo è tanto più rinforzato quanto più ci si discosti dalla stabile
partecipazione ad associazione mafiosa verso ipotesi di concorso esterno.

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degli scopi propri del gruppo, per la mancanza di stabilità connessa alla natura

5. Applicando i suesposti principi al caso in esame, si rileva come gli
elementi enucleati nei due provvedimenti di merito, nella loro reciproca
integrazione, non soddisfino lo standard motivazionale così declinato, non
evidenziando un accertamento di attualità della pericolosità pienamente
rispondente ai suddetti parametri, in virtù della sua esplicitazione solo
attraverso il richiamo alla presunzione di stabilità, priva di un sostegno in
fatto, che sarebbe stato possibile desumere solo dall’analisi attinente alla

5. 1 Nel caso in esame, infatti, è intervenuta una proposta nel corso del
2009 fondata sulla condanna riportata dal Diana per il reato di estorsione,
risalente agli anni 2004-2005, in relazione al quale è stata definitivamente
esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 legge 203/1991, dato che non consente la
valutabilità della condanna quale unico elemento di fatto, ai fini
dell’applicazione della misura. A rafforzare il giudizio di pericolosità, il giudice
di merito ha poi richiamato la condizione di indiziato per il reato associativo del
proposto, fondata su intercettazioni telefoniche e dichiarazioni di collaboratori
di giustizia risalenti all’anno 2004. Tali dati sono stati sottolineati omettendo di
specificare se la condotta alla quale ricondurre, nei termini indiziari, la natura
dell’appartenenza, sia rapportabile ad ipotesi di partecipazione o di concorso
esterno, lasciando nell’area della genericità l’elemento fondante della
valutazione prognostica. Così come non risultavo svolti approfondimenti in
merito all’incidenza del decorso temporale sulla personalità del proposto,
considerata la notevole distanza intercorrente tra i fatti indizianti e la
valutazione prognostica di attuale reiterabilità del contributo dato
all’associazione, in assenza di argomentazioni riguardo la riproducibilità delle
situazioni che hanno dato luogo al suddetto contributo e la persistenza di
qualificati interessi comuni tra il proposto e l’organizzazione mafiosa di
riferimento. La attualizzazione della pericolosità del Diana resta affidata,
nell’analisi dell’ordinanza impugnata, alla mera ricognizione dei fatti posti a
fondamento della genetica valutazione di pericolosità e consolidati in una
prognosi negativa che elude il confronto con la natura della condanna riportata
(per la quale è stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 I. cit), l’epoca
risalente dei fatti evincibili dagli ulteriori procedimenti penali, l’incidenza del
trattamento cautelare cui il prevenuto è stato sottoposto e la valenza degli
indicatori di recupero sociale segnalati dalla difesa.
5.2 In tal modo, la corte non analizza ed illustra il dato fondante della
presunzione semplice applicata in punto di attualità, che deve essere, invece,

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specifica natura dell’accertata appartenenza.

ancorata ad un requisito di stabilità dell’appartenenza e giustificata mediante
la formulazione di una concreta capacità predittiva in funzione delle esigenze
prevenzionali, che non può essere soddisfatta con il generico riferimento alla
contiguità contenuto nell’ordinanza, che risulta sul punto di assoluta
genericità.
5.3 Deve, pertanto, ritenersi che l’onere argomentativo gravante sui
giudici di merito non sia stato assolto nella misura rinforzata declinata dai più

più adeguata valutazione.
6. A tanto consegue l’annullamento del provvedimento impugnato con
rinvio alla Corte d’Appello di Napoli per nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione
della Corte d’appello di Napoli.
Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2018
Il Consigliere estensore

Il Presidente

recenti orientamenti di legittimità, con conseguente necessità di una nuova e

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