Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15718 del 02/03/2018


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 15718 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: BORRELLI PAOLA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CARPEGGIANI GIANLUIGI nato il 04/11/1947 a FERRARA

avverso la sentenza del 26/01/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere PAOLA BORRELLI;
udito il Sostituto Procuratore generale PERLA LORI, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 26 gennaio 2017, la Corte di appello di
Milano riformava parzialmente — con concessione delle circostanze attenuanti
generiche, rideterminazione della pena in euro 50 di multa e riduzione dell’entità
del risarcimento del danno — la sentenza di condanna di Gianluigi Carpeggiani,
emessa dal Tribunale meneghino per il reato di minaccia aggravata dall’uso di
arma (una pistola) a danno di Andrea Sabbadini; secondo la ricostruzione dei
giudici di merito, imputato e persona offesa avevano interagito per questioni di
viabilità, allorché Sabbadini e la moglie stavano circolando a piedi ed avevano
protestato per una manovra dell’imputato, che viaggiava, con la moglie, a bordo
della propria autovettura, manovra ritenuta imprudente.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il difensore
del Carpeggiani articolando dieci motivi.

Data Udienza: 02/03/2018

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente — lamentando violazione di legge e
vizio di motivazione — contesta la mancata applicazione della scriminante della
legittima difesa; in primo luogo, egli si duole che la Corte di appello abbia
operato un giudizio ex post e non ex ante circa l’esistenza del pericolo attuale
che ne è presupposto applicativo — ritenuto dall’imputato esistente sulla base
del colpo che il pedone aveva dato alla sua autovettura e che lo aveva costretto
a fermarsi — che solo successivamente era emerso fosse una forma di protesta
per la manovra del conducente. Né una motivazione soddisfacente sul punto

seguire, il ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata anche
quanto al giudizio di sproporzione tra la minaccia portata dalla persona offesa
brandendo un ombrello — ritenuto in giurisprudenza arma impropria — e quella
attuata dall’imputato con la pistola.
2.2. Con il secondo motivo, la parte stigmatizza la mancata motivazione
della Corte di appello in ordine alla invocata concessione della esimente della
legittima difesa putativa.
2.3. Con il terzo motivo, la parte lamenta mancata applicazione dell’art. 47
cod. pen. perché l’imputato non aveva compreso che il comportamento del
Sabbadini fosse di protesta.
2.4. Con il quarto motivo il ricorrente si duole del travisamento della prova
in relazione all’interpretazione della deposizione della teste Milani, moglie
dell’imputato; di fronte alla totale carenza di motivazione sul punto della
sentenza del Tribunale, la Corte di appello si era limitata ad affermare di
condividere la valutazione ed il ragionamento probatorio del Giudice di primo
grado.
2.5. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta che la Corte di appello non
abbia valutato la deposizione della teste a difesa rispetto a quello di accusa, non
superando, così, il ragionevole dubbio.
2.6. Con il sesto motivo la parte lamenta violazione di legge in ordine all’art.
530, comma 2, cod. proc. pen. e vizio di motivazione perché la Corte di appello
aveva confermato la condanna anche rispetto alla contraddittorietà della prova.
2.7. Con il settimo motivo, la parte lamenta violazione di legge e vizio di
motivazione perché il Giudice di primo grado aveva impedito al difensore
dell’imputato di esercitare il diritto di difesa, mal gestendo l’esame testimoniale
della moglie del Sabbadini, addirittura sostituendosi ad essa in alcuna risposte.
2.8. L’ottavo motivo lamenta violazione di legge e vizio di motivazione circa
la negazione della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.
2.9. Gli stessi vizi la parte ha dedotto nel nono motivo, quando ha censurato
la sentenza di appello nella parte in cui ha confermato la confisca della pistola

2

poteva evincersi dall’integrazione tra le sentenze di primo e secondo grado. A

nonostante all’imputato fosse stato nelle more revocato il porto d’armi, oltre che
la distruzione disposta dal Giudice, che non si era limitato al mero conferimento
dell’arma alla Direzione di artiglieria.
2.10. Violazione di legge e vizio di motivazione sarebbero sussistenti —
secondo il ricorrente — anche con riferimento alla determinazione del
risarcimento del danno, quantificato in maniera equitativa senza la prova
dell’esistenza del danno stesso e senza che risultasse l’impossibilità della sua
quantificazione in capo alla parte civile

memoria integrativa, in cui ha ribadito e parzialmente integrato le
argomentazioni del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso — nel quale il ricorrente lamenta il diniego
della scriminante della legittima difesa — è manifestamente infondato. Si ricorda
che, secondo questa Corte, i presupposti essenziali della legittima difesa sono
costituiti da un’aggressione ingiusta e da una reazione legittima: mentre la prima
deve concretarsi nel pericolo attuale di un’offesa che, se non neutralizzata
tempestivamente, sfocia nella lesione di un diritto (personale o patrimoniale)
tutelato dalla legge, la seconda deve inerire alla necessità di difendersi, alla
inevitabilità del pericolo e alla proporzione tra difesa e offesa.
Ebbene, quanto al requisito del pericolo attuale, non altrimenti evitabile, di
un’offesa ingiusta, la sentenza impugnata, con motivazione completa, univoca e
priva di fratture logiche, ha evidenziato come non potesse ritenersi esistente un
pericolo concreto ed attuale per l’incolumità dell’imputato tale da rendere
legittima una condotta come quella contestata. Si fronteggiavano, infatti, due
uomini, uno che viaggiava in auto, che ne ha arrestato la marcia, è sceso dal
veicolo arma da fuoco in pugno, è giunto a due metri, l’ha puntata all’altezza del
petto dei suoi interlocutori ed ha pronunziato frasi minatorie; l’altro che aveva al
più colpito l’autovettura mentre gli passava vicino, stava protestando per la
manovra azzardata ed impugnava un ombrello. E’ del tutto evidente — sulla base
di quanto accertato e senza poter operare una diversa ricostruzione in fatto —
che correttamente la Corte territoriale ha affermato che la persona offesa non
potesse costituire, in quel momento, un pericolo per l’imputato di tale portata da
poter essere fronteggiato solo con la reazione a mano armata. E’ utile, a questo
proposito, ricordare altresì che l’attualità del pericolo richiesta per la
configurabilità della scriminante della legittima difesa implica un effettivo,

3

3. In data 19 febbraio 2018, il difensore del Carpeggiani ha depositato una

preciso contegno del soggetto antagonista, prodromico di una determinata offesa
ingiusta, la quale si prospetti come concreta e imminente, così da rendere
necessaria l’immediata reazione difensiva, sicchè resta estranea all’area di
applicazione della scriminante ogni ipotesi di difesa preventiva o anticipata (Sez.
1, n. 6591 del 27/01/2010, Celeste, Rv. 246566).
Quanto sopra osservato rende ragione anche della scelta della Corte di
appello di escludere la proporzionalità tra offesa e difesa su cui pure si concentra
il ricorrente, del tutto logicamente ritenuta insussistente quando a confrontarsi

contrapposizione — ed uno dotato di pistola, vieppiù estratta proprio per
affrontare l’interlocutore. Le osservazioni integrative contenute nella memoria
del 19 febbraio 2018 non adducono argomentazioni idonee a mutare il giudizio
espresso, laddove, oltre a riproporre le censure già oggetto del ricorso,
contengono argomentazioni infondate (dal momento che si intenderebbe
sostenere che l’arresto del veicolo dell’imputato, dopo essere passato davanti ai
due pedoni, sia frutto di una condotta “costrittiva” della persona offesa, solo
perché quest’ultima aveva colpito l’auto che gli era passata vicino), prive di un
reale confronto con i passaggi della sentenza impugnata e che tendono a
richiedere a questa Corte inammissibili incursioni nel merito della res iudicanda
(si pensi alla dedotta differenza di stazza dei due contendenti).
1.2. Il secondo motivo — con cui la parte stigmatizza la mancata
motivazione della Corte di appello in ordine alla invocata concessione della
esimente della legittima difesa putativa — è manifestamente infondato perché la
Corte di appello, con motivazione effettiva anche se non esplicitamente diretta a
contrastare detta censura, ha svolto un ragionamento che risponde anche a
quest’ultima. Va ricordato che l’errore scusabile, nell’ambito della legittima difesa
putativa, deve trovare adeguata giustificazione in qualche fatto che, sebbene
malamente rappresentato o compreso, abbia la possibilità di determinare
nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi esposto al pericolo attuale di
un’offesa ingiusta (Sez. 1, n. 3464 del 24/11/2009, dep. 2010, Narcisio, Rv.
245634; Sez. 1, n. 4337 del 06/12/2005, dep. 2006, La Rocca, Rv. 233189),
sempre che la giustificata persuasione non sia legata a stati d’animo del soggetto
che la invoca. Orbene, nel leggere la motivazione censurata, ci si avvede che la
Corte di appello ha evidenziato come le ragioni dei due pedoni fossero palesi e
come il colpo all’autovettura ovvero l’impugnare l’ombrello non potessero essere
considerati come sintomatici dell’esistenza di una seria minaccia di un attuale e
concreto pericolo per l’incolumità dell’imputato che potesse legittimare
quest’ultimo a ritenere che l’unica reazione possibile fosse un minaccia a mano
armata.

4

sia un soggetto munito di ombrello — impugnato a prescindere dal contesto di

1.3. Il terzo motivo è inammissibile in quanto propone una censura — per
violazione di legge e vizio di motivazione circa l’applicazione dell’art. 47 cod.
pen. — non dedotta in appello. Oltre alla norma dell’art. 606, comma 3, cod.
proc. pen. specificamente riservata alle violazioni di legge non dedotte in
appello, va ricordato che anche la giurisprudenza ha sancito che non possono
essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di
appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute alla
sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e

2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; Sez. 3, n. 16610 del
24/01/2017, Costa e altro, Rv. 269632, Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013,
Grazioli Gauthier, Rv. 255577).
1.4. Con il quarto motivo la parte lamenta travisamento della prova quanto
alla deposizione della teste a discarico (moglie dell’imputato) ed omessa
motivazione sulle ragioni della mancata considerazione di tale prova. IL
travisamento si configura quando il Giudice utilizzi un’informazione inesistente o
ometta la valutazione di una prova e sempre che il dato probatorio, travisato od
omesso, abbia il carattere della decisività nella motivazione; si ricorda altresì che
tale vizio, intanto può essere dedotto, in quanto siano indicate in maniera
specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate e sempre
che il ricorrente non le abbia solo parzialmente considerate a sostegno delle sue
ragioni e non ne abbia adottato una lettura atomistica, scevra da un
inquadramento di insieme (Sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, Schioppo, Rv.
270071; Sez. 4, n. 46979 del 10/11/2015, Bregamotti, Rv. 265053; Sez. 2, n.
26725 del 01/03/2013, Natale e altri, Rv. 256723; Sez. 5, n. 11910 del
22/01/2010, Casucci, Rv. 246552). Ebbene, nel caso di specie non risulta che il
Giudice di primo grado e, di conseguenza, la Corte di appello che ne ha
richiamato il ragionamento abbiano omesso di valutare o travisato la
testimonianza della Milani, di cui è stato dato atto nella sentenza del Tribunale,
ma hanno operato una ricostruzione che ha dato prevalenza alle dichiarazioni
dalla persona offesa e dalla moglie. La censura è, pertanto, inammissibile.
1.5. Il quinto motivo – con il quale il ricorrente lamenta che la Corte di
appello non avesse valutato la deposizione della teste a difesa rispetto a quella di
accusa, non superando, così, il ragionevole dubbio – è inammissibile perché
esula dalla censure consentite in sede di legittimità. In linea con la
giurisprudenza di questa Corte, va ricordato che la regola dell’«o/tre

ogni

ragionevole dubbio» di cui all’art. 533 comma. 1 cod. proc. pen. invocata dal
ricorrente non è norma che possa essere adoperata quale parametro di
violazione di legge, laddove si finirebbe per censurare, in tal modo, la

5

grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (Sez.

motivazione al di là dei casi di cui all’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen.,
richiedendo così al giudice di legittimità un’autonoma valutazione delle fonti di
prova che esula dai suoi poteri (Sez. 3, n. 24574 del 12/03/2015, Zonfrilli, Rv.
264174); come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, infatti, il parametro di
valutazione di cui all’art. 533 cod. proc. ha ampi margini di operatività solo nella
fase di merito, quando può essere proposta una ricostruzione alternativa, mentre
in sede di legittimità tale regola rileva solo allorché la sua inosservanza si
traduca in una manifesta illogicità della motivazione (Sez. 2, n. 28957 del

impugnata.
1.6. Ragioni analoghe – legate sostanzialmente all’inammissibilità di una
richiesta di ricostruzione in fatto per giungere ad una rivalutazione del merito inducono a non dare seguito al sesto motivo di ricorso.
1.7. Il settimo motivo è inammissibile in quanto non si confronta con la
motivazione della sentenza impugnata, ancorchè sia su quella che intende
invocare il giudizio di cassazione (cfr. “precisazione e momento di sintesi”), ma
chiede, allegando i verbali, una delibazione sulla terzietà del giudice nel governo
della raccolta della prova testimoniale che non può trovare sede dinanzi a questa
Corte. Detto altrimenti e tenuto conto che i vizi eventuali nella raccolta della
prova testimoniale non integrano alcuna inutilizzabilità né nullità (Sez. 3, n.
45931 del 09/10/2014, Cifaldi, Rv. 260872; Sez. 2, n. 51740 del 03/12/2013,
Mitidieri, Rv. 258114), quanto alla motivazione, questa Corte è giudice della
sentenza e non è legittimata ad una valutazione del meccanismo acquisitivo della
prova poi evocata nel discorso giustificativo censurato.
1.8. Il motivo di ricorso concernente la mancata applicazione dell’art. 131bis cod. pen. è manifestamente infondato giacchè la Corte di appello ha dato
conto, senza incorrere in errori di diritto e con motivazione effettiva e priva di
fratture logiche, delle ragioni per le quali non ha ritenuto esservi margine per la
dedotta causa di non punibilità, attenendosi alla giurisprudenza di questa Corte a
Sezioni Unite (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590) secondo
cui, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per
particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla
tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità
della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma,
cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse
desumibile e dell’entità del danno o del pericolo. Ebbene, la Corte di appello ha
adottato una motivazione completa, univoca e logica, che si sottrae al giudizio di
legittimità, avendo fatto riferimento alle caratteristiche della condotta ed
all’intensità del dolo, in particolare alla sproporzione tra la reazione a mano

6

03/04/2017, D’Urso e altri, Rv. 270108) vizio che non caratterizza la sentenza

armata e l’azione del pedone ed all’utilizzo dell’arma in un contesto del tutto
inappropriato.
1.9. Il nono motivo di ricorso – laddove la Corte di appello ha confermato la
confisca della pistola nonostante all’imputato fosse stato revocato il porto d’armi
-è manifestamente infondato perché la Corte di merito ha correttamente
ritenuto applicabile – ancorchè non citandolo – l’art. 240 cod. pen., trattandosi
dell’arma con cui è stato commesso il reato ed evidenziando la pericolosità
intrinseca del bene se lasciato nella disponibilità del proprietario per la concreta

dedotto, vale a dire quello amministrativo della revoca del porto d’armi, non
idoneo ad elidere concretamente il pericolo di riutilizzo. Rispetto alla questione
della distruzione dell’arma, benché le citazioni giurisprudenziali della parte
ricorrente siano corrette, deve dirsi che essa non risulta avere interesse a
contestare che, in luogo della conservazione per le finalità storiche o artistiche,
sia stata disposta la distruzione, trattandosi comunque di arma confiscata e,
pertanto, sottratta definitivamente alla sua disponibilità. A riprova di ciò, vale
osservare che nelle due sentenze citate nel ricorso (Sez. 1, n. 13548 del
17/02/2009, P.G. in proc. Gargamelli, Rv. 24313; Sez. 1, n. 44622 del
22/11/2007, P.G. in proc. Isufaj, Rv. 238479), a ricorrere sia stato il Procuratore
generale e non l’imputato.
1.10. Il motivo circa la mancanza di motivazione in ordine al risarcimento
del danno è inammissibile, giacchè la liquidazione del danno morale è affidata ad
apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice di merito il quale nell’illustrare, nel corpo della motivazione, le caratteristiche del fatto,
dell’atteggiamento dell’imputato e dell’azione portata verso la persona offesa ha dato conto delle circostanze di fatto su cui ha fondato la propria valutazione,
senza che residuasse la necessità di indicare analiticamente i calcoli in base ai
quali ha determinato il

quantum del risarcimento.

2. Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle
ammende della somma, che si stima equa, di Euro 2.000,00.
P.Q. M .

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di
Euro 2.000,00.
Così deciso il 02/03/2018.
Il Consigliere estensore
— Paola Borrelli

Depositato in Cancelleria
0,..9…dp .291

Roma, lì

Il Présidente
Ger

eone

possibilità del ripetersi di condotte analoghe, implicitamente svalutando il dato

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA