Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15713 del 02/02/2018


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15713 Anno 2018
Presidente: SABEONE GERARDO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dai difensori di:
Balla Lulzim, nato a Durazzo, il28/9/1975;

avverso la sentenza del 14/9/2016 della Corte d’Assise d’appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Mario
Spinelli, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la Corte di Assise d’appello di Firenze, in parziale
riforma della pronunzia di primo grado e accogliendo l’appello proposto dal pubblico
ministero, ha condannato Balla Lulzim per il reato di omicidio preterintenzionale ai
1

,1J)

Data Udienza: 02/02/2018

danni di Ramaliu Erind, ripristinando in tal modo l’originaria qualificazione del fatto
contestata con l’atto imputativo e modificando quella invece di eccesso colposo in
legittima difesa operata dal giudice di prima cure. Con la medesima sentenza, la Corte
territoriale ha altresì confermato la condanna dell’imputato per la concorrente
contravvenzione di porto ingiustificato di coltello. La vicenda trae origine da un
violento litigio consumatosi tra l’imputato e la moglie – sulla cui genesi e modalità i
soggetti coinvolti hanno fornito versioni contrastanti – nel tratto di strada antistante

interveniva armato di una livella colpendo ripetutamente il Balla. Questi, pur
sanguinante, raggiungeva la propria autovettura parcheggiata nei pressi e prelevava
dalla tasca della portiera un coltello a serramanico, con il quale colpiva ripetutamente,
nella fase successiva della colluttazione, il Ramaliu, procurandogli tra l’altro la lesione
della parete laterale dell’aorta ascendente, individuata come la causa effettiva del
successivo decesso del medesimo.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato, a mezzo dei propri difensori, articolando tre
motivi.
2.1 Con il primo deduce violazione di legge processuale, reiterando l’eccezione di
inammissibilità dell’appello proposto dal PM ai sensi dell’art. 443 comma 3 c.p.p. già
rigettata dalla Corte territoriale.Tale impugnazione è infatti ammessa soltanto in caso
di assoluzione o di condanna che modifica il titolo di reato descritto nell’imputazione. A
riguardo il ricorrente sostiene che la legittima difesa, come tutte le cause di
giustificazione, si colloca per sua natura al di fuori del fatto tipico e così anche
l’eccesso colposo non configurerebbe un’autonoma ipotesi di reato rilevando soltanto
quoad poenam. Dunque la sentenza di primo grado avrebbe natura di condanna per
omicidio preterintenzionale, con applicazione della pena prevista per l’omicidio colposo
ai sensi dell’art. 55 c.p. La modifica avrebbe in definitiva riguardato soltanto il
trattamento sanzionatorio, restando il titolo di reato invariato, con conseguente
inammissibilità del gravame proposto.
2.2 Con il secondo motivo si deducono plurimi vizi di motivazione sotto il profilo del
travisamento probatorio. Anzitutto in relazione all’attendibilità della versione fornita da
Balla Erjola, smentita dalle dichiarazioni del teste oculare Falbo Eugenio e dal
messaggio telefonico indirizzato dalla stessa alla nipote prima dell’aggressione e che si
ritiene contraddittoriamente giustificato dalla Corte territoriale. Inoltre si censura il
senso attribuito alle parole della moglie della vittima, Ramaliu Oltajana, le cui
dichiarazioni a s.i.t. avrebbero dovuto leggersi assieme a quelle rilasciate
successivamente dalla stessa al P.M. e che, comunque, contraddirebbero diverse
risultanze istruttorie, oltre a presentare illogicità interne (in particolare, la donna non
avrebbe seguito i movimenti del marito dopo che questi uscì da casa allarmato dalle
2

l’abitazione della vittima (rispettivamente cognato e fratello dei due contendenti), che

urla provenienti dalla strada). Ancora si sottolinea la compatibilità delle lesioni inferte
al Ramaliu con l’azione di difesa posta in essere dal Balla, che sopraffatto da brutali e
ripetuti colpi di livella dell’avversario e trovaridosi disarmato, avrebbe adoperato il
coltello a scopo difensivo, come dimostrerebbe il fatto che il decesso fu determinato da
una sola coltellata letale. Dinamica in armonia con il susseguente comportamento
collaborativodell’imputato e che la Corte avrebbe dunque travisato. Infine si censura la
parte della motivazione relativa alla inevitabilità del pericolo corso dal Balla, decisiva
per escludere l’insussistenza della scriminante e che si fonderebbe su un presupposto

rifugiarsia bordo della propria vettura e di allontanarsi dal teatro dell’aggressione.
Infatti la sentenza avrebbe trascurato le risultanze processuali da cui emerge come il
veicolo fosse parcheggiato in una via senza sbocco e con la parte anteriore rivolta
verso il fondo intercluso. Conseguentemente egli non avrebbe senz’altro potuto
chiudersi al suo interno e fuggire, se non dopo aver effettuato una non agevole
manovra di inversione della marcia, consentendo però nel frattempo al suo aggressore
di raggiungerlo.
2.3 Con il terzo motivo si deduce infine inosservanza della legge penale sotto il profilo
del mancato riconoscimento dell’attenuante della provocazione. Tale profilo sarebbe
stato ignorato dalla Corte di Assise d’appello pur nella riqualificazione del fatto in
omicidio preterintenzionale e nell’ammissione della circostanza che il Ramaliu si munì
di una livella aggredendo il Balla e colpendolo ripetutamente alla testa. Circostanza
che unita all’assenza di pregressi contrasti tra l’autore del fatto e la vittima – contrasti
invero insorti esclusivamente tra l’imputato e la moglie – giustificherebbe di per sè il
riconoscimento dell’attenuante.

3. Con memoria depositata il 15 gennaio 2018, i difensori hanno ulteriormente
sviluppato le censure svolte con il secondo motivo di ricorso al fine di evidenziare
innanzi tutto come il giudice dell’appello sia venuto meno all’obbligo di motivazione
rafforzata nel momento in cui ha riformato la decisione di quello di primo grado
negando la sussistenza dei presupposti per la configurabilità della scriminante della
legittima difesa e dell’eccesso colposo. In secondo luogo hanno sottolineato la
manifesta illogicità del ragionamento svolto dalla Corte territoriale, la quale ha negato
la necessità della reazione difensiva e l’eccesso colposo sulla base dell’apodittica
affermazione per cui l’azione aggressiva si sarebbe sostanzialmente interrotta nel
momento della rottura della livella, senza tenere conto delle risultanze della
consulenza medico-legale – che evidenziano come, anche dopo tale rottura, la vittima
utilizzò l’attrezzo causando all’imputato ripetute ferite da punta e da taglio – e senza
indicare gli elementi da cui ha inferito che tale rottura sia avvenuta in un momento
antecedente a quello in cui il Balla si è armato del coltello.
3

erroneo e cioè la possibilità per l’imputato, una volta che l’aveva raggiunta, di

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito esposti.
2. Infondato è invero il primo motivo. Deve infatti ritenersi ammissibile l’appello del
pubblico ministero avverso la sentenza di condanna che, procedendo dalla originaria
imputazione di omicidio preterintenzionale, riqualifichi il fatto come eccesso colposo in
legittima difesa, con conseguente modifica del titolo del reato contestato rilevante ai

dell’art. 55 c.p., il quale configura un titolo autonomo e strutturalmente colposo di
responsabilità penale e non contiene, invece, come sostenuto dal ricorrente, una
disciplina meramente sanzionatoria.
2.1 L’assunto non è stato sempre pacifico, come dimostrato dall’evoluzione
giurisprudenziale e dottrinale. Parte della dottrina e della giurisprudenza più risalente
sosteneva infatti di poter ricavare dall’elemento volitivo ravvisabile nel fatto commesso
ex art. 55 c.p. la qualificazione dello stesso come reato sostanzialmente doloso,
equiparato alla corrispondente fattispecie colposa solo ai fini del trattamento
sanzionatorio.
2.2 La tesi – sostanzialmente ripercorsa dal motivo di ricorso – è stata però da più
parti criticata ed in tempi più recenti definitivamente abbandonata anche da questa
Corte. In proposito va innanzi tutto ricordato che la fattispecie si qualifica sul piano
oggettivo come travalicamento dei limiti entro i quali la condotta dell’agente deve
considerarsi lecita in forza di una scriminante. In secondo luog+he si distinguono due
forme di eccesso colposo: l’un+aratterizzata da un errore evitabile di valutazione sui
presupposti e limiti fattuali della giustificazione, sicchè l’evento è voluto, ma tale
volontà è inficiata dall’errore (c.d errore motivo); l’altra da un errore altrettanto

í

evitabile nell’esecuzione della condotta, talchè si registra un discrasia tra il
,

comportamento voluto e quello effettivamente attuato (c.d errore inabilità). Come è
stato puntualizzato da autorevole dottrina, in entrambi i cas l’eccesso deve
considerarsi strutturalmente colposo. In particolare anche nel caso dell errore motivo il
rimprovero all’agente è infatti di aver per colpa causato l’evento, non già per averlo
voluto, in quanto il processo volitivo risulta viziato dall’errore di valutazione
intervenuto nella fase formativa della volontà dell’agente. Non di meno risulterebbe
incomprensibile la ragione per la quale il legislatore avrebbe voluto trattare come
colposi reati invece ritenuti intrinsecamente dolosi, con evidente violazione del
principio di uguaglianza.
2.3 A quest’ultima notazione può peraltro aggiungersi che, se l’errore colposo sui limiti
della scriminante accedesse ad un fatto tipico doloso, punirlo alla condizione espressamente prevista all’art. 55 c.p. – che esista nell’ordinamento una
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sensi ed ai fini dell’art. 443 comma 3 c.p.p. Conclusione questa imposta dalla natura

corrispondente figura colposa risulterebbe ulteriormente arbitrario. La scelta della
punibilità si farebbe dipendere sostanzialmente dalla casuale presenza di una cornice
edittale applicabile e non da una attenta ponderazione del perché certi fatti meritino la
pena. Considerazione che aiuta a comprendere ancor meglio come erroneo sia il
fondamento della tesi propugnata con il ricorso, costretta a saldare la disciplina
asseritamente sanzionatoria dell’art. 55 c.p. a generiche ed imperscrutabili ragioni di
politica criminale, a fronte di un dettato normativo che invece richiama, in forma
coerente, i principi generali dell’imputazione colposa e in specie quello di cui all’art. 42

2.4 Che l’eccesso colposo sia figura strutturalmente colposa e non solo equiparata alla
disciplina dei reati colposi quoad poenam, è inoltre – come accennato -acquisizione
ormai consolidata nella giurisprudenza di questa Corte. Proprio argomentando da tale
natura si è infatti affermata l’applicabilità in materia di tutte le disposizioni concernenti
i delitti colposi, ivi comprese quelle sulla procedibilità (Sez. 4, n. 52120 del 19 luglio
2017, Conduraru, Rv. 271249; Sez. 1, n. 4413 del 18 giugno 1999, Confl. comp. in
proc. Santangelo, Rv. 214025) e sulle pene accessorie (Sez. 1, n. 1946 del 14
dicembre 1981, Gualandi, Rv. 151688). Ancora si è ritenuto che il delitto commesso
per eccesso colposo nell’esercizio di una facoltà legittima presenta tutti i caratteri del
delitto colposo, non soltanto quoad poenam,ma anche quoad substantiam(Sez. 1, n.
1402 del 5 novembre 1968, Di Prima, Rv. 109907) e, infine, esplicitamente che
l’eccesso colposo in legittima difesa non comporta l’assoluzione dell’imputato, ma la
riqualificazione del reato addebitatogli come colposo con conseguente applicazione
delle disposizioni concernenti i delitti colposi, considerato che l’art. 55 c.p. non
configura alcuna fattispecie scriminante od esimente, limitandosi a ribadire in tema di
cause di giustificazione la disciplina generale dell’errore e della colpa di cui agli artt. 43
e 47 c.p. (Sez. 5, n. 11806 del 13 febbraio 2014, P.G. in proc. Jehlica, Rv. 260210).
2.5 Si deve in definitiva ritenere che le forme di eccesso di cui all’art. 55 c.p. abbiano
natura strutturalmente colposa e che, nel caso di condotta dall’esito mortale, il titolo di
responsabilità addebitale sia quello di cui all’art. 589 c.p. Conseguentemente, nel caso
di specie, quella operata dal giudice di primo grado deve ritenersi una vera e propria
riqualificazione del fatto da omicidio preterintenzionale ad omicidio colposo, nella
forma dell’eccesso in legittima difesa, che ha comportato, ai fini ed agli effetti dell’art.
443 c.p.p., una effettiva modifica del titolo di reato, come tale idonea a legittimare il
pubblico ministero alla proposizione del gravame di merito.

3. Venendo al secondo motivo di ricorso parimenti infondate e per certi versi
inammissibili risultano alcune delle censure proposte.
3.1 Le cadenze argomentative della motivazione della sentenza impugnata sono
sviluppate attraverso la considerazione di alcuni fondamentali cardini istruttori e cioè
5

comma 2 c.p.

le sommarie informazioni rese da Ramaliu Oltjana (moglie della vittima), il
ritrovamento della livella imbracciata dalla vittima, la possibilità di fuga che si apriva
all’imputato nel momento della aggressione e, infine, la reiterazione delle coltellate
inferte. Tale quadro probatorio ha consentito alla Corte territoriale di pervenire ad una
ricostruzione della dinamica dei fatti, scandita dalle seguenti fasi temporalmente
ordinate: 1) il litigio in strada tra il Balla e la moglie; 2) l’intervento del Ramaliu
allertato dalle urla della cognata; 3) l’azione aggressiva di quest’ultimo ai danni

del Balla armato di coltello quando il Ramaliu appariva oramai disarmato.
3.2 La ricostruzione effettuata dai giudici dell’appello relativamente alle prime tre fasi
della vicenda si mostra coerente con le evidenze valorizzate e regge alle critiche del
ricorrente, che più volte ne offre una lettura soltanto alternativa, come tale
inammissibile, ovvero solleva eccezioni fondate su circostanze inesatte. Così in
riferimento alla attendibilità della Balla Erjola (la moglie dell’imputato), le cui
dichiarazioni, diversamente da quanto si sostiene nel ricorso, non sono state poste a
fondamento della riqualificazione del fatto. Al contrario i giudici di merito hanno
espressamente rinunciato a valorizzarne il contenuto, arrivando a sconfessarle
espressamente in due passaggi della decisione (pag. 9 e 13 della sentenza
impugnata). Alternativa e meramente assertiva è anche la lettura che il ricorrente
offre del messaggio telefonico inviato dalla stessa Balla Erjola alla nipote, che la Corte
territoriale, in maniera tutt’altro che illogica, ritiene motivato dalla rabbia della donna
e non da un autentico proposito omicidiario attraverso l’analisi degli elementi che
confutano la tesi di un agguato premeditato: in primo luogo le dichiarazioni della
RamaliuOltjana, ma anche quelle dello stesso imputato, il quale ha riferito come la
vittima si fosse presentata disarmata sulla scena del delitto e soltanto in un secondo
momento avesse prelevato la livella all’interno della propria autovettura. Nessuna
contraddizione sussiste, quindi, tra questo snodo motivazionale e quello relativo al snns
inviato dalla Balla alla nipote, che anzi appaiono logicamente intrecciati.
3.3 Quanto alle dichiarazioni della Ramaliu Oltjana, che, come detto, trovano riscontro
in quelle dello stesso imputato, non sussiste il vizio di motivazione dedotto con il
ricorso. Infatti la Corte valorizza proprio le dichiarazioni di cui si lamenta l’omessa
considerazione e cioè quelle rese in un secondo momento dalla donna al pubblico
ministero, deducendone – logicamente, come già si è detto – l’insostenibilità della tesi
dell’agguato. Sul punto il ricorrente evoca generici sospetti di inattendibilità della
testimonianza, che tuttavia i giudici d’appello hanno logicamente dimostrato non
essere minata né dalle dichiarazioni del teste Falbo, che si riferiscono a un momento
evidentemente successivo a quello dell’uscita in strada del Ramaliu, né dall’argomento
meramente congetturale per il quale la donna non sarebbe attendibile non avendo
effettivamente visto il marito precipitarsi in soccorso della sorella.
6

dell’imputato; 4) l’improvvisa rottura della livella in due tronconi; 5) la controffensiva

4. Colgono invece nel segno le censure del ricorrente relative alla ricostruzione delle
fasi finali del confronto tra imputato e vittima.
4.1 Assodato che è stato il Ramaliu ad aggredire il Balla iniziando a colpirlo con una
livella e che pertanto, almeno inizialmente, questi sia stato effettivamente esposto ad
un pericolo attuale per la sua incolumità in grado di giustificare una eventuale reazione
difensiva, la Corte territoriale ha escluso che l’imputato, quando si è armato e ha
successivamente accoltellato il suo aggressore, abbia agito in costanza dei presupposti

ritorsivo, ancorchè non intenzionalmente orientato a provocare la morte
dell’avversario.
4.2 Tali conclusioni riposano sostanzialmente sulla convinzione che l’azione offensiva
del Ramaliu si sia interrotta a seguito della rottura della livella che aveva fino a quel
momento utilizzato contro il Balla e che quest’ultimo, una volta raggiunta la propria
vettura, avrebbe potuto comunque sottrarsi alla furia del suo aggressore,
allontanandosi a bordo della medesima. Non di meno, sempre secondo i giudici
dell’appello, una volta che la livella si era spezzata, il rapporto di forza tra i due
contendenti si era inevitabilmente ribaltato ed era dunque l’imputato – che nel
frattempo si era munito del coltello – ad essersi venuto a trovare in posizione di
superiorità, talchè ancora meno necessitata dovrebbe ritenersi la sua reazione, anche
a prescindere dall’esito letale che l’ha caratterizzata.
4.3 Tali conclusioni risultano però viziate dalla mancata indicazione dei riscontri
probatori che giustificano la ricostruzione della dinamica dei fatti nei termini esposti in
sentenza. In maniera del tutto apodittica, infatti, la Corte di merito ha individuato la
fase dell’aggressione nel corso della quale la livella di cui si è detto si sarebbe
spezzata, escludendo a priori che ciò possa essere accaduto successivamente al
momento in cui il Balla riuscì a procurarsi il coltello o comunque a raggiungere la
propria vettura e che l’azione violenta del Ramaliu possa essere proseguita senza una
effettiva soluzione di continuità fino a quel momento. Ed in tal senso, pur avendo
registrato le conclusioni del consulente medico-legale del pubblico ministero, non ha
spiegato perché le ferite da taglio rilevate sul corpo dell’imputato non possano essere
state causate proprio da un moncone dell’attrezzo eventualmente utilizzato dalla
vittima come strumento di offesa. Ancora, la sentenza sembra accogliere (p. 10 della
motivazione) la versione del Balla (peraltro rilasciata al consulente medico-legale) e
cioè di essersi trascinato a terra fino all’auto e di essersi rialzato dopo aver prelevato
dalla portiera il coltello, senza spiegare perché, se effettivamente l’imputato e la
vittima non erano più a contatto, egli abbia dovuto muoversi in siffatta maniera e per
quale ragione la circostanza non rivelerebbe invece che il primo fosse ancora sotto la
minaccia del secondo.

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della legittima difesa, affermando invece che egli sia stato animato da mero intento

4.4 Le evidenziate lacune del ragionamento svolto dalla Corte territoriale – tanto più
rilevanti alla luce di quanto osservato nella memoria difensiva in merito all’onere di
motivazione “rafforzata” che grava sul giudice dell’appello nel caso di riforma della
pronunzia di primo grado – ne compromettono la tenuta, anche in riferimento
all’affermata possibilità per l’imputato di sottrarsi al pericolo senza ricorrere alla
reazione violenta effettivamente posta in essere. Se infatti l’impossibilità per
l’imputato di allontanarsi con la propria vettura in ragione della conformazione della

fondamento per le ragioni esposte in sentenza (e pervero nemmeno specificamente
confutate dal ricorrente) – e comunque perché, qualora egli abbia effettivamente avuto
la concreta e sufficientemente agevole occasione di salire a bordo del veicolo, è
evidente che avrebbe potuto facilmente aggirare il presunto ostacolo anche solo
innestando la retromarcia – rimane il fatto che, la lacunosa ricostruzione effettuata dai
giudici dell’appello in merito alla dinamica delle ultime fasi della vicenda, rende
apodittica anche l’affermazione secondo cui il Balla fosse nella condizione di salire a
bordo della sua vettura in quanto l’azione violenta del suo avversario si era interrotta.
In altri termini, che prelevare dalla tasca della portiera dell’auto il coltello ed entrare
nel veicolo e chiudervisi al suo interno fossero opzioni sul piano materiale equipollenti
e che dunque l’imputato avrebbe scelto la prima, pur potendo invece eleggere la
seconda, rimane conclusione non sufficientemente dimostrata in ragione del percorso
logico sviluppato in sentenza.

5. In conclusione, la sentenza, quanto all’imputazione di omicidio preterintenzionale,
deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’Assise d’appello di
Firenze per nuovo esame, rimanendo assorbite le censure proposte dal ricorrente con
il terzo motivo di ricorso. Il giudice del rinvio rimane libero di pervenire alle medesime
conclusioni rassegnate nella pronunzia annullata, purchè le sostenga con motivazione
idonea a colmare le lacune evidenziate. Qualora invece lo stesso ritenesse di
riconoscere che l’imputato abbia agito nell’attualità dello stato di legittima difesa, sarà
suo compito stabilire se questi abbia eventualmente travalicato i limiti dell’esimente e
se lo abbia fatto volontariamente o per colpa, traendone le necessarie conseguenze
giuridiche. Dalla non inammissibilità dei motivi di ricorso discende infine l’obbligo di
rilevare come per la concorrente contravvenzione di cui all’art. 4 I. n. 110/1975 sia
invece maturato il termine di prescrizione, sebbene in data successiva alla pronunzia
della sentenza impugnata. Posto che non ricorrono i presupposti per una pronunzia ai
sensi del secondo comma dell’art. 129 c.p.p., atteso che dalla motivazione dei giudici
territoriali emerge anzi l’evidenza della responsabilità dell’imputato per tale reato, in
riferimento al medesimo la sentenza deve essere dunque annullata senza rinvio per la
ragione indicata.
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strada teatro della vicenda prospettata dalla difesa si rivela obiezione destituita di

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata quanto alla contravvenzione di cui all’art.
4 I. n. 110/1975 per essere estinta per prescrizione. Annulla nel resto la medesima
sentenza con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte d’Assise d’appello di

Così deciso il 2/2/2018
Il Presidente

Il Consigliere ester
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Depositato in Cancelleria
Roma, lì

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Firenze.

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