Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15694 del 07/12/2012


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15694 Anno 2013
Presidente: MARZANO FRANCESCO
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENRALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI APPELLO DI
BOLOGNA
nel procedimento penale a carico di:
MARONE MASSIMO, n. il 27.7.1980
avverso la sentenza n. 2132/2005 pronunciata dal Giudice di Pace di Rimini, del
6/6/2007;
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. Salvatore Dovere;
udite le conclusioni del P.G. Dott. Sante Spinaci, che ha chiesto l’annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata perché estinto il reato per prescrizione;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Bologna
ricorre per cassazione avverso la sentenza con la quale il giudice di pace di
Rimini ha giudicato Marone Massimo colpevole del reato di cui all’art. 590 cod.
pen. e dichiarato non doversi procedere nei confronti del medesimo per essere il
reato estinto per prescrizione. Ad avviso del Giudice, infatti, al reato commesso
il 3.8.2003 dal Marone è applicabile la previsione dell’art. 157, co. 5 cod. pen.
nel testo introdotto dalla legge 251/2005, evocabile per il suo essere di maggior
favore rispetto al regime vigente al momento del fatto; pertanto, ad avviso del
giudice, il termine prescrizionale ordinario è pari ad anni tre e quello massimo di

Data Udienza: 07/12/2012

anni tre e mesi nove. Tale previsione deve ritenersi applicabile anche ai reati di
competenza del Giudice di pace.
Rileva invece il ricorrente che l’art. 157, co. 5 cod. pen. non trova applicazione
in relazione ai reati di competenza del giudice di pace e pertanto questi è incorso
in violazione di legge e la sentenza impugnata merita di essere annullata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
2. Il ricorso coglie Il vero ma esso è inammissibile per sopraggiunta carenza di
interesse.

stregua della disposizione di cui all’art. 58 D. Lgs.vo n. 247/2000, da equiparare
ad ogni effetto giuridico alle pene detentive della specie corrispondente, con la
conseguente inapplicabilità del quinto comma del precitato art. 157 cod. proc.
pen. Un indirizzo minoritario aveva espresso avviso diverso, nel senso di ritenere
applicabile la nuova normativa (Sez. V, 20.2.2007, n. 17399; Sez. fer.,
31.8.2006, n. 29786): e su tale assunto, la seconda delle decisioni testé indicate
aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 157, 5 0 comma,
cod. proc. pen., come novellato in parte qua dalla precitata L. n. 251/2005.
Il giudice delle leggi, con sentenza del 14 gennaio 2008, n. 2, ha dichiarato
infondata la sollevata questione di illegittimità costituzionale. Ha rilevato che “nel
diritto vigente le pene cosiddette ‘para-detentive’ non sono previste dalla legge
come sanzioni applicabili in via esclusiva per determinati reati, secondo la
testuale dizione della norma codicistica …, ma costituiscono l’oggetto di
un’opzione che il giudice può compiere in alternativa ad altre ….”, sicché “i reati
di competenza del giudice di pace, per i quali la previsione edittale concerne
invariabilmente la pena pecuniaria (in alternativa alla quale può essere
discrezionalmente irrogata, in alcuni casi soltanto, una pena ‘para-detentiva’)
non costituiscono oggetto della norma di cui al quinto comma dell’art. 157
cod.pen.

“; questo, “con la relativa previsione di un termine triennale per la

prescrizione, si riferisce invece a reati che non siano puniti con una pena
detentiva o pecuniaria, e, quindi, in definitiva, a reati per i quali le pene ‘paradetentive’ siano previste dalla legge in via diretta ed esclusiva’. Ha soggiunto
che “l’orientamento interpretativo basato sui dati testuali trova ulteriore e
decisiva conferma nell’argomento sistematico. L’art. 58, comma 1, del D. Lgs.vo
n. 274 del 2000 stabilisce che, ‘per ogni effetto giuridico’, le pene dell’obbligo di
permanenza domiciliare e del lavoro socialmente utile si considerano detentive,
cioè della specie corrispondente a quella della pena originaria. Si tratta di una
norma di natura speciale, cioè appositamente dettata per i reati di competenza
del giudice di pace, sorretta da una ratio unitaria e mirata ad omologare i reati in

L’obbligo di permanenza domiciliare e il lavoro di pubblica utilità sono, alla

del giudice di pace, sorretta da una ratio unitaria e mirata ad omologare i reati in
questione, quando siano per essi previste anche le pene ‘para-detentive’, alla
generalità dei reati puniti con pene detentive”.
Richiamato il conforme “orientamento assunto sul tema dalla prevalente e pú
recente giurisprudenza di legittimità”, ha conclusivamente rilevato che, “in
definitiva, il regime prescrizionale dei reati di competenza del giudice di pace
deve essere ricondotto all’ambito applicativo del primo comma dell’art. 157 cod.
pen.”.

conferma, nella specie, il principio pú volte affermato dalla maggioritaria
giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr. anche Sez. 4, Sentenza n. 13966
del 22/02/2008, P.M. in proc. Antichi, Rv. 239601), per il quale ai reati di
competenza del giudice di pace si applica il termine prescrizionale di cui all’art.
157, co. 1 cod. pen.
3. CÒ ritenuto, va anche rilevato che il reato per cuiè processo risulta estinto per
prescrizione con il decorso del 3.2.2011. Siccit, non potendo il ricorso soddisfare
alcun interesse concreto del ricorrente – neppure quello all’esatta applicazione
della legge, risultando in ogni caso identici gli effetti di questo giudizio – esso va
dichiarato inammissibile per sopraggiunta carenza di interesse. Questa si
rinviene, in relazione alla materia delle impugnazioni, quanto si deve operare
una “valutazione negativa della persistenza, al momento della decisione, di un
interesse all’impugnazione, la cui attualithè venuta meno a causa della mutata
situazione di fatto o di diritto intervenuta medio tempore, assorbendo la finalità
perseguita dall’impugnante, o percté la stessa abbia già trovato concreta
attuazione, ovvero in quanto abbia perso ogni rilevanza per il superamento del
punto controverso” (Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011 – dep. 17/02/2012, Marinaj,
Rv. 251694).
Valutazione negativa che nel caso di specie siè appena espressa.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7/12/2012.

Alla stregua di tali rilievi e considerazioni, deve, quindi, ancora una volta trovare

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