Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1569 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1569 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DELL’UTRI MARCO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Mugliaresi Luca n. il 2.1.1974
avverso l’ordinanza n. 61/2012 pronunciata dalla Corte d’appello di
Catania il 1.10.2012;
sentita nella camera di consiglio del 12.12.2013 la relazione fatta dal
Cons. dott. Marco Dell’Utri;
lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del dott. A.
Policastro, che ha richiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza
impugnata.

Data Udienza: 12/12/2013

Ritenuto in fatto
i. – Con ordinanza in data 1/6.10.2012, la corte d’appello di Catania ha rigettato l’istanza avanzata da Luca Mugliaresi diretta alla
riparazione dell’asserita ingiusta detenzione dallo stesso subita in relazione alla prospettata commissione, da parte dello stesso, dei reati
di concorso in estorsione aggravata e lesioni personali dalla cui imputazione l’istante era stato definitivamente assolto nel merito.
A sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la sussistenza, nella specie, della condizione ostativa alla riparazione rappresentata dall’avere l’istante dato (o concorso a dare) causa
alla detenzione per dolo o colpa grave, avendo il Mugliaresi imprudentemente intrattenuto equivoci rapporti di credito/debito con una
delle persone offese che lo aveva denunciato per estorsione, e per
aver provocato lesioni al convivente della ridetta persona offesa nel
corso di una colluttazione, in tal modo confermando, per propria colpa grave, il significativo quadro indiziario già delineatosi nei suoi
confronti.
Avverso il provvedimento della corte d’appello di Catania,
a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione il
Mugliaresi, censurando l’ordinanza impugnata per vizio di motivazione e violazione di legge in relazione agli artt. 314 e 315 c.p.p..
In particolare, si duole il ricorrente che la corte territoriale abbia ritenuto causalmente rilevante e gravemente colpevole il complessivo comportamento del Mugliaresi nel provocare l’adozione del
provvedimento restrittivo dallo stesso sofferto, in assenza di alcun
concreto elemento probatorio di riscontro in tal senso utilizzabile.
Ha depositato memoria il procuratore generale presso la corte
di cassazione, concludendo, in accoglimento del ricorso, per
l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
Ha depositato memoria il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concludendo per il rigetto del ricorso.
2. –

Considerato in diritto
3. – Il ricorso è fondato.
Secondo il costante insegnamento di questa corte di legittimità, in coerenza al dettato normativo di cui all’art. 314 c.p.p., costituisce causa ostativa al conseguimento della riparazione per l’ingiusta
detenzione subita, l’adozione, da parte dell’istante, di un comportamento (connotato dall’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave) oggettivamente e concretamente idoneo a dar causa (o a concor-

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rervi) all’adozione della misura cautelare in concreto eseguita nei relativi confronti.
Va pertanto escluso il ricorso di una causa ostativa al conseguimento dell’equa riparazione nel caso in cui il comportamento (pur
doloso o colposo) contestato all’agente, non abbia concretamente rivestito alcuna influenza causale nell’adozione della misura cautelare
restrittiva dallo stesso sofferta, avuto riguardo alle specifiche ragioni
poste a fondamento della relativa emissione.
Nel caso di specie, la corte territoriale, dopo aver evidenziato
come il ricorrente fosse stato arrestato in quanto indiziato dei delitti
di estorsione e lesioni allo stesso ascritti (e, a seguito della convalida
del provvedimento precautelare, sottoposto alla misura della custodia
cautelare in carcere), nel descrivere i profili della condotta del Mugliaresi asseritamente ostativa al riconoscimento della riparazione
dallo stesso invocata, ha valorizzato la circostanza costituita
dall’essersi, il Mugliaresi, “in un contesto oggettivo di non ben chiariti rapporti di debito/credito verso la persona offesa”, reso responsabile di una “colluttazione violenta con lesioni prodottesi sul convivente della persona offesa”, così lasciando ritenere “plausibile e logico che il Mugliaresi fosse impegnato ed avesse usato violenza fisica
verso il convivente della persona offesa per costringerla a continue
dazioni di denaro prive di giustificazione da sottostanti chiari rapporti economici’ (cfr. pag. 3 dell’ordinanza impugnata).
In tale guisa compendiata, l’ordinanza impugnata non si sottrae alla censura avanzata dal ricorrente incline a evidenziarne gli
evidenti profili d’infondatezza e di contraddittorietà, avendo la corte
territoriale trascurato di considerare, da un lato, la (non contraddetta) liceità delle relazioni patrimoniali intercorse con la persona offesa, per come emerse a seguito del giudizio di merito (ch’ebbe a ritenere del tutto inattendibili le dichiarazioni accusatorie delle persone offese), e, dall’altro, l’assoluta insufficienza dell’argomentazione probatoria allegata a fondamento della ritenuta pretesa violenza esercitata
dall’istante nei confronti del convivente della persona offesa (tale Pecoraro), avendo la stessa corte territoriale, in un primo momento,
espressamente affermato come “anche la sentenza di assoluzione accertava l’avvenuto scontro fisico tra l’imputato e la persona offesa”
(cfr. pag. 2 dell’ordinanza impugnata), e, successivamente, come il
comportamento specifico del Mugliaresi, consistito nel pestaggio del
Pecoraro, costituisse un “fatto non smentito nella stessa sentenza assolutoria” (cfr. pag. 3 dell’ordinanza impugnata).

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Ciò posto – rilevato come la circostanza che il fatto violento
ascritto al Mugliaresi ‘non fosse smentita’ dalla sentenza di assoluzione pronunciata nei relativi confronti non valga di per sé a giustificarne il richiamo quale prova del contrario (ossia che il Mugliaresi
avesse ‘effettivamente’ usato violenza nei confronti del convivente
della persona offesa, segnatamente a fronte della riconosciuta inattendibilità delle dichiarazioni complessivamente rese dalle ridette
persone offese) -, osserva il collegio come l’indicata contraddittorietà
della motivazione su tale punto determinante della decisione della
corte territoriale (contraddittorietà non risolta dall’insuperabile genericità del richiamo all’avvenuto scontro fisico tra l’imputato e la
persona offesa), valga a pregiudicarne la complessiva tenuta logica,
avendo la corte d’appello omesso di articolare adeguatamente il giudizio probatorio condotto proprio con riguardo alle sicure occorrenze
e alla specifica identificazione del comportamento del Mugliaresi ritenuto ostativo al conseguimento dell’indennità riparatoria rivendicata.
Sulla base di tali premesse, avendo la corte territoriale omesso
di articolare, in termini coerenti e logicamente argomentati, il tema
relativo al rapporto di influenza causale tra il comportamento asseritamente colpevole ascritto all’istante e la concreta adozione della misura restrittiva dallo stesso sofferta, dev’essere disposto l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo esame
alla corte d’appello di Catania cui è altresì rimesso il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.

Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, annulla l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo esame, alla Corte d’appello di Catania cui rimette il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12.12.2013.

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