Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15672 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 15672 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Torino
nel procedimento nei confronti di :
Okoro Chigbo Solomon, n. a Orlu (Nigeria)

il

05/05/1976,
avverso la ordinanza del Tribunale di Torino in data 07/06/2013;

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Izzo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con

ordinanza del 11/06/2013 il Tribunale del riesame di Torino ha

dichiarato, per omessa sommaria descrizione del fatto, la nullità dell’ordinanza
del 12/03/2013 del G.i.p. presso il Tribunale di Torino di custodia cautelare in
carcere nei confronti di Diarassouba Karim in relazione al capo 30 di incolpazione
relativo al reato di cui agli artt. 81 e 110 c.p. e 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 con
riguardo a diverse condotte di importazione, detenzione e cessione di quantitativi

Data Udienza: 05/03/2014

variabili di cocaina ed eroina, ed ha annullato la stessa ordinanza in relazione
altresì ai capi 42 e 48 di incolpazione.
Ha presentato, con riguardo alla dichiarazione di nullità per il capo 30
d’incolpazione, ricorso il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di
Torino.
Lamenta che la motivazione del Tribunale è affetta da violazione di legge,
avendo chiarito la giurisprudenza di legittimità che il giudizio che deve compiere

l’indagato sia stato posto in condizione di difendersi rispetto ai fatti contestati
anche se siano solo richiamati i meri articoli di legge. Al contrario, nella specie, il
Tribunale avrebbe confuso la descrizione sommaria del fatto, con l’indicazione
delle norme di legge che si assumono violate, con i requisiti che deve possedere
invece il decreto che dispone il giudizio, tra i quali l’enunciazione in forma chiara
e precisa del fatto. Evidenzia che il capo d’incolpazione formulato fornisce, di
contro, il massimo di precisione possibile anche nel distinguere le varie condotte
accertate tenuto conto della differenza sussistente tra fase cautelare e fase di
merito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Il ricorso del P.M. è fondato.
L’art. 292, comma 2, lett. b), c.p.p., prevede, tra i requisiti dell’ordinanza con cui
venga disposta la misura coercitiva, quello della “descrizione sommaria del fatto
con l’indicazione delle norme di legge che si assumono violate”. La previsione di
un tale requisito, con la conseguente sufficienza di una descrizione, appunto,
soltanto sommaria del fatto, è infatti evidentemente dovuta alla fluidità degli
addebiti, fisiologicamente propria della fase delle indagini preliminari, come
dimostrato dal diverso, e più completo, requisito della “enunciazione, in forma
chiara e precisa, del fatto” richiesto, invece, dall’art. 429, comma 1, lett. c),
c.p.p. con riguardo al decreto che dispone il giudizio, ovvero allorquando, a
differenza della prima situazione ricordata, l’azione penale sia stata già
esercitata.
Nella specie, l’analisi del Tribunale pare, come puntualmente sostenuto dal
ricorrente,avere parametrato le caratteristiche del capo d’incolpazione formulato
sub 30 non già al requisito di cui all’art. 292 cit., quanto a quello di cui all’art.

2

il giudice di merito in riferimento all’art. 292 c.p.p. deve limitarsi a verificare se

429 c.p.p. finendo, così, per richiedere più di quanto lo stesso legislatore abbia
preteso.
In realtà, come evincibile dalla sua lettura, ed esattamente in aderenza alla
voluntas legis, il predetto capo appare avere indicato, sia pure cumulativamente,
le sostanze cedute (cocaina ed eroina), le quantità (da 20 grammi a 6-7 Kg.
circa per singola cessione), i nomi di alcuni degli acquirenti e il periodo

condotte sono state poste in essere, in tal modo essendo stati sicuramente
forniti gli elementi necessari e sufficienti per porre l’indagato in grado di
contraddire sul reato per il quale l’ordinanza è stata disposta.
Né la circostanza che gli addebiti menzionati nel capo d’imputazione in oggetto
siano stati formulati con tecnica riassuntiva comporta, appunto, che ci si trovi
dinanzi ad una omessa descrizione del fatto, al contrario formulata con la
massima specificazione possibile e comunque in termini tali da consentire agli
indagati di difendersi (cfr., Sez. 4, n. 15025 del 25/02/2011, P.M. in proc.
Spinelli e altri, non massimata).
Consegue a quanto sin qui esposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata, non
impedito dal fatto che la stessa ordinanza abbia poi, in un passaggio
argomentativo a pagg.7 -8, affermato che la condotta descritta non risulterebbe
riscontrata dagli atti e dalle risultanze delle intercettazioni telefoniche giacché si
tratterebbe di “persone collocate a diversi livelli della lunga catena dello spaccio”,
intrattenenti “rapporti con i propri fornitori ed acquirenti, in molti casi senza
nemmeno sapere chi fossero i soggetti posizionati a monte o a valle della catena,
in quanto diversi da quelli abitualmente frequentati”; sennonché una tale
affermazione, la cui valenza rispetto alla decisione adottata è chiaramente posta
dai giudici in secondo piano rispetto al motivo processuale di cui sopra, appare
inidonea, a fronte della contestazione di cui al capo 30, che è, come visto, quella
del reato di cui all’art. 73 cit., a spiegare la ragione per la quale la mancata
conoscenza di fornitori ed acquirenti comporterebbe la mancanza di gravi indizi
in ordine al fatto materiale, che anzi viene dato per sussistente, delle condotte di
spaccio.

3. L’ordinanza impugnata va dunque annullata con rinvio al Tribunale di Torino
nella parte, unicamente oggetto di impugnazione, in cui ha dichiarato la nullità
dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere relativamente al capo 30
d’incolpazione per nuovo esame che tenga conto dei principi sopra affermati.

3

complessivo (dal mese di aprile/maggio 2010 al mese di febbraio 2012) in cui le

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Torino.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2014

Il Presidente

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