Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1567 del 04/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1567 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ESPOSITO MARIO N. IL 08/06/1984
avverso la sentenza n. 1324/2010 COR I E APPELLO di
CATANZARO, del 25/02/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 04/12/2015

Esposito Mario ricorre avverso la sentenza 25.2.14 della Corte di appello di Catanzaro che ha
confermato quella in data 9.3.10 del Tribunale di Cosenza con la quale è stato condannato, per i
reato di danneggiamento aggravato, lesioni aggravate, tentata violenza privata e porto illegale di
bastone, tutti commessi in concorso con Francavilla Daniele (coimputato non ricorrente) ed
unificati ex art.81 cpv. c.p., alla pena di mesi otto di reclusione.
Deduce il ricorrente, nel chiedere l’annullamento dell’impugnata sentenza, con il primo motivo,
violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p., in relazione al reato di tentata violenza privata,
per avere i giudici di secondo grado ribadito l’erronea valutazione del primo giudice senza
considerare che la p.o. Viola Leonardo aveva affermato di non ricordare da chi provenissero le
minacce, precisando che l’Esposito si era limitato a tenere chiuso lo sportello del camion,
impedendo al Viola di venire a contatto fisico con il Francavilla, per cui non era configurabile il
reato di cui agli artt.56,610 c.p.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. per essere
stata negata l’attenuante ex art.114 c.p., pur essendo chiaro che l’Esposito si era limitato a far sì che
il Viola rimanesse all’interno del proprio abitacolo, esplicando quindi un ruolo assolutamente
marginale, anche perché era intervenuto allorché la condotta illecita era ormai conclusa.
Con il terzo motivo si deduce ancora violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p, per avere
i giudici negato le attenuanti generiche senza motivare la ragioni ostative alla concessione e senza
considerare la marginalità del comportamento dell’Esposito, illogicamente concedendole invece a
chi un ruolo marginale non aveva avuto.
Con il quarto motivo si deduce violazione dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e) c.p.p. , relativamente
alla condanna per il porto abusivo dell’arma, per non avere i giudici di appello motivato la condotta
concorsuale dell’Esposito; reato che, secondo il ricorrente, era peraltro prescritto alla data della
pronuncia della sentenza di secondo grado.
Osserva la Corte che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, perché manifestamente
infondato, avendo i giudici territoriali, con motivazione congrua ed immune da profili di illogicità o

.,

contraddittorietà, evidenziato come la responsabilità a titolo concorsuale dell’ Esposito derivi
dall’aver partecipato attivamente alla condotta illecita materialmente posta in essere dal Francavilla,
impendendo al Viola di scendere dalla vettura, minacciando la p.o., onde consentire al coimputato
di consumare — ha precisato la Corte calabrese — il reato di danneggiamento, comportamento che del
tutto legittimamente non è stato ritenuto di minima importanza, avendo avuto efficacia causale

Legittimamente all’odierno ricorrente non sono state riconosciute le invocate attenuanti generiche,
avendo i giudici fatto corretta applicazione dei criteri di cui all’art.133 c.p., evidenziando in
particolare la negativa personalità dell’imputato, soggetto già condannato, e senza che la difesa
abbia peraltro prospettato al riguardo, in questa sede, concreti elementi di segno positivo non
considerati dai giudici di merito.
Infine, quanto al quarto motivo, le relative doglianze non risulta abbiano formato oggetto di
specifico motivo di appello, per cui esse trovano in questa sede la preclusione derivante dal disposto
di cui all’ultima parte del comma 3 dell’art.606 c.p.p., senza che possa utilmente essere invocata la
prescrizione del reato contravvenzionale di cui all’art.4 1.n.110/75, essendo su tale capo il giudicato
formatosi all’esito della pronuncia di primo grado.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 4 dicembre 2015

DEPOSITATA

determinante alla realizzazione dei fatti di reato.

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