Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15667 del 08/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15667 Anno 2018
Presidente: TRONCI ANDREA
Relatore: TRONCI ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE MARCHI PAOLO nato il 16/04/1979 a ROMA

avverso la sentenza del 23/03/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Presidente ANDREA TRONCI;

Data Udienza: 08/03/2018

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Il difensore di fiducia di Paolo DE MARCHI propone tempestivo ricorso per

cassazione avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma, in data
23.03.2016, ha dichiarato inammissibile l’impugnazione a suo tempo proposta
nell’interesse dello stesso DE MARCHI nei confronti della pronuncia con cui il
giudice monocratico del Tribunale di Civitavecchia lo aveva mandato assolto per
insussistenza del fatto, ex art. 530 cpv. del codice di rito, dall’imputazione
ascrittagli ai sensi dell’art. 371 cod. pen.

insussistente l’interesse all’impugnazione in capo all’imputato, atteso che la
motivazione svolta dal giudice di primo grado all’esito del processo celebrato
– ed interamente ripercorso in tutti i suoi passaggi istruttori – risulterebbe lesiva
“del suo diritto a non esser calunniato” e, pertanto, delle implicazioni connesse al
conseguimento di “una assoluzione piena, al fine quindi di potere esercitare il
diritto al risarcimento degli ingiusti danni provocatigli, a parte la volontà di
evitare anche il consolidarsi di un pregiudizio di carattere morale …”.
2.

Il ricorso proposto va dichiarato inammissibile, con le connesse statuizioni

di cui in dispositivo, a mente dell’art. 616 cod. proc. pen.
La Corte territoriale si è attenuta al consolidato principio enunciato da
questa Corte, per cui l’assoluzione formulata a mente del secondo comma
dell’art. 530 cod. proc. pen. non comporta affatto – com’era nel vigore del
pregresso codice di rito – una minore pregnanza rispetto a quella emessa ai
sensi del primo comma della citata disposizione, onde nella fattispecie, in ragione
della formula adottata (insussistenza del fatto), nessuna conseguenza
pregiudizievole può derivarne all’imputato, non trovando tutela nell’ordinamento
– come pure opportunamente rilevato dal giudice d’appello – la “pretesa,
meramente teorica e astratta, alla esattezza giuridica della pronuncia, inidonea a
condurre ad alcuna modifica degli effetti del provvedimento impugnato”.
Non hanno, pertanto, alcun fondamento i pretesi risvolti di ordine
negativo, paventati dal ricorrente rispetto alla possibilità di far valere in sede
civili i suoi diritti, per cui la ribadita carenza d’interesse non può che comportare
la pronuncia dell’anticipata declaratoria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 1’08.03.2018

Secondo il ricorrente, malamente la Corte territoriale avrebbe ritenuto

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