Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15666 del 08/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15666 Anno 2018
Presidente: TRONCI ANDREA
Relatore: TRONCI ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRESTIPINO IVANO GIOACCHINO nato il 13/01/1979 a CALTANISSETTA
avverso la sentenza del 16/03/2017 della CORTE APPELLO di CALTANISSETTA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Presidente ANDREA TRONCI;
Data Udienza: 08/03/2018
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
Il difensore di fiducia di Ivano Gioacchino PRESTIPINO propone
tempestiva impugnazione avverso la sentenza in data 16.03.2017 con cui la
Corte d’appello di Caltanissetta ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale
dello stesso capoluogo nisseno, di condanna del prevenuto a pena di giustizia per
il reato previsto e punito dall’art. 385 cod. pen. (e dall’art. 47
ter L. n.
354/1975), essendo il provvedimento impugnato asseritamente incorso in
duplice violazione di legge e vizio di motivazione: innanzi tutto, per essersi
affrontare nella sostanza le censure sollevate, concernenti sia lo “avvenuto
rigetto della richiesta di sospensione del processo per messa alla prova”, sia la
“esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto”; secondariamente,
per aver disposto il diniego dell’invocata valutazione di prevalenza delle già
concesse attenuanti generiche e disatteso altresì l’istanza di riconoscimento del
beneficio di cui all’art. 163 cod. pen.
2.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, con le conseguenti statuizioni
previste dall’art. 616 del codice di rito, nella misura di giustizia specificata in
dispositivo.
3.
Quanto al primo motivo di doglianza, premette il Collegio che non
risponde affatto a verità che il giudice distrettuale abbia omesso di affrontare le
censure indicate dal ricorrente.
Ciò posto, per un verso, ossia con riferimento alla sollecitata applicazione
dell’istituto di cui all’art. 464 bis cod. proc. pen., la Corte nissena non si è affatto
limitata ad una sterile indicazione dei precedenti a carico del PRESTIPINO, ma,
sulla base della loro disamina, è pervenuta ad una valutazione negativa – non
censurabile in questa sede, perché frutto del corretto esercizio del potere
discrezionale riconosciuto dalla legge – circa la prognosi di astensione del
prevenuto dalla commissione di ulteriori illeciti, presupposto imprescindibile per
la concreta applicazione dell’istituto medesimo (cfr. Sez. 5, sent. n. 7893 del
26.10.2015 – dep. 26.02.2016, Rv. 266256). Per altro verso, ossia in ordine alla
pretesa applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen.,
ancorché il riferimento alle nove condanne definitive – di cui l’ultima giusto per
evasione – non valga a dar conto della causa ostativa dell’abitualità del
comportamento delittuoso, in virtù del carattere specifico di uno solo dei
richiamati precedenti (v. Sez. 6, sent. n. 26867 del 28.03.2017, Rv. 270637),
nondimeno il chiaro significato implicito che traspare dal doveroso
apprezzamento complessivo della motivazione è nel senso del significato non
soffermato sulla non contestata colpevolezza dell’imputato, senza invece
certo irrilevante della condotta illecita posta in essere dall’odierno ricorrente,
nella sua obiettività, incidendo sulla concreta gravità delle conseguenze negative
che scaturiscono dal reato.
4.
Manifestamente infondata, alla stregua delle considerazioni testé svolte in
tema di precedenti, è la censura avente ad oggetto il mancato riconoscimento
della sospensione condizionale della pena, di cui il PRESTINO non potrebbe mai
fruire. Non consentita e, comunque, generica è invece la doglianza relativa al
giudizio di valenza, che la Corte ha negato in ragione della mancata allegazione
fermi i rilievi già evidenziati.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 3.000,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 1’08.03.2018
I presiden est.
di circostanze atte a legittimare una più favorevole formulazione dello stesso,