Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15660 del 08/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15660 Anno 2018
Presidente: TRONCI ANDREA
Relatore: TRONCI ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SALVI ANTONIO PIO nato il 31/08/1986 a CERIGNOLA

avverso la sentenza del 17/05/2016 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Presidente ANDREA TRONCI;

Data Udienza: 08/03/2018

RAGIONI DELLA DECISIONE
1.

Il difensore di fiducia di Antonio Pio SALVI propone impugnazione avverso

la sentenza in data 17.05.2016 con cui la Corte d’appello di Roma ha confermato
la statuizione di condanna del prevenuto per il reato di resistenza a pubblico
ufficiale, aggravato dalla ritenuta recidiva ex art. 99 co. 4 cod. pen.
Deduce il legale ricorrente che l’anzidetta sentenza sarebbe censurabile
sotto i seguenti profili:
a)

per aver reso una motivazione “apparente”, “ai limiti della inesistenza

nella fattispecie, dal punto di vista sia oggettivo che soggettivo, il contestato
reato di cui all’art. 337 cod. pen., in ragione dello stato di alterazione alcolica in
cui versava il SALVI; non senza aggiungere il vizio di motivazione relativo al
travisamento della deposizione testimoniale dell’agente di P.S. CERVO, non
avendo costui dichiarato che il ricorrente minacciò gli operanti con una bottiglia;
b) per aver disatteso, sulla scorta di affermazioni “apodittiche ed auto-assertive”,
le richieste, formulate con l’atto di appello, di disapplicazione della recidiva e di
riconoscimento delle attenuanti generiche.
2.

Il ricorso va dichiarato inammissibile, con le conseguenti statuizioni

previste dall’art. 616 del codice di rito, nella misura di giustizia specificata in
dispositivo.
Non consentito è il nucleo centrale del primo profilo di doglianza, che si
risolve nella reiterazione della soggettiva lettura della vicenda prospettata dal
difensore dell’imputato, a fronte di due convergenti ricostruzioni operate dai
giudici di merito, ivi compresa dunque la Corte capitolina che, ancorché
sinteticamente, ha posto l’accento sugli elementi essenziali, sintomatici

della

sussistenza della fattispecie ascritta, nella totalità dei suoi elementi costitutivi.
Mentre, per ciò che attiene al dedotto travisamento della prova, assorbente è la
constatazione che il ricorso ben si guarda dal soffermarsi sul carattere di
decisività del vizio denunciato, in realtà inesistente alla stregua dell’allegata
deposizione.
Parimenti non consentita, infine, è la censura finale, di fatto costituita
dalla mera riproposizione delle ragioni dell’appello, atteso che il giudice
distrettuale ha comunque dato conto delle ragioni poste a fondamento delle
statuizioni adottate in tema di applicazione della recidiva e di negativa del
beneficio di cui all’art. 62 bis cod. pen., sulla scorta di una motivazione dotata di
una sua linearità e, per certo, non affetta da manifesta illogicità, che sola
consentirebbe l’intervento censorio di questa Corte, alla luce della struttura
propria del giudizio di legittimità.

grafica”, a fronte della deduzione difensiva circa l’impossibilità di configurare

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 3.000,00 alla cassa delle
ammende.

aw••

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Così deciso in Roma, 1’08.03.2018

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