Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1564 del 20/11/2012
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1564 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) BERGOMI GABRIELLA GLORIA N. IL 30/09/1960
avverso l’ordinanza n. 13361/2011 GIUD. SORVEGLIANZA di
MILANO, del 16/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
Data Udienza: 20/11/2012
Considerato in fatto a in diritto
– che il Magistrato di Sorveglianza di Milano, con il provvedimento in
epigrafe, ha rigettato l’istanza di remissione del debito per spese di giustizia
proposta da Bergomi Gabriella Gloria, in quanto, da accertamenti espletati dalla
Guardia di Finanza la condannata risultava proprietaria di beni immobili siti in
Milano, sia pure pro quota ed oggetto di una controversia civile, sicché, anche in
ragione dell’entità del debito (C 105.503,89) e della sua natura solidale, il suo
domestico;
– che avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
il condannato, nel quale si contesta la fondatezza e rilevanza degli elementi posti
a fondamento della decisione (titolarità pro quota di beni immobili) ribadendo
che la informativa in atti ha confermato la esiguità del proprio reddito anche in
considerazione del dato, provato documentalmente, che i predetti immobili erano
amministrati da altro coerede e la regolarità della sua condotta successiva alla
condanna;
– che l’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi non consentiti
nel giudizio di legittimità;
– che al riguardo occorre considerare, infatti, che ai sensi dell’art. 6 DPR 30
maggio 2002 n. 115, per la concedibilità della remissione del debito sono
necessarie due condizioni: le disagiate condizioni economiche e la regolare
condotta, e che nel caso in esame la insussistenza del primo di tali presupposti è
stata esclusa sulla base di dati fattuali (informativa della Guardia di Finanza)
rispetto ai quali non vi è prova di un effettivo travisamento;
– che all’inammIssibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi dì esonero – al
versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente
determinabile in C 300,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.;
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna ricorrente al pagamento delle
pagamento non comporterebbe un serio e considerevole squilibrio del bilancio
spese processuali e al versamento della somma di C 300,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012.