Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1561 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1561 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ANASTASIO RAIMONDO N. IL 31/08/1956
avverso l ‘ordinanza n. 370/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di
PERUGIA, del 13/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 20/11/2012

Ritenuto in fatto e considerato in fatto
1. Anastasio Raimondo – detenuto sottoposto a regime speciale di
detenzione ex art. 41 bis O.P – ricorre per cessazione, per il tramite del suo
difensore, avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale di
sorveglianza di Perugia, ha respinto la richiesta di liberazione anticipata da lui
proposta con riferimento ai semestri di detenzione dall’8 luglio 2009 all’8 luglio
2010, in considerazione della irregolare condotta tenuta dall’istante,

di polizia penitenziaria (che in almeno due occasioni, il 2 gennaio ed il 26 giugno
2010, risultava sanzionata anche disciplinarmente); circostanza ritenuta
indicativa della mancata adesione del condannato, nel periodo di cui trattasi,
all’opera di rieducazione.
1.1. Deduce il ricorrente l’illegittimità del provvedimento impugnato per
violazione di legge e vizio di motivazione, argomentando al riguardo che il
Tribunale non avrebbe fornito adeguata spiegazione delle ragioni per cui
l’esistenza dl sanzioni disciplinari a carico dell’Anastasio implicasse una
valutazione negativa relativamente alla partecipazione del detenuto all’opera di
rieducazione, avendo i giudici del merito, in particolare, incongruamente
svalutato la circostanza, dedotta dalla difesa, in merito alle gravi patologie,
anche di natura psichica, che avevano in tutta evidenza influenzato il
comportamento sanzionato disciplinarmente, da ritenersi, per ciò, privo di
effettiva valenza dimostrativa di una mancata partecipazione del condannato
all’opera rieducativa.

2. L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi non consentiti
dalla legge nel giudizio di legittimità.
Ed invero, le argomentazioni difensive prospettate in ricorso, lungi dal
denunciare effettivi profili di illegittimità dell’ordinanza impugnata (travisamento
delle circostanze di fatto poste a base del provvedimento), si risolvono, infatti, In
una contestazione della gravità delle ripetute infrazioni disciplinari commesse nel
periodo di carcerazione oggetto di valutazione e ritenute riconducibili a gravi
patologie da cui risulterebbe affetto l’Attanasio, la quale però, si rivela non
verificabile in questa sede, in quanto, in violazione del generale principio di
autosufficienza del ricorso, tale deduzione non si ricollega ad alcuna allegazione
documentale (rapporti disciplinari, decisione dell’autorità disciplinare;
certificazione medica) che consenta di apprezzarne la fondatezza, così da
risolversi, in definitiva, in una censura generica ed autoreferenziale delle
valutazioni e degli apprezzamenti probatori operati dai giudici di merito, che
ancorché con motivazione concisa, hanno ritenuto la condotta sanzionata

caratterizzata da comportamenti violenti e minacciosi nei confronti del personale

certamente indicativa di una insufficiente partecipazione del detenuto all’opera di
rieducazione e per ciò ostativa alla concessione del richiesto beneficio; e ciò
specie ove si consideri che nei confronti dell’Attanasio non risulta sia stato mai
adottato un provvedimento di differimento dell’esecuzione della pena a ragione
delle sue infermità psichiche o fisiche.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di

determinabile in C 1000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

P. Q. M.

dichiara Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di €1 00,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il

20

012.

esonero – al versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente

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