Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1561 del 10/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1561 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: SERRAO EUGENIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FAGNELLI DOMENICO N. IL 05/07/1936
avverso l’ordinanza n. 33/2006 CORTE APPELLO di BARI, del
31/01/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EUGENIA SERRAO;
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iUdit i difensor Avv.i

Data Udienza: 10/12/2013

RITENUTO IN FATTO
1. In data 31/01/2011 la Corte di Appello di Bari ha rigettato l’istanza di
riparazione per ingiusta detenzione formulata nell’interesse di Fagnelli
Domenico; ingiusta detenzione subita dall’istante nell’ambito di un procedimento
in cui gli erano stati contestati i reati di cui agli artt.416,648 cod.pen. perché
ritenuto partecipe di un’associazione dedita alla ricettazione di parti di
autovetture, nonché del reato-fine di ricettazione, sempre di parti di autovetture,
con misura cautelare applicata in data 20/11/1995 e revocata dal Tribunale del

2. Premesso che, con sentenza ai sensi dell’art.425 cod.proc.pen. emessa
dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Foggia in data 5/11/2003
l’istante era stato assolto per non aver commesso il fatto, la Corte adita ha
rigettato la domanda ravvisando nel comportamento dell’istante – alla luce di
quanto acquisito agli atti – gli elementi di una condotta sinergica alla produzione
dell’evento restrittivo della libertà personale; in particolare, la Corte territoriale
ha ritenuto ravvisabile nella condotta di Domenico Fagnelli gli estremi della colpa
grave sulla scorta delle seguenti specifiche circostanze fattuali: 1) telefonate
intercettate tra il Fagnelli e Traversi Marco, il cui contenuto rimanda
all’espletamento di un’attività di ricettazione di mezzi rubati in cui l’istante, in
particolare nella telefonata del 26/05/1995, si rivolge al Traversi chiedendo di
procacciare pezzi di ricambio di autovettura, nonché altri contatti registrati il
3/06/1995; 2) dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, dalle quali emergeva
che il Fagnelli – quale gestore di un’autodemolizione – aveva contatti con i
soggetti facenti parte del sodalizio; 3) l’esito di una informativa di polizia
giudiziaria da cui risultava che il Fagnelli era stato sorpreso insieme al fratello
all’interno della sua autodemolizione mentre era intento a smontare un veicolo
rubato.
3. Avverso tale provvedimento Domenico Fagnelli ricorre per cassazione,
con atto di impugnazione sottoscritto dal difensore, deducendo erronea
applicazione della legge penale oltreché travisamento ed illogicità della
motivazione in quanto la Corte territoriale avrebbe fondato la decisione circa la
colpa grave dell’istante sull’erroneo convincimento che lo stesso fosse stato
tratto in arresto dopo essere stato sorpreso all’interno della sua autodemolizione
intento a smontare un veicolo rubato nonché sul presupposto che vi fossero
dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e intercettazioni telefoniche, mentre gli
unici comportamenti effettivamente riferibili a Domenico Fagnelli, contemplati nel
provvedimento genetico applicativo della misura cautelare, erano le
intercettazioni telefoniche intercorse con tale Traversi Marco, anch’egli gestore di
un’autodemolizione. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe
2

Riesame in data 4/12/1995.

potuto prendere in considerazione quale fatto incidente sulla privazione della
libertà un’informativa richiamata nel provvedimento del Tribunale del Riesame di
Bari, che faceva riferimento ad un’attività nel corso della quale l’indagato era
stato sorpreso a smontare autovetture rubate nella propria autodemolizione,
posto che non si sa a quale epoca o periodo facesse riferimento tale informativa
né si conosce alcuna circostanza di tale attività compiuta e relazionata dalle
Forze dell’Ordine, né tale informativa era inserita nell’ordinanza di custodia
cautelare, e nessuna menzione di tale fatto vi era nei capi d’imputazione o nella

silenzioso o mendace serbato da Domenico Fagnelli al momento dell’arresto,
tanto più che il difensore aveva prodotto un’attestazione rilasciata dalla
cancelleria del Tribunale di Foggia con la quale si evidenziava che il verbale di
interrogatorio non era stato rinvenuto negli atti processuali.
4.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria

chiedendo che il ricorso sia respinto.
5. Il Procuratore Generale, nella persona del dott. Giovanni D’Angelo, ha
chiesto che la Corte, in accoglimento del ricorso, annulli l’ordinanza impugnata
con rinvio alla Corte di Appello di Bari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. Il caso di specie deve essere sussunto nella previsione di cui all’art.314,
comma 2, cod.proc.pen., posto che la misura cautelare, prima della pronuncia di
proscioglimento ai sensi dell’art.425 cod.proc.pen., è stata revocata dal
Tribunale del Riesame per mancanza di indizi. Secondo il principio di diritto
affermato

nel

2010

dalle

Sezioni

Unite

di

questa

Corte

(Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, D’Ambrosio, Rv. 247664), nel caso della
insussistenza originaria delle condizioni ex artt. 273 e 280 c.p.p. per l’adozione o
il mantenimento della misura custodiale, (tale insussistenza e, con essa)
l’obiettiva ingiustizia della detenzione subita può dipendere dalla decisiva
differenza fra gli elementi posti a disposizione del Giudice per le indagini
preliminari al momento di applicazione della misura e quelli sulla cui base venga
poi accertata la mancanza delle predette condizioni, e in tali ipotesi è,
all’evidenza, costituzionalmente inammissibile una interpretazione che escluda
l’operatività della condizione ostativa prevista dall’art.314, comma 1,
cod.proc.pen. Per contro, nelle ipotesi in cui l’accertamento dell’insussistenza ab
origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale avvenga (vuoi nel

procedimento cautelare vuoi nel procedimento di merito) sulla base degli stessi
precisi elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento della
cautela, e in ragione esclusivamente di una loro diversa valutazione, la
3

sentenza. Del tutto irrilevante avrebbe dovuto ritenersi il comportamento

possibilità del diniego del diritto alla riparazione per effetto della condizione
ostativa della condotta sinergica del soggetto rimane preclusa. Ciò si verifica in
forza dello stesso meccanismo causale che governa l’operatività della condizione
in parola. Allorquando, in effetti, si riconosce che il Giudice per le indagini
preliminari era oggettivamente nelle condizioni di negare o revocare la misura,
con ciò stesso si esclude la ravvisabilità di una coefficienza causale nella sua
determinazione da parte del soggetto passivo. La rilevanza della condotta
ostativa si misura infatti non sull’influenzabilità della persona del singolo giudice,

trattazione del caso, complessivamente e oggettivamente intesa
(Sez. 4, n.916 del 15/03/1995, Sorrentino, Rv.201633).
1.2. Spetta, quindi al giudice della riparazione il compito di verificare se
l’accertamento dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della
misura custodiale sia avvenuto (vuoi nel procedimento cautelare vuoi nel
procedimento di merito) sulla base degli stessi precisi elementi che aveva a
disposizione il giudice del provvedimento della cautela, o alla stregua di un
materiale contrassegnato da diversità (purché rilevante ai fini della decisione)
rispetto ad essi, posto che la problematica della condotta sinergica viene
praticamente in rilievo solo nel secondo e non anche nel primo dei suddetti casi.
2. Tale verifica risultava tanto più necessaria nel caso concreto sulla base
dello stesso contenuto dei provvedimenti del Tribunale del Riesame e del Giudice
dell’udienza preliminare, in parte riportato nell’ordinanza impugnata, in relazione
alla motivazione dell’ordinanza di custodia cautelare. In particolare,
nell’ordinanza di custodia cautelare del 17/11/2005 si legge “…Pongono capo a
tre sole persone, ossia al Traversi Marco e ai fratelli Cartagena, sulle cui utenze
sono state intercettate moltissime comunicazioni riguardanti l’acquisto o la
ricezione a qualsivoglia titolo di auto o parti di auto di illecita provenienza…tutti i
soggetti dediti alla ricettazione sono massicciamente gravati da indizi a loro
carico derivanti dall’intercettazione di telefonate dal tenore in equivoco, riportate
nelle pagine 142.187 dell’informativa CC- R.O.N.O. relativa all’utenza telefonica
intestata a Traversi Marco”, nell’ordinanza del Tribunale del Riesame del
4/12/1995 si afferma che la principale fonte indiziaria cui ricondurre l’esistenza
di un organismo associativo è costituita dalle dichiarazioni dei collaboratori di
giustizia Ricciardi e Strafezza, i quali tuttavia si sono riferiti ad altri indagati quali
componenti dell’associazione mentre altri soggetti, tra i quali il Fagnelli, si sono
trovati coinvolti nel procedimento per alcune conversazioni telefoniche
intercettate di dubbia interpretazione con i principali indagati, concludendo il ‘
Tribunale che “Può pervenirsi ad escludere palesemente dalla imputazione
associativa Fagnelli Domenico, non chiamato dal Ricciardi né dallo Strafezza
4

bensì sull’idoneità a indurre in errore la struttura giudiziaria preposta alla

come componente del sodalizio criminoso…” (pag.11 ordinanza Riesame) e che
“le conversazioni intercorse tra Fagnelli ed il coindagato Traversi Marco inerenti
necessità di procacciamento da parte di quest’ultimo di alcuni motori di
autovetture non sono di tale frequenza da integrare una ipotesi di concorso nella
ricettazione” (pag.13 ordinanza), pur menzionando l’ “esistenza in atti di una
informativa di reato ove i predetti sono stati sorpresi mentre smontavano una
autovettura rubata nella propria autodemolizione” (pag.14 ordinanza); nella
sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del 5/11/2003 si dice che

Strafezza come facente parte dell’organismo associativo, ma come gravitante
intorno al medesimo per rapporti di conoscenza occasionale. Domenico Fagnelli è
stato, poi, prosciolto anche dal reato-fine perché, secondo il Giudice dell’udienza
preliminare, gli unici elementi a carico erano costituiti da conversazioni
intercettate che – data la esiguità e considerato il tenore delle stesse – non erano
di tale frequenza da integrare un’ipotesi di concorso nella ricettazione.
3. La decisione della Corte territoriale è incorsa nella violazione del principio
di diritto enunciato al punto 1.2 in quanto ha argomentato circa la sussistenza
della colpa grave del richiedente senza previamente effettuare la verifica appena
indicata.
4. La fondatezza del ricorso comporta l’annullamento del provvedimento
impugnato, con conseguente rinvio alla Corte di Appello di Bari affinchè prenda
in esame e valuti, ai fini della decisione, se l’accertamento dell’insussistenza ab
origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale sia avvenuto (vuoi

nel procedimento cautelare vuoi nel procedimento di merito) sulla base degli
stessi precisi elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento
della cautela, o alla stregua di un materiale contrassegnato da diversità (purché
rilevante ai fini della decisione) rispetto ad essi.
P. Q. M.
annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Bari.
Così deciso il 10 dicembre 2013

Il Presidente

Domenico Fagnelli non risulta richiamato dai collaboratori di giustizia Ricciardi e

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