Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15603 del 08/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15603 Anno 2018
Presidente: TRONCI ANDREA
Relatore: CRISCUOLO ANNA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SCARPO ANTONIO nato il 25/03/1972 a CATANIA

avverso la sentenza del 13/02/2017 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANNA CRISCUOLO;

Data Udienza: 08/03/2018

R. G. 40398/2017
Motivi della decisione

Ne chiede l’annullamento per: 1) violazione dell’art. 368 cod. pen. per errata
riqualificazione del fatto in mancanza dell’elemento psicologico del reato, in quanto la Corte di
appello ha trascurato che la denuncia di smarrimento riguardava un assegno in bianco, emesso
nel 2009 e dato in garanzia al Caudullo, compagno della Lupo e titolare di fatto della srl Ellelle
Motors, e fu sporta per errore a distanza di oltre un anno, essendo state perse le matrici, che
avrebbero consentito di ricostruire i titoli effettivamente smarriti; peraltro, lo Scarpo non aveva
mai visZe la Lupo, come risulta dalle deposizioni dei testi Mamazza e Scarpo Valerio, che
indussero il primo giudice ad escludere la configurabilità della calunnia: pertanto, erroneamente
la Corte di appello ha riqualificato il fatto in assenza di dolo nei confronti della prenditrice del
titolo; 2) violazione dell’art. 367 cod. pen. per mancanza dell’elemento psicologico del reato: gli
elementi esposti escludono anche l’elemento psicologico del reato indicato; 3) violazione
dell’art. 192 comma 2, cod. proc. pen. in quanto la ricostruzione del fatto è basata su indizi e
deduzioni prive di riscontro, su presunzioni e non su prove, avendo la Corte di appello formulato
valutazioni congetturali piuttosto che attenersi alle circostanze emerse in dibattimento.
Il ricorso è inammissibile per genericità, in quanto ripropone le stesse censure formulate
nell’appello, puntualmente disattese dalla Corte di appello, che con motivazione congrua e
argomentazioni non illogiche, oltre a ritenere infondata la tesi alternativa proposta dalla difesa,
ha ritenuto erroneo il ragionamento del primo giudice in punto di qualificazione del reato,
originariamente contestato come calunnia.
La Corte di appello ha infatti, rimarcato, in linea con il costante orientamento di questa
Corte, che ai fini dell’integrazione del delitto di calunnia è irrilevante che nella denuncia di
smarrimento di un titolo di credito non si sia espressamente accusato un soggetto, essendo
sufficiente che anche implicitamente il destinatario dell’accusa di appropriazione o ricettazione
sia agevolmente identificabile. È stato, pertanto, correttamente ritenuto irrilevante che nella
denuncia l’imputato non avesse menzionato la Lupo quale prenditrice né che non avesse avuto
rapporti con la stessa, atteso che, secondo la stessa prospettazione difensiva, l’assegno recava in
bianco il nome del beneficiario ,cosicché il soggetto che avrebbe posto il titolo all’incasso o che
sarebbe stato indicato come beneficiario sarebbe stato indagato per effetto della falsa denuncia di
smarrimento dell’assegno, invece, consegnato dall’imputato al Caudullo in pagamento del
prezzo di un’autovettura.
Oltre a precisare che la Lupo era legale rappresentante della società e che tale qualità era
nota all’imputato in quanto il contratto di acquisto del veicolo recava la firma della Lupo (v. pag.
7), la Corte di appello ha anche evidenziato che nel momento in cui l’assegno era stato
consegnato ne era stata concordata la messa all’incasso alla data del 10 novembre 2010 e
singolarmente la denuncia di smarrimento fu presentata il giorno successivo alla negoziazione
del titolo, cosicché non solo fu dolosamente taciuta la circostanza della consegna al creditore di
un titolo già compilato nell’importo, ma anche scarsamente verosimile che solo in tale data
l’imputato si fosse accorto di averlo smarrito; è stato ancora sottolineato, che a differenza di
quanto sostenuto dall’appellante, dalla denuncia non risultava smarrito l’intero carnet di assegni,
ed anzi risultava pacifica la natura strumentale della denuncia di smarrimento, finalizzata a
contrastare il comportamento scorretto del creditore – v. pag. 6-7 della sentenza impugnata-.

Il difensore di Scarpo Antonio ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in
epigrafe con la quale la Corte di appello di Venezia ha confermato la sentenza, emessa 1’11
marzo 2015 dal Tribunale di Treviso che aveva dichiarato l’imputato colpevole del reato di cui
all’art. 367 cod. pen. e condannato alla pena, sospesa, di 8 mesi di reclusione, riqualificato il fatto
ai sensi dell’art. 368 cod. pen.

La sentenza impugnata risulta, pertanto, immune da censure e non incorre nei vizi
denunciati.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle
ammende, equitativamente determinata in euro tremila.
P. Q. M.

Il consigliere tensore
Anna Colo

Il Presid e -ndrea Ti ci

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, il 8 marzo 2018

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