Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15593 del 14/06/2017
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15593 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: GENTILI ANDREA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
LEGGIERI GIANLUIGI nato il 28/04/1978 a SAN SEVERO
avverso la sentenza del 10/12/2015 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA GENTILI;
Data Udienza: 14/06/2017
Ritenuto che, con sentenza del 10 dicembre 2015, la Corte di appello de
L’Aquila ha confermato la sentenza con la quale il precedente 23 marzo 2015
il Tribunale di Pescara aveva dichiarato la penale responsabilità di Leggieri
Gianluigi, in qualità di titolare della ditta individuale Ital Ligure di Leggieri
Gianluigi, in relazione alla imputazione di cui in epìgrafe e lo aveva, pertanto,
condannato alla pena di anni 2 di reclusione;
che avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il Leggieri
vizio di motivazione della sentenza impugnata avendo la Corte territoriale
fatto proprio, in maniera illogica, il
ragionamento accusatorio svolto dal
giudice di primo grado;
che il secondo motivo di impugnazione concerne la omessa motivazione in
ordine ad una richiesta di prova dedotta dal ricorrente.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che, invero, quanto al primo motivo di impugnazione si rileva che lo stesso è
costituito da una censura in fatto, dubitando il ricorrente della attendibilità
dell’accertamento dell’ammontare dei ricavi non dichiarati, laddove gli stessi
sono stati desunti, per come risulta dalla sentenza di merito, dal riscontro
dalle ditte fornitrici, nella
delle fatture emesse a carico del prevenuto
sopraindicata qualità, e non contestate;
che con riferimento alla richiesta di
integrazione probatoria la Corte
territoriale ne ha, nella sentenza impugnata, evidenziato la irrilevanza, posto
che l’ammontare dei ricavi conseguiti dal Leggieri già era stata congruamente
accertato sulla base degli elementi
già in atti. di tal che legittimamente la
relativa istanza era stata disattesa;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato
che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché della somma
equitativarnente fissata in C
2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PER QUESTI MOTIVI
deducendo due motivi di impugnazione, il primo dei quali avente ad oggetto il
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2017
Il Consigliere estensore