Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1557 del 28/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1557 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MASSAFRA UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARCIDIACO GIOACCHINO N. IL 21/08/1983 parte offesa nel
procedimento
C’
IGNOTI
avverso il decreto n. 213177/2012 GIP TRIBUNALE di MILANO, del
23/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO
MASSAFRA;
lette/sentitr le conclusioni del PG Dott.
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Data Udienza: 28/11/2013

Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di Arcidiaco Gioacchino avverso il
provvedimento di archiviazione emesso in data 23.11.2012 dal G.i.p. del Tribunale di
Milano all’esito dell’udienza camerale ex art. 410 c.p.p..
Deduce l’abnormità del provvedimento in quanto il G.i.p. avrebbe erroneamente
escluso la presentazione di idonea querela della persona offesa (per il reato di cui
all’art. 590 c.p.).
Il Procuratore generale in sede, all’esito della requisitoria scritta, ha concluso per

Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile perché il provvedimento impugnato non è ricorribile in sede
di legittimità nel caso di specie.
Il provvedimento di archiviazione è ricorribile per Cassazione sia a norma dell’art.
409, comma 6°, cod. proc. pen., per il caso di nullità previsto dall’art. 127, comma
quinto, dello stesso codice (e segnatamente per il mancato rispetto delle regole poste
a garanzia del contraddittorio), ma anche quando si tratti di provvedimento abnorme,
che è quello non riconducibile ad alcuno degli schemi disciplinati dal sistema
processuale e che, per la sua non prevedibilità, non può rientrare fra gli atti
impugnabili, come tali tassativamente previsti, ovvero l’atto emesso in assoluta
carenza di potere o il cui contenuto è avulso da ogni previsione normativa (Cass. pen.
Sez. IV, n. 1569 del 10.4.1992, Rv. 191196). Sicchè non possono considerarsi
abnormi quei provvedimenti che, pur se adottati in violazione di specifiche norme
processuali, rientrano tra i provvedimenti tipici dell’ufficio che li adotta.
Orbene, nel caso in esame non sono ravvisabili gli estremi del provvedimento
abnorme.
Invero, non solo è stata negata la presenza della valida (e formale) querela ad opera
della persona offesa, ma anche la tempestività di quella eventualmente tale ritenuta:
e l’abnormità è stata esclusa anche nel caso di ordinanza di archiviazione pronunciata
sul presupposto erroneo della tardività della querela, esulandosi dai rigorosi limiti
fissati dall’art. 409, comma sesto, cod. proc. pen., che fa rinvio all’art. 127, comma
quinto, stesso cod., e fungendo da valido rimedio esperibile quello della richiesta di
riapertura delle indagini (Cass. pen. Sez. II, n. 39153 del 27.9.2012, Rv. 252982:
nella specie, la S. C. ha escluso l’abnormità dell’ordinanza impugnata, essendo essa
comunque esplicazione di un legittimo potere e non essendosi determinata alcuna
stasi processuale).
In altri termini, quand’anche il G.i.p. avesse errato nel ritenere la mancanza di
querela, la sua ordinanza di archiviazione non sarebbe ricorribile perché non abnorme
in quanto espressione di un legittimo potere senza determinare affatto una stasi
processuale, avendo semplicemente definito il procedimento. La decisione, cioè,

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l’inammissibilità del ricorso con le consequenziali pronunce di legge.

benché errata, non sarebbe abnorme poiché per essa l’ordinamento appresta altri
strumenti, come quello della richiesta di riapertura delle indagini.
Peraltro, nel caso che ci occupa il G.i.p., richiamando la richiesta del P.M., ha disposto
l’archiviazione anche per l’infondatezza della notizia di reato e quindi ha esaminato e
valutato le emergenze investigative, sicchè anche sotto tale profilo è preclusa la
ricorribilità in Cassazione del provvedimento de quo.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 c.p.p.,
la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, che si

ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di
inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e a quello della somma di C 500,00 in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28.11.2013

ritiene equo liquidare in C 500,00, in favore della cassa delle ammende, non

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