Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15566 del 14/06/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15566 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: GENTILI ANDREA

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
KASSE NDIAGA MATAR nato il 02/09/1971 a DAKAR( SENEGAL)

avverso la sentenza del 09/10/2015 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANDREA GENTILI;

Data Udienza: 14/06/2017

Ritenuto che, con sentenza del 9 ottobre 2015, la Corte di appello di Lecce
ha solo parzialmente confermato la sentenza con la quale il precedente 16
febbraio 2012 il Tribunale di Lecce aveva dichiarato la penale responsabilità di
Kasse Ndiaga Matar in relazione alla imputazione di cui in epigrafe e lo aveva,
pertanto, condannato alla pena di mesi 8 di reclusione ed euro 800 di multa,
oltre accessori;
che, nel riformare la sentenza impugnata la Corte di appello ha assolto il

violazione della normativa a tutela del diritto di autore,

rideterminando,

pertanto, la pena inflitta nella misura di mesi 6 e giorni 20 di reclusione ed
euro 600,00 di multa;

che avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione il Kasse
deducendo otto motivi di impugnazione;
che il primo attiene al vizio di motivazione in relazione alla sua identificazione
come autore dei reati contestati;
che il secondo motivo attiene, in relazione all’art. 474 cod. pen. al vizio di
motivazione in ordine alla destinazione della merce contraffatta alla vendita;
che i motivi terzo, quarto, quinto e sesto

hanno ad oggetto, sempre con

riferimento al vizio di motivazione, la mancata

o comunque illogica

dimostrazione della ricorrenza degli elementi integrativi dei reati contestati al
Kasse;
che il settimo motivo di impugnazione la eccessività della pena irrogata, ed in

particolare la mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art.
62, n. 4, cod. pen., mentre l’ottavo Motivo riguarda la mancata applicazione

dell’art. 131-bis cod. pen.
Considerato che il ricorso è inammissibile;
che esso, quanto ai primi sei

motivi di impugnazione, non contiene

la

denunzia di vizi riconducibili alle categorie di cui &l’art. 606 cod. proc. pen.,
ma appare semplicemente diretto ad ottenere da questa Corte una
rivalutazione del merito della responsabilità penale del prevenuto;

che una siffatta rivalutazione è preclusa di fronte a questa Corte di legittimità;
che con il settimo motivo è censurata la entità della pena irrogata dai giudici
del merito si palesa del tutto generico, non essendo chiarite le ragioni per le
quali la sanzione determinata dalla Corte territoriale, in misura peraltro

Kasse relativamente alla imputazione di ricettazione ed ad uno degli episodi di

ampiamente contenute entro il medio

edittale, sarebbe sproporzionata

rispetto al fatto;
che, con riferimento alla mancata concessione della attenuante di cui all’art.
62, n. 4, cod. pen., la relativa

statuizione è stata motivata dalla Corte

territoriale evidenziando come la stessa presupponga la verificazione di un
danno avente un valore patrimoniale lievissimo, ossia pressoché irrisorio

6635), circostanza questa esclusa, sulla base di condivisibili rilievi, dalla Corte
territoriale;
che, in relazione alla mancata qualificazione del fatto come si particolare
tenuità, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen., è ostativa alla arnmissibilità della
censura la circostanza, risultante dalla non contestata narrativa riportata nella
sentenza impugnata, secondo la quale la relativa richiesta non era stata
formulata di fronte ai giudici del merito;
che il ricorso deve perciò essere dichiarato inammissibile e, tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale nonché rilevato
che nella fattispecie non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia

proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità del ricorso consegue, a
norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali nonché della somma

eguitativamente fissata in C

2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

PER QUESTI MOTIVI
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al

pagamento delle

spese processuali e della somma di euro 2000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 14 giugno 2017

I, Consigliere este sore

il Pre i

n e

(ex multis: Corte di cassazione, Sezione IV penale, 13 febbraio 2017, n.

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