Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1554 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1554 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) DE MARCO EUGENIO N. IL 06/11/1964
avverso l’ordinanza n. 173/2010 CORTE APPELLO di PALERMO, del
22/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 20/11/2012

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza dei 22 novembre 2014 la Corte di Appello di Palermo, deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione, in accoglimento della richiesta presentata da De Marco Eugenio diretta ad ottenere, ai sensi dell’art. 671 cod. proc.
pen., l’applicazione della disciplina della continuazione con riferimento ai reati
oggetto di due sentenze di condanna divenute irrevocabili nei suoi confronti, ivi
compiutamente specificate, ravvisato il vincolo della continuazione, ridetermina-

quale violazione più grave, in quanto sanzionata con la pena più elevata (anni
nove di reclusione), il reato di cui all’art. 616 bis cod. pen., oggetto della sentenza di condanna deliberata dal Tribunale di Termini Imerese in data 21 febbraio
2007, parzialmente riformata dalla Corte territoriale con sentenza del 7 luglio
2008.

2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, per il
tramite del suo difensore, deducendone l’illegittimità per vizio di motivazione e
violazione di legge.
Più specificamente, nel ricorso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione – ritenuta
corretta l’individuazione della violazione più grave – viene censurata:
– in primo luogo, con riferimento alla determinazione degli aumenti di pena per i
reati satellite (due tentate estorsioni), computati in misura eccessiva e senza
considerare il principio del favor rei che caratterizza l’istituto, ove si consideri che

Il cumulo materiale della pena inflitta risultava pari ad anni quindi e mesi dieci di
reclusione e che il giudice dell’esecuzione ha ritenuto il fatto di tentata estorsione oggetto della seconda sentenza di condanna, un reato di particolare gravità
valorizzando un dato (importanza economica di un terreno edificabile al centro
dell’attività estorsiva) non presente nella sentenza di condanna;
– in secondo luogo, per avere il giudice dell’esecuzione omesso di applicare la diminuente di cui all’art. 422 cod. proc. pen., nel determinare l’aumento della pena
base relativo al fatto di tentata estorsione oggetto della seconda sentenza di
condanna, sebbe la stessa fosse stata pronunciata all’esito di giudizio abbreviato.

Considerato in diritto

1. L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi infondati.
1.1 Quanto alla prima censura mossa dal ricorrente all’ordinanza impugnata, occorre considerare che come ripetutamente affermato da questa Corte, il giudice
dell’esecuzione, in sede di applicazione della continuazione, è vincolato al giudicato solo per l’individuazione del reato più grave e la misura della pena per esso

va la pena complessiva in anni quattordici e mesi sei di reclusione, considerando

stabilita, mentre può rideterminare gli aumenti di pena per I reati-satellite essendo soltanto tenuto, per il computo degli aumenti di pena, a non applicare una
pena che superi la somma delle singole condanne (in termini, da ultimo, Sez. 1,
sentenza n. 48833 del 9/12/2009 – 21/12/2009, imp. Galfano).
Orbene non denunziando il ricorrente una effettiva violazione di tale principio,
non superando la pena complessiva la somma delle singole condanne, ed avendo
il giudice dell’esecuzione fornito più che adeguata e logica motivazione della propria decisione di aumentare la pena base, con riferimento alla prima tentata

anni tre di reclusione, in considerazione della gravità oggettiva delle condotte,
dell’intensità del dolo che le ha sostenute e del pregiudizio, anche morale, arrecato alle parti lese, precisando, quanto alla diversità del trattamento sanzionatorio stabilito per i due reati, che il secondo episodio estorsivo doveva ritenersi di
maggiore gravità, in considerazione del ruolo di primo piano rivestito dal ricorrente e del valore economico della tangente pretesa in favore della famiglia mafiosa competente per territorio, le deduzioni svolte in ricorso, non superano la
soglia di una richiesta di rivalutazione in senso più favorevole al condannato delle
valutazioni compiute dal giudice di merito, non consentita nel giudizio di legittimità.
1.1 Manifestamente infondata si rivela anche la seconda censura, avendo il giudice dell’esecuzione espressamente precisato (pag. 2 del provvedimento impugnato) che l’aumento di pena per li secondo reato di estorsione era pari ad anni tre ,
entità “già ridotta per la diminuente del rito abbreviato”.

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero
– al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, congruamente determinabile in Euro 1000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma, Il 20 novembre 2012.

estorsione, di anni due e mesi sei di reclusione e con riferimento alla seconda, di

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