Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1553 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1553 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ABBRUZZESE LUIGI N. IL 19/02/1976
avverso l’ordinanza n. 5236/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 28/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 20/11/2012

Ritenuto In fatto
1.

Il Tribunale di sorveglianza di Roma, con l’ordinanza indicata in

epigrafe, ha respinto il reclamo proposto da Abbruzzese Luigi awerso il decreto
del 27 marzo 2011 del Ministro della Giustizia che aveva disposto nei riguardi
dello stesso la proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis
Ord. Pen., con la conseguente sospensione di alcune regole di trattamento
previste dalle legge penitenziaria.

più articolato – che gli elementi posti dalla Amministrazione penitenziaria a
fondamento del decreto (attuale pericolosità sociale del reclamante quale
desumibile dalla sua appartenenza alla cosca Abbruzzese detta anche degli
Zingari e dai suoi precedenti penali; la perdurante operatività del clan di
appartenenza, in corso di riorganizzazione) erano sufficienti a dimostrare la
effettiva sussistenza delle eccezionali ragioni di ordine e di sicurezza che avevano
legittimato l’adozione del regime differenziato, in assenza di elementi sintomatici
del venir meno del vincolo associativo e di una cessazione della capacità del
prevenuto di fattivo ed illecito collegamento con l’esterno.

2.

Awerso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione

l’Abbruzzese per il tramite del difensore di fiducia, il quale deduce violazione
dell’art. 41 bis legge n. 354 del 1975 e vizio di motivazione (travisamento della
prova).
Il Tribunale di sorveglianza nella motivazione dell’ordinanza impugnata ha
infatti ravvisato l’attuale capacità dell’Abbruzzese di mantenere contatti con
l’associazione criminale, con argomentazioni assolutamente incongrue, non
avendo indicato gli elementi concreti su cui ha fondato siffatta valutazione ma
valorizzato esclusivamente gli elementi desunti dal titolo di detenzione, senza
considerare il ruolo comunque marginale ricoperto dal ricorrente
nell’associazione di appartenenza, la sua ininterrotta detenzione dal 2004,
ricollegando infine l’assunto circa una pretesa riorganizzazione del sodalizio di
appartenenza (la Società Maggiore del locale di Cassano) alla latitanza di alcuni
suoi aderenti (Abbruzzese Nicola e Abbruzzese Francesco, classe 1974),
circostanza che il ricorrente assume non veritiera.

Considerato in diritto

(fdlv

Rilevava il Tribunale – sintetizzando un percorso argomentativo invero assai

1. L’impugnazione è inammissibile, perché basata su motivi non consentiti dalla
legge nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.
Nel controllo di legittimità sul provvedimento di proroga, il Tribunale di
sorveglianza ha – come si è visto – valutato gli elementi indicati nel decreto
ministeriale e li ha sottoposti ad autonomo vaglio critico, accertando che gli
stessi fornivano dati realmente significativi sulla effettiva capacità del reclamante
– anche a ragione della sua Intraneità alla cosca Abrruzzese, quale desumibile
anche da recenti apporti di collaboratori di giustizia, ancora operativa sul

sull’attuale pericolosità del detenuto, dovendo distinguersi tra attualità del
collegamento con l’organizzazione esterna e l’attualità dei concreti contatti.
In particolare, evocando provvedimenti giurisdizionali ed i contenuti
motivazionali degli stessi nonché articolate Informative degli organi inquirenti rispetto alla quale nel ricorso, in violazione del generale principio di
autosufficienza, non vengono forniti, per altro, elementi indicativi di un effettivo
travisamento – il Tribunale ha ritenuto che l’Abbruzzese, in assenza di elementi
sintomatici di autentica dissociazione e di acquisizione di valori di legalità,
potesse continuare a dare apporti di impulso, di indirizzo, di coordinamento a
scelte delinquenziali da attuarsi all’esterno ad opera di soggetti appartenenti
all’organizzazione.

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente
determinabile in C 1000,00.

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna li ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1000,00 alla cassa delle
ammende
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012.

territorio – di mantenere collegamenti con la criminalità organizzata, quindi

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