Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1552 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1552 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ALFANO GIOVANNI N. IL 04/10/1957
avverso l’ordinanza n. 6083/2011 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 16/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 20/11/2012

Ritenuto In fatto

1.

Il Tribunale dl sorveglianza di Roma, con l’ordinanza indicata in

epigrafe, ha respinto Il reclamo proposto da Alfano Giovanni avverso il decreto
del 28 settembre 2011 del Ministro della Giustizia che aveva disposto nei riguardi
dello stesso la proroga del regime detentivo differenziato di cui all’art. 41 bis
Ord. Pen., con la conseguente sospensione di alcune regole di trattamento
previste dalle legge penitenziaria.

più articolato – che gli elementi posti dalla Amministrazione penitenziaria a
fondamento del decreto (elevata pericolosità sociale del reclamante elemento
apicale dell’omonimo sodalizio di camorra operante nella zona collinare della città
di Napoli, il quartiere Vomero-Arenella ed alleato al clan Frizziero nonché ad
esponenti della così detta Alleanza di Secondigliano, gruppi criminali questi, le
cui vicende risultano diffusamente illustrate nella sentenza di condanna
dell’Alfano, non definitiva, emessa dal Tribunale di Napoli in data 22 aprile 2010;
la perdurante operatività dei clan di riferimento; mancato inoltro di
corrispondenza; contenuto di alcuni colloqui con familiari, oggetto di
intercettazione) erano sufficienti a dimostrare la effettiva sussistenza delle
eccezionali ragioni di ordine e di sicurezza che avevano legittimato l’adozione del
regime differenziato, in assenza di elementi sintomatici del venir meno del
vincolo associativo e dl una cessazione della capacità del prevenuto di fattivo ed
Illecito collegamento con l’esterno.

2.

Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il

Ligato, per il tramite del difensore di fiducia, il quale deduce violazione dell’art.
41 bis legge n. 354 del 1975 e vizio di motivazione.
Il Tribunale di sorveglianza nella motivazione dell’ordinanza impugnata ha
Infatti ravvisato l’attuale capacità dell’Alfano di mantenere contatti con
l’associazione criminale, con argomentazioni assolutamente incongrue, non
avendo indicato gli elementi concreti su cui ha fondato tale valutazione ma
valorizzato esclusivamente gli elementi desunti dal titolo di detenzione, senza
adeguatamente considerare che il reclamante risulta ininterrottamente detenuto
dal giugno 1997, e che proprio dalla sentenza di condanna non definitiva emerge
che l’organizzazione criminale asseritamente diretta dal prevenuto, dopo il suo
arresto, era di fatto ormai venuta meno e che la zona territoriale un tempo
dominata dal clan Alfano, era passata sotto il controllo di un nuovo sodalizio, il

Rilevava il Tribunale – sintetizzando un percorso argomentativo invero assai

clan Caiazzo Cimino, tant’è che l’Alfano veniva assolto dal reato associativo,
relativamente al periodo successivo al giugno 1997.

Considerato in diritto
1. L’impugnazione è inammissibile, perché basata su motivi non consentiti dalla
legge nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.
Nel controllo di legittimità sul provvedimento di proroga, il Tribunale di
sorveglianza ha – come si è visto – valutato gli elementi indicati nel decreto

ministeriale e li ha sottoposti ad autonomo vaglio critico, accertando che gli
stessi fornivano dati realmente significativi sulla effettiva capacità del reclamante
– anche a ragione della sua posizione apicale nell’ambito di formazioni
delinquenziali ed al rapporti di alleanza intrattenuti con altri esponenti di vertice
di organizzazioni criminali, ancora operativi sul territorio, come desumibile dalla
latitanza del Caiazzo e dalla percezione da parte del suoi familiari di un regolare
stipendio dall’organizazione da questi diretta – di mantenere collegamenti con la
criminalità organizzata, quindi sull’attuale pericolosità del detenuto, dovendo
distinguersi tra attualità del collegamento con l’organizzazione esterna e
l’attualità dei concreti contatti.
In particolare, evocando provvedimenti giurisdizionall ed i contenuti
motivazionali degli stessi nonché articolate informative degli organi inquirenti rispetto ai quali nel ricorso, in violazione del generale principio di autosufficienza,
non vengono forniti, per altro, elementi indicativi di un effettivo travisamento – il
Tribunale ha ritenuto che l’Alfano, in assenza di elementi sintomatici di autentica
dissociazione e di acquisizione di valori di legalità, potesse continuare a dare
apporti di Impulso, di indirizzo, di coordinamento a scelte delinquenziali da
attuarsi all’esterno ad opera di soggetti appartenenti all’organizzazione, come
concretamente dimostrato del resto, da alcuni recenti provvedimenti di censura
della corrispondenza.

2. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna dei
ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di
esonero – al versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente
determinabile In C 1000,00.

P.Q.M.

2

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1000,00 alla cassa delle
ammende

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012.

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