Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1551 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1551 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CAVALLO ALDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) CANDELORO ANTONIO N. IL 21/09/1954
avverso l’ordinanza n. 54/2011 GIUD. SORVEGLIANZA di
PESCARA, del 22/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;

Data Udienza: 20/11/2012

Ritenuto in fatto

– che il Magistrato di Sorveglianza di Pescara, con il provvedimento in dicato
in epigrafe, ha rigettato l’istanza proposta da Candeloro Antonio di remissione
del debito per spese di giustizia, in quanto da accertamenti espletati il
condannato risulta titolare, pro quota (pari alla metà), della nuda proprietà di un
compendio immobiliare, ubicato in Casalbordino, acquistato mortis causa nel
1994, del valore stimato all’epoca dell’acquisto in duecento milioni di lire,

pagamento non poteva compromettere il recupero ed il reinserimento sociale del
condannato;

– che avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
l’istante, personalmente, con atto contenuto in missiva inviata in busta chiusa
dalla casa di reclusione in cui è detenuto, nel quale si contesta la fondatezza
degli elementi posti a fondamento della decisione (effettiva titolarità del cespite
pro quota, dopo la morte della madre, usufruttuaria) ribadendo la propria
condizione di nullatenenza;

Considerato in diritto

– che l’impugnazione è inammissibile perché proposta senza l’osservanza
delle forme stabilite per la presentazione dell’atto dagli artt. 582 e 583 cod. proc.
pen. e comunque basata su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità;

– che al riguardo il Collegio deve infatti rilevare, preliminarmente, come
rappresenti principio ormai pacifico nella giurisprudenza di questa Corte, che è
inammissibile il ricorso per cassazione del detenuto che abbia presentato il
relativo atto alla direzione dell’istituto di pena in busta chiusa e, quindi, privo del
requisito della autenticazione prescritto dal combinato disposto degli articoli 583
e 591 cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 19183 del 24/04/2008 – dep. 12/05/2008,
Candeloro, Rv. 240193);

– che anche relativamente al merito, per altro, il ricorso si risolve in
argomentazioni non consentite nel giudizio di legittimità, ove si consideri che, ai
sensi dell’art. 6 DPR 30 maggio 2002 n. 115, per la concedibilità della remissione
del debito sono necessarie due condizioni: le disagiate condizioni economiche e

cet-L

sicché, anche in ragione dell’ammontare relativamente modesto del debito, il suo

la regolare condotta, e che nel caso in esame la insussistenza del primo di tali
presupposti è stata esclusa sulla base di dati fattuali (istruttoria sulle condizioni
patrimoniali dell’istante) rispetto al quali non vi è prova di un effettivo verificabile
travisamento;

– che all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e – non ricorrendo ipotesi di esonero – al
versamento di una somma alla cassa delle ammende, congruamente

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1000,00 alla cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012.

determinabile in C 1000,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.;

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