Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15455 del 11/02/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15455 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: DUBOLINO PIETRO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BERTO MARIA GRAZIA N. IL 31/07/1958
avverso la sentenza n. 1864/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del
26/05/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIETRO DUBOLINO;
Data Udienza: 11/02/2013
CONSIDERATO IN DIRITTO:
– che il ricorso va dichiarato inammissibile, non tenendosi in esso minimamente
conto del fatto che, secondo quanto affermato nell’impugnata sentenza, la ricorrente
era “unica titolare del potere di firma sul c/c della società”, di tal che rimane fuori di
dubbio che il prelievo dal suddetto conto corrente della somma oggetto di distrazione
non potè che essere effettuato su disposizione della medesima ricorrente, con
conseguente configurabilità, a carico di quest’ultima, oltre che dell’elemento
materiale, anche di quello psicologico del reato in questione, nulla rilevando che il
successivo versamento della somma sui conti correnti del Fiaciarà o delle società a lui
facenti capo abbia richiesto, come del rsto appare ovvio, la di lui firma sulle relative
richieste;
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art.
616 c.p.p., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad escludere ogni profilo
di colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo
stimasi equo fissare in euro mille;
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese del procedimento nonché al versamento della somma di euro mille alla cassa
delle ammende.
Così deciso Ro a Il febbraio 2013.
RILEVATO IN FATTO:
– che con l’impugnata sentenza, in conferma, per quanto qui interessa, di quella di
primo grado, BERTO Maria Grazia fu ritenuta responsabile del reato di bancarotta
fraudolenta per distrazione consistito nell’avere, essa imputata, quale amministratrice
dell’impresa fallita, prelevato dalle casse sociali, con assegni circolari, la somma di
euro 65.800, per passarla, mediante bonifici bancari, in parte al marito, Ficiarà
Giuseppe, ed in parte ad altra società facente capo a quest’ultimo;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, con atto a propria
firma, l’imputata, denunciando vizio di motivazione sull’assunto, in sintesi e
nell’essenziale, che, attesa la natura meramente formale del ruolo di amministratrice
dell’impresa fallita, quale riconosciuta dagli stessi giudici di merito, non si sarebbe
potuta dare per certa, come invece avvenuto, la sussistenza dell’elemento psicologico
del reato, anche alla luce del fatto che — si afferma — “è agli atti documentazione
bancaria inerente ai versamenti della somma portata dagli assegni circolari;
documentazione avente ad oggetto richieste di versamento a firma e su disposizione
del signor Ficiarà Giuseppe”;