Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15400 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15400 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZOCCOLI SAVERIO N. IL 31/07/1984
avverso la sentenza n. 265/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 27/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 07/03/2014

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Carmine Stabile, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Udito, per l’imputato, l’avv. Danila Gullì, che ha chiesto l’annullamento della
sentenza.
RITENUTO IN FATTO

1.

La Corte d’appello di Reggio Calabria, con sentenza del 27/6/2013, a

ha condannato Zoccoli Saverio a pena di giustizia per guida senza patente posta in essere in tre diverse occasioni – e false dichiarazioni sulle proprie
generalità, rese – in un’occasione – ai carabinieri che lo interrogavano.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
dell’imputato, l’avv. Danila Gullì, per violazione di legge e vizio di motivazione,
relativamente ad entrambi i reati contestati e ritenuti in sentenza.
2.1. Con riguardo al reato di cui all’art. 496 cod. pen., si duole della erronea
applicazione dell’art. 496 cod. pen., in quanto l’imputato era conosciuto ai
carabinieri, per cui l’aver declinato le generalità del fratello non era idoneo a
ledere il bene della fede pubblica. Contesta che sia stato il comandante della
stazione, successivamente intervenuto, a operare il riconoscimento
dell’imputato.
2.2. Con riguardo al reato di guida senza patente si duole che l’imputato sia
stato condannato per due episodi diversi, commessi, apparentemente, il
7/1/2009 e 1’8/1/2009, quando è evidente che si tratta del medesimo episodio
riferito da due diversi verbalizzanti. Lamenta l’assenza i prova in ordine
all’episodio del 13/2/2009 ed il fatto che – alle specifiche doglianze mosse col
gravame – non sia stata fornita risposta alcuna dal giudice d’appello.
2.3. Con riguardo al trattamento sanzionatorio, si duole che i giudici di primo e
secondo grado abbiano negato le attenuanti generiche sulla sola base dei
precedenti penali e senza tener conto del fatto che l’imputato “abbia in seguito
spontaneamente posto riparo alle sue dichiarazioni mendaci”.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Tutti i motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
1. Quanto al primo, si evince dalla sentenza impugnata che l’imputato, fermato
dal carabiniere D’Ambrosio perché sprovvisto di patente, dichiarò di chiamarsi
Zoccoli Antonio (e non Saverio) e fu identificato poco dopo dal comandante della
stazione, sopraggiunto sul posto. La motivazione del reato di cui all’art. 496 c.p

2

conferma di quella emessa dal locale Tribunale, all’esito di giudizio abbreviato,

è, pertanto, ineccepibile. Il reato si consuma, invero, nel momento stesso in cui
le false dichiarazioni vengono rese e consiste nella violazione dell’obbligo di
dichiarare o attestare il vero circa l’identità o lo stato o altre qualità della propria
o dell’altrui persona. Né rileva che il pubblico ufficiale non possa essere, in
concreto, tratto in inganno dalle dichiarazioni non veritiere, perché il reato
sussiste indipendentemente dalla facilità o meno di accertare la verità (Cass.
Sez. V, n. 6558 del 13/4/1977). Il reato sussiste, va aggiunto, anche se il
pubblico ufficiale conosce già l’identità del dichiarante, giacché nulla toglie che la

sicurezza con cui la falsa identità è propalata.

2.

Il secondo motivo, concernente gli episodi di guida senza patente, è

inammissibile perché proposto per la prima volta in Cassazione (quanto alla
guida delle autovetture) o manifestamente infondato (quanto alla guida senza
patente dell’autocarro). Nell’appello del 24/1/2011 lo Zoccoli non faceva
questione sul numero degli episodi, né protestava l’identità del fatto in relazione
alla contestazione del 7/1/2009 e dell’8/1/2009. D’altra parte, l’imputazione fa
riferimento a due località diverse di commissione del reato (Caraffa del Bianco e
Cosignano), per cui va escluso – contrariamente all’assunto del ricorrente – che
si tratti di fatto relazionato da due Autorità diverse.
Quanto all’episodio del 13/2/2009, concernente la guida senza patente
dell’autocarro Ford Transit tg AD071TH, dello stesso si parla nella relazione dei
carabinieri della stazione di Caraffa del Bianco, richiamata a pag. 3 della
sentenza di primo grado. Trattasi di atto legittimamente utilizzato dal giudicante,
stante la scelta del rito abbreviato fatta dall’imputato, per cui nessuna censura
può essere mossa alla sentenza che su tale atto si fondi.

3. . Non ha fondamento, infine, la doglianza relativa alle attenuanti generiche,
che i giudici di primo e secondo rado hanno negato in considerazione dei
precedenti penali. Il difensore, con l’atto d’appello, si era limitato, in maniera del
tutto generica, a chiedere la concessione della attenuanti suddette, senza
addurre alcun motivo che potesse orientare la Corte territoriale nella direzione
propugnata. Già per questo il motivo sarebbe stato inammissibile.
Ad ogni modo, il riferimento ai precedenti penali, fatto dalla Corte d’appello, dà
conto, in maniera non censurabile in questa sede, dei criteri da cui è stato
guidato nell’esercizio del potere sanzionatorio riservatogli dalla legge.
Il ricorso è pertanto inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a
favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo quantificare in C 1.000.

3

sua conoscenza sia più o meno superficiale e che possa essere ingannato dalla

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 7/3/2014

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