Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15398 del 07/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15398 Anno 2014
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ARRIGHETTI DANIELA N. IL 30/10/1968
avverso la sentenza n. 2118/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
16/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 07/03/2014

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Carmine Stabile, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 16/1/2013, riformando
parzialmente, in punto di pena, quella emessa dal Tribunale di Bergamo, ha

documentale in relazione al fallimento della DI.MO .GIA srl, dichiarato il
22/10/2009.
Secondo la prospettazione accusatoria, condivisa dai giudici del merito, la
Arrighetti, amministratrice della società fino al 22 maggio 2009, sottrasse a
proprio favore, dai conti della società, la somma di € 50.750 e tenne le scritture
contabili in modo da non consentire a ricostruzione del patrimonio e del
movimento degli affari.

2.

Contro la sentenza suddetta ha proposto personalmente ricorso per

Cassazione l’imputata, con tre motivi.
2.1. Col primo lamenta la violazione degli artt. 507 e 523, comma 6 e 603 cod.
proc. pen. per l’ingiustificato rifiuto, da parte della Corte d’appello, di
acquisizione delle copie dei bilanci relativi agli anni 2005-2008, faticosamente
reperiti dall’amministratrice con la collaborazione del commercialista della
società. Da essi – aggiunge – la Corte d’appello avrebbe tratto la conferma dei
finanziamenti effettuati dall’amministratrice a favore della società, cosicché non
di distrazione si sarebbe dovuto parlare, ma di bancarotta preferenziale.
2.2. Col secondo si duole della mancata acquisizione, sia da parte del Tribunale
che da parte della Corte d’appello, della copia conforme del libretto postale
dell’imputata, da cui sarebbe risultata la coincidenza temporale tra i prelievi
effettuati dalla titolare del libretto e i versamenti effettuati dall’amministratrice a
favore della società, a comprova dell’assunto difensivo.
2.3. Col terzo lamenta la illogicità della motivazione con cui la Corte d’appello ha
respinto la tesi difensiva, secondo cui, al momento della cessione delle quote ad
Attadia Cosimo, a maggio del 2009, la società era in equilibrio finanziario.
Deduce, al riguardo, che le perdite accertate erano state ripianate
dall’amministratrice e che non è dato comprendere perché la Corte parli di
“connpromissione” con le banche e di cessazione dell’attività a maggio del 2009,
perché ritenga illecito il passaggio dei beni – regolarmente pagati – dalla
DI.MO .GIA srl alla ZANTIR srl e perché non attribuisca rilievo alla

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condannato Arrighetti Daniela per bancarotta fraudolenta patrimoniale e

documentazione prodotta dalla difesa, comprovante la regolare consegna delle
scritture contabili al nuovo amministratore (Attadia) nel maggio del 2009.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Nessuno dei motivi di ricorso merita accoglimento.
1. L’acquisizione delle copie dei bilanci relativi agli anni 2005-2008 non è stata
disposta dal giudice d’appello poiché trattavasi di fotocopie di cui non era chiarita

bilanci erano stati depositati fino all’anno 2007. La decisione è corretta, giacché
l’obbligo di deposito, nei termini e nelle forme di legge, non può essere
surrogato, per conseguire effetti favorevoli in sede processuale, dalla produzione
di atti dalla incerta provenienza e formazione, su cui nessun controllo può essere
espletato da parte degli organi fallimentari. A ciò si aggiunga che non
rappresenta prova decisiva, per la dimostrazione dei finanziamenti effettuati
dall’amministratore alla società, l’annotazione nei bilanci, che non sia
accompagnata dalla prova dei versamenti (assegni, contabili bancarie, ecc.),
giacché è fin troppo facile crearsi ragioni di credito attraverso fittizie appostazioni
contabili (appostazioni che, per quanto riguarda i finanziamenti dedotti dalla
ricorrente, erano comunque mancanti nei bilanci – dal 2005 al 2007 regolarmente depositati).
La decisione non merita, pertanto, censura, né sotto il profilo logico né sotto
quello giuridico.

2. Logica e congruente è anche la motivazione con cui è stata respinta, dalla
Corte d’appello, la richiesta di acquisizione di copia del libretto postale. Tale
libretto avrebbe potuto dimostrare, infatti, il prelievo delle somme, ma non certo
la loro destinazione. Inoltre, anche l’accertamento della data dei prelievi sarebbe
rimasto senza effetto, posto che nulla è stato dimostrato intorno alla data dei
supposti versamenti. Pertanto, anche la coincidenza temporale tra le operazioni
(cui la ricorrente attribuisce – con enfasi eccessiva – valore probatorio) sarebbe
rimasta – pur aderendo all’istanza difensiva – priva di dimostrazione. Non presta
il fianco a censura, quindi, la motivazione del diniego, basata sulla inutilità
dell’acquisizione.

3. Il terzo motivo è inammissibile perché, in contrasto con l’accertamento
operato dai giudici del merito, ripropone una diversa ricostruzione della vicenda
societaria, tendente a dimostrare che la società era, a maggio del 2009, in
“equilibrio finanziario” e che le scritture contabili furono regolarmente tenute. La
censura non può avere ingresso in questa sede, risolvendosi, inammissibilmente,

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la fonte, essendo stato accertato, attraverso le dichiarazioni del curatore, che i

nella mera rilettura alternativa della totalità del compendio probatorio, siccome
apprezzato dai giudici di primo e secondo grado; (ex multis Cass. 23.03.1995, n.
1769, Rv. 201177; Cass. Sez. VI sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, dep.
28.05.2009, Rv. 244181).
Del resto, i giudici di merito, nell’esaminare le specifiche ragioni di doglianza,
hanno rilevato, secondo un conferente percorso logico argomentativo, immune
da fratture logiche, che la tesi della ricorrente relativa alla situazione societaria
nel maggio 2009 non trova riscontro nelle emergenze di causa, in quanto la

del fatturato e delle perdite subite, che imponevano all’amministratore di
convocare l’assemblea per assumere le conseguenti decisioni. Anzi, trattasi di
tesi smentita dalla stessa imputata, che, chiamata dal curatore a precisare le
cause del dissesto, lo aveva imputato a furti subiti durante la sua gestione e al
mancato pagamento di crediti da parte dei clienti: in nessuna maniera aveva
adombrato la tesi che la società fosse in equilibrio al momento della cessazione
dalla carica. Per quanto riguarda le scritture contabili, i giudici si sono attenuti al
dato obbiettivo, costituito dalla consegna al curatore, in maniera peraltro tardiva,
da parte di Attadia Cosimo (penultimo amministratore) di quattro sacchi
contenenti documentazione ammuffita, indiscutibilmente inidonea a ricostruire la
situazione patrimoniale e il movimento degli affari. Rispetto a questo univoco
quadro probatorio, la ricorrente non fa che riproporre, apoditticamente, la tesi
“dell’equilibrio finanziario” infranto dai successivi amministratori e provato, a suo
giudizio, dalle immissioni di denaro da parte dell’amministratrice e dalla
prosecuzione dell’attività dopo il maggio 2009 da parte dei nuovi soci:
circostanze esaminate e disattese, con argomenti di indiscutibile valenza
dimostrativa, dai giudici del merito, laddove hanno rilevato che non v’è prova di
finanziamenti a favore della società; che la “prosecuzione dell’attività” non è
integrata dal compimento di atti di natura formale e obbligatoria ma riguarda la
gestione caratteristica. Per quanto attiene alla tenuta della contabilità, irrilevanti,
perché indimostrate, sono le asserzioni difensive, giacché la consegna della
contabilità ad Attadia è smentita dalle affermazioni del commercialista – che ha
parlato di consegna effettuata ad Arrighetti e Attadia, congiuntamente – e
perché i nuovi amministratori non furono che “teste di legno”, messe alla guida
della società per consentire all’Arrighetti di defilarsi senza danno (circostanza
provata dalla totale cessazione dell’attività in coincidenza col cambio di gestione
e dalle ammissioni dell’ultimo amministratore).
Pertanto il giudizio espresso dal Tribunale e dalla Corte d’appello, che hanno
proceduto ad una disamina esaustiva e penetrante delle fonti di prova e delle
contrapposte versioni, non merita alcuna censura, a fronte della riproposizione di

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società era già sottocapitalizzata nel 2006, per via della progressiva diminuzione

doglianze dirette alla rivalutazione di circostanze di fatto già correttamente
esaminate in sede di merito.
Il ricorso va pertanto rigettato, con conseguente condanna della ricorrente
al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 7/3/2014

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