Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1539 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1539 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ZANETTI DANIELE N. IL 20/08/1969
avverso l’ordinanza n. 19/2011 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
21/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

Con decreto del 21 novembre 2011 la Corte di appello di Venezia, in
parziale accoglimento dell’appello proposto da Zanetti Daniele avverso il
decreto emesso il 5 luglio 2011 dal Tribunale di Venezia, col quale era stata
applicata nei suoi confronti la misura della sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza per anni due, ne ha ridotto la durata ad anni uno.
tramite il difensore di fiducia, il quale, con unico motivo, deduce la
violazione di legge in relazione alla trasgressione del generale divieto di
reformatio in peius, e l’erronea applicazione della legge penale con riguardo
all’art. 1, comma 1, n. 1, legge n. 1423 del 1956.
CONSIDERATO in DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato: l’avere la Corte di appello
confermato il decreto di applicazione della misura di prevenzione perché ha
ritenuto Io Zanetti persona che vive abitualmente, anche in parte, dei
proventi di attività delittuose (art. 1, comma primo, n. 2, legge n. 1423 del
1956), mentre il Tribunale aveva considerato lo stesso Zanetti come
persona abitualmente dedita a traffici delittuosi (art. 1, comma primo, n. 1,
della stessa legge), senza che alcuna delle parti del procedimento di
prevenzione abbia proposto impugnazione avverso l’esclusione del proposto
dalla categoria di cui al n. 2 dell’art. 1 della legge cit., non integra modifica
peggiorativa del provvedimento impugnato, in contrasto con i principi
generali in materia di impugnazioni, ma una diversa qualificazione giuridica
dei presupposti legittimanti l’applicazione della misura proposta
dall’Autorità di polizia con riguardo ad entrambe le categorie suddette e
disposta dall’Autorità giudiziaria di primo grado in riferimento ad una sola di
esse e per una durata maggiore rispetto a quella determinata dal giudice di
appello in relazione ad altra categoria, pur compresa in quelle inizialmente
proposte, senza dunque alcun peggioramento del decreto iniziale a sfavore
dello Zanetti.
Del tutto eccentrica rispetto al decisum e, quindi, totalmente carente di
interesse è, poi, la seconda censura in tema di ritenuta erronea
interpretazione, da parte del giudice di appello, della categoria di persone
dedite a traffici delittuosi, prevista dal citato n. 1 dell’art. 1, comma primo,
della legge n. 1423 del 1956, avendo la Corte territoriale escluso che lo
1

Avverso il predetto decreto lo Zanetti ha proposto ricorso per cessazione

Zanetti potesse essere annoverato nella predetta categoria e ritenuto,
invece, con motivazione adeguata, immune da vizi logici e giuridici, che la
biografia criminale del prevenuto, contraddistinta dalla commissione di
numerosi delitti contro il patrimonio, sempre più gravi, a partire dal 1984
(furto) fino al gennaio 2010 (rapina aggravata in concorso), e la circostanza
che lo Zanetti non avesse mai svolto una proficua attività lavorativa, lo
ascrivessero alla categoria delle persone che vivono abitualmente, anche in

comma primo, della legge suddetta, ritenuto applicabile nel caso di specie.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la
condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo ed il
massimo previsti, in euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile li ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 20 novembre 2012.

parte, con i proventi di attività delittuose, di cui al citato n. 2 dell’art. 1,

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