Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15389 del 06/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15389 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FOLTIN ANTONIO N. IL 14/11/1961
avverso la sentenza n. 19/2011 GIUDICE DI PACE di MENAGGIO,
del 06/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 06/03/2014

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dr Roberto Aniello, ha concluso chiedendo
l’inammissibilità del ricorso.
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Per il ricorrente è presente l’Avvocato 42.0bagte—Ge4embe–(4~ -5, il quale chiede
raccoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.

Foltin Antonio propone ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal Giudice di

il reato previsto dall’articolo 582 del codice penale, alla pena pecuniaria della multa di euro
900, oltre al pagamento delle spese processuali, lamentando:
2. vizio della motivazione e violazione di legge in relazione alla prova della responsabilità,
denunciando incongruenze e contraddizioni nella versione dei fatti fornita dalla persona
offesa.eincompatibilità tra la lesione lamentata, in particolare, la ferita lacero contusa dietro
l’orecchio destro e l’ipotetico pugno al volto ricevuto, ribadendo le contraddizioni in cui cade
la persona offesa;
3.

apoditticità dell’affermazione del giudice di merito il quale ha ritenuto non attendibile la
teste Fraquelli, in quanto moglie dell’imputato;

4.

inconsistenza dell’affermazione di responsabilità fondata su meri indizi;

5.

vizio di motivazione e violazione di legge riguardo all’applicazione della recidiva e del
relativo aumento di pena, anche nei criteri applicati per la determinazione della pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza impugnata non merita censura.
1.

Dalle risultanze processuali, adeguatamente e compiutamente valutate dal giudice di
secondo grado emerge che la teste Cavalli Romana era presente ai fatti e che ha visto
l’imputato spintonare e “prendere a manate” (cioè mettere le mani in faccia) la persona
offesa, mentre la moglie dell’imputato ha fornito una versione dei fatti differente. Il primo
giudice ha fondato la responsabilità sulla base delle dichiarazioni del teste Cavalli Ramona e
attraverso la documentazione medica prodotta e non contestata. Nella determinazione della
pena ha fatto rinvio ai criteri di cui all’articolo 133 c.p. e ha applicato la recidiva reiterata ai
sensi dell’articolo 99 c.p. facendo riferimento alla biografia penale dell’imputato.

2.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta il vizio della motivazione e la violazione di legge in
relazione alla prova della responsabilità. In particolare, evidenzia l’esistenza di discordanze
tra quanto riportato dalla persona offesa, Raineri Flavio Carlo, nella denunzia e quanto,
invece, riferito dal testimone Cavalli Ramona in sede dibattimentale. La persona offesa
riferisce che l’imputato gli avrebbe sferrato un pugno al volto, mentre dalla testimonianza
della Cavalli e da quella dell’altro teste, Fraquelli Teresita tale elemento non emergerebbe.

Pace di Menaggio in data 6 dicembre 2012 con la quale l’imputato è stato condannato, per

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tf 3. Osserva la Corte chegutti i motivi diversi dalle censure relative alla pena, il ricorrente

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pretende di valutare, o rivalutare, gli elementi probatori al fine di trarne conclusioni in
contrasto con quelle del giudice del merito,chiedendo alla corte di legittimità un giudizio di
fatto che non le compete. Esula, infatti, in capo alla Corte di Cassazione il potere di
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità
la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle

ricostruzione dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di
merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici giuridici, ha esplicitato le ragioni del
suo convincimento, sottolineando che la tesi difensiva è inattendibile e priva di riscontri,
mentre la condotta dell’imputato, Foltin Antonio appariva inequivocabile rispetto al reato
contestato (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, Scibè). Fatta questa premessa, da estendere
ai successivi motivi di impugnazione, va puntualizzato che il Giudice di Pace e il Tribunale
nella decisione impugnata, non fanno riferimento alle dichiarazioni rese dalla persona
offesa e non utilizzano tale materiale come principale elemento di prova. In particolare,
non vi è rinvio alla denuncia, ma si fa riferimento esclusivamente la documentazione
medica e alla prova testimoniale. Quanto alle dichiarazioni rese dai testi, la Cavalli parla di
“manate” e descrivAla condotta di chi mette le mani in faccia alla persona offesa, mentre la
seconda teste è stata ragionevolmente ritenuta inattendibile in quanto moglie
dell’imputato.
4. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta l’incompatibilità tra la lesione lamentata, in
particolare, la ferita lacero contusa dietro l’orecchio destro e l’ipotetico pugno al volto
ricevuto, evidenziando come ipotesi più credibile è quella che la parte offesa si sia
procurata da sé il profondo graffio dietro all’orecchio, con il gancio del casco, nel toglierlo
precipitosamente dalla testa. La censura è inammissibile per quanto detto in premessa,
dovendosi solo aggiungere che la lesione retro auricolare riscontrata appare compatibile
con la dinamica descritta dalla teste Cavalli.
5. Analoghe considerazioni riguardano le censure in fatto dei motivi successivi. Parte
ricorrente, infatti, evidenzia che la persona offesa, mentre nella querela del 27 novembre
2009 fa riferimento ad un pugno al volto, successivamente modifica la propria versione
precisando che l’imputato, dopo averlo spintonato, l’avrebbe colpito con un pugno al collo.
Censura, poi, come apodittica l’affermazione del giudice di merito il quale ha ritenuto non
attendibile la teste Fraquelli, in quanto moglie dell’imputato, ritenendo, invece, affidabili le
dichiarazioni rese dal teste Cavallo, quale soggetto terzo. Il rilievo appare infondato,
dovendosi evidenziare la ragionevolezza della valutazione operata dal giudice a quo, in
considerazione anche del fatto che la versione fornita dal coniuge dell’imputato è in
contrasto con la documentazione medica attestante le lesioni subite dalla persona offesa.

risultanze processuali. I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile

6. Inammissibile è l’ulteriore doglianza, secondo cui, l’affermazione di responsabilità si
fonderebbe soltanto su indizi privi dei caratteri della gravità, precisione e concordanza con
conseguente violazione del principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio, attesa la genericità
del motivo.
7. Quanto al profilo sanzionatorio, il ricorrente denuncia il vizio di motivazione e la violazione
di legge riguardo all’applicazione della recidiva e del relativo aumento di pena,
evidenziando che il giudice di merito ha applicato la recidiva in modo apodittico, ritenendo

affermato il principio per cui l’applicazione della recidiva, nei casi previsti dai primi quattro
commi dell’articolo 99 c.p, è facoltativa.
8. Con l’ultimo motivo lamenta vizio di motivazione ed inosservanza di legge, riguardo ai
criteri applicati per la determinazione della pena, non avendo il giudice di merito chiarito in
maniera esaustiva quali sono stati i criteri seguiti nella scelta della misura della pena, ai
sensi dell’articolo 133 del codice penale.
9. Osserva la Corte che oltre alla circostanza che la prima doglianza è del tutto priva di
motivazione riguardo alla meritevolezza di una valutazione differente, il giudice di merito
ha fatto esplicito richiamo ai criteri previsti dall’art. 133 c.p. ed ai precedenti penali, ai fini
dell’applicazione della recidiva.

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 6/3/2014

l’aumento di pena un fatto automatico, mentre le Sezioni Unite della Cassazione hanno

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