Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15387 del 06/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15387 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMPAGNA ENRICO N. IL 12/03/1960
avverso la sentenza n. 424/2011 GIUDICE DI PACE di NAPOLI, del
31/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/03/2014

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Roberto Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
– Udito, per il ricorrente, l’avv. Alviano Glaviano Goffredo, che ha chiesto
l’annullamento della sentenza impugnata.

RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice di pace di Napoli, con sentenza del 31/10/2012, ha condannato

Federico. Quest’ultimo, collega dell’imputato nella Napoli sociale spa, fu
aggredito – secondo i giudici – dal Campagna dopo una discussione avuta con lui
in ufficio.

2.

Contro la sentenza suddetta ha proposto personalmente ricorso per

cassazione l’imputato, che si duole della violazione dell’art. 192 cpp e della
manifesta illogicità della motivazione. Lamenta che sia stata attribuita credibilità
alla persona offesa senza un esame approfondito delle sue dichiarazioni e
nonostante le smentite provenienti dai testi escussi (Rubino e Narciso, i quali
avrebbero riferito di essere accorsi nel corridoio dopo aver sentito delle grida e di
aver rinvenuto entrambi i contendenti a terra, distanti l’uno dall’altro); che siano
stati travisati i “fatti di causa” (il giudice avrebbe escluso, arbitrariamente, che il
Colucci avesse il potere di incidere sulla posizione lavorativa dell’imputato; ha
dato presente all’originaria discussione – contrariamente alle risultanze
istruttorie – il teste Bello; non ha tenuto conto del fatto che Colucci tentò di
costituirsi parte civile e che non vi riuscì per iniziativa del giudice, che ne rilevò
l’intempestività; ha intravisto inesistenti contraddizioni nelle dichiarazioni
dell’imputato; ha travisato le dichiarazioni dei testi in ordine alle lesioni della
persona offesa) e che la Corte d’appello abbia fondato la propria decisione su
“argomentazioni presuntive” prive di riscontro probatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Le doglianze in ordine al giudizio di responsabilità si risolvono in non consentite
censure in fatto all’apparato argomentativo su cui riposa la sentenza impugnata,
che, in stretta aderenza alle emergenze processuali, da conto, in maniera
adeguata e senza incorrere in vizi logici, delle ragioni che giustificano la
conclusione alla quale perviene. Il materiale probatorio acquisito, sul quale i
giudici di merito hanno fatto leva, dimostra, peraltro, attraverso l’univoca

2

Campagna Enrico a pena pecuniaria per lesioni personali in danno di Colucci

convergenza delle sue componenti, la responsabilità dell’imputato in ordine
all’illecito addebitatogli.
La testimonianza di Colucci Federico, la cui attendibilità non è minata dalle
generiche e inconferenti deduzioni difensive, ha consentito ai giudici di ricostruire
il contesto in cui è maturata la lite e lo sviluppo della stessa (il Colucci si recò
negli uffici della “Napoli sociale” per alcuni comunicazioni della dirigenza; quivi
trovò l’imputato ed altri dipendenti, con i quali avviò un’accesa discussione;
quando uscì dall’ufficio fu seguito dall’imputato e da lui aggredito nel corridoio).

(Bello, Rubino e Narciso), i quali hanno concordemente riferito di non aver
assistito all’aggressione, ma di aver visto il Colucci andar via, alla fine della
discussione, seguito poco dopo dal Campagna; di essere stati quindi attratti da
un tonfo proveniente dall’esterno della stanza e di aver trovato imputato e parte
offesa nel corridoio: il primo a terra; il secondo appoggiato a una parete,
dolorante.
Rispetto a questa precisa e univoca ricostruzione dei fatti il ricorrente si attarda
su circostanze irrilevanti (non vi è prova scritta delle “comunicazioni” date dal
Colucci; non è stato accertato se Colucci aveva il potere di disporre o favorire il
trasferimento dei dipendenti della struttura; i testi non hanno sentito le grida e
gli strepiti di cui parla la persona offesa e non hanno visto l’imputato colpire il
Colucci; la persona offesa tentò di costituirsi parte civile e non vi riuscì per
intempestività), oppure propone una diversa lettura delle dichiarazioni
testimoniali, che questa Corte non conosce e non può valutare.
La congruenza logica della motivazione non è, quindi, minimamente intaccata
dalle critiche difensive, sicché immune da censure è la conclusione del
giudicante: il fatto che Campagna, adirato con Colucci per via della discussione
appena avuta, seguì quest’ultimo nel corridoio, ed il fatto che i due siano poi
stati trovati feriti dai colleghi, depone, secondo ogni logica, per un’aggressione
portata dal primo contro il secondo. La sentenza fa corretta applicazione delle
regole della logica e delle massime di esperienza e non incorre, pertanto, in
nessuna delle violazioni lamentate.
Il ricorso è di conseguenza inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la
parte che lo ha proposto va condannata al pagamento delle spese processuali e,
ravvisandosi motivi di colpa nella sua proposizione, altresì di una somma a
favore della Cassa delle ammende, che, in ragione dei motivi di ricorso, si reputa
equo quantificare in € 1.000.

P.Q.M.

3

Tale ricostruzione è stata confermata, nelle linee essenziali, dai testi presenti

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 6/3/2014

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