Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15378 del 06/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15378 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VINCENZI ANDREA N. IL 07/07/1979
avverso la sentenza n. 7293/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 08/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 06/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l ‘Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 06/03/2014

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Roberto Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
– Udito, per la parte civile, l’avv. Maurizio Brugnati, che ha chiesto il rigetto del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Bologna, con sentenza dell’8-6-2012, in riforma di quella

parte civile Pedriali Andrea, al risarcimento dei danni patiti da quest’ultimo,
colpito al volto con un pugno nel corso di una lite.
Il Tribunale di Ferrara aveva assolto l’imputato dal reato di lesioni gravi (lesione
mandibolare e al naso) per insussistenza del fatto, ritenendo non raggiunta la
prova che a colpire il Pedriali fosse stato l’imputato, posto che, successivamente
al litigio tra i due, era scoppiata una rissa. La Corte d’appello, pur condividendo
che manchi la prova della responsabilità del Vincenzi in ordine alla lesione
mandibolare, lo ha condannato per le lesioni alla piramide nasale e per il taglio al
naso.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
dell’imputato, l’avv. Patrizia Micai per violazione di legge e illogicità della
motivazione. Lamenta:
a) l’erronea qualificazione del fatto, da ricondurre, a suo giudizio, alla fattispecie
della rissa;
b)

il travisamento della prova testimoniale e della perizia d’ufficio, nonché

l’omessa valutazione delle prove favorevoli.
Lamenta, infine, che la Corte d’appello abbia riformato la sentenza di
primo grado sulla base di una diversa valutazione delle prove, in un caso in cui la
sentenza appellata non presentava illogicità manifeste.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Nessuno dei motivi di ricorso merita accoglimento.
1. Manifestamente infondata è la doglianza concernente la qualificazione del
fatto. La Corte d’appello ha individuato due fasi dello scontro: una prima fase, a
cui furono interessati Vincenzi e Pedriali; una seconda fase, che vide coinvolti
due gruppi di giovani, amici dei due protagonisti originari. Alla prima fase
appartengono le lesioni subite dal Pedriali al naso, per effetto di un pugno a lui
sferrato dal Vincenzi; alla seconda fase la frattura mandibolare, riportata dal
Pedriali nel corso della rissa susseguente. La ricostruzione operata dalla Corte di
2

emessa dal Tribunale di Ferrara, ha condannato Vincenzi Andrea, su appello della

merito – fondata sulla completa e puntuale disamina delle risultanze probatorie è assolutamente logica e congruente, sicché non è incorsa in nessuna violazione
di legge. I due reati (le lesioni e la rissa), infatti, possono ben coesistere,
allorché, come nella specie, il secondo sia conseguenza del primo e i due reati
abbiano causa ed effetti differenti (il primo originato dal contrasto tra Vincenzi e
Pedriali, a cui è conseguita la lesione al naso; il secondo nell’intervento ad
adiuvandum dei rispettivi amici, a cui è conseguita, tra l’altro, la lesione

2. Il secondo motivo è inammissibile per genericità e perché propone una diversa
lettura delle prove testimoniali e della perizia d’ufficio sulla base di laconiche
considerazioni, che né spiegano il diverso (ritenuto) pensiero del perito, né sono
idonee a contrastare la diversa conclusione del giudicante. Il rimando alle prove
testimoniali, che escluderebbero l’aggressione portata originariamente dal
Vincenzi, è, infatti, del tutto irricevibile in questa sede, posto che lo scopo del
giudizio di legittimità non è quello di operare una nuova valutazione delle prove,
ma di accertare la congruità del ragionamento spiegato dal giudicante, sia in
termini di logicità che di adesione alle regole dell’esperienza, sicché – a meno
che non venga dedotto il travisamento della prova, da allegare formalmente e
provare rigorosamente – non possono essere gli scampoli di dichiarazioni
riportate in ricorso o l’allegazione di atti o verbali – scelti dal ricorrente secondo
le proprie convenienze – a scardinare l’iter argomentativo della decisione o a
legittimare una lettura del materiale istruttorio – diversa e più conveniente per il
ricorrente – da parte di questa Corte.
Nella specie, facile è il rilevare, comunque, che la Corte d’appello ha fondato il
proprio giudizio non solo sulle dichiarazioni della persona offesa, ma anche di
testi molto più disinteressati (Gennari e Pigaini), che hanno parlato del pugno
sferrato dal Vincenzi subito dopo aver ricevuto una “manata” dal Pedriali e del
fatto che quest’ultimo appariva, dopo essersi rialzato, “una maschera di sangue”.
Non corrisponde a verità, quindi, né che la sentenza si basi sulle dichiarazioni di
una sola parte, né che la prova testimoniale sia favorevole al ricorrente. Quanto
alla perizia d’ufficio, la Corte d’appello ne ha tenuto conto per escludere la
responsabilità dell’imputato in relazione alla lesione mandibolare, ma non ne ha
condiviso il ragionamento – peraltro formulato in maniera dubitativa – in ordine
alle cause della lesione alla regione nasale, ritenendo, sulla base delle
testimonianze raccolte, che esse siano da imputare al primo pugno ricevuto dal
Pedriali (il quale appariva, dopo quel pugno, una “maschera di sangue”). Trattasi
di conclusione pienamente giustificata dalle prove passate in rassegna – tra cui,
ma non solo, la discutibile opinione del perito – sicché incensurabile è la sentenza
che da quella opinione si sia discostata.

3

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mandibolare del Pedriali).

3.

L’ultimo motivo è inammissibile per manifesta infondatezza. L’appello

rappresenta una revisio prioris instantiae, sicché legittima e doverosa è la
rivalutazione delle prove da parte del giudice del gravame, il quale può pervenire
a una ricostruzione “alternativa” del fatto e a una diversa valutazione delle
responsabilità, anche quando la sentenza appellata non sia “manifestamente
illogica” e abbia operato una completa disamina del materiale probatorio. I
principi e la giurisprudenza richiamata dal ricorrente sono palesemente

effettivamente i limiti dedotti: nulla a che vedere hanno, invece, col giudizio
d’appello.

4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile. Consegue, ai sensi dell’art.
616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di
una somma favore della Cassa delle ammende, che, in considerazione dei motivi
del ricorso, stimasi equo fissare in C 1.000, nonché al pagamento delle spese
sostenute dalla parte civile, che si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 a favore della Cassa delle ammende,
nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che
liquida in C 1.500, oltre accessori di legge.
Così deciso il 6/3/2014

inconferenti, giacché si riferiscono al giudizio di legittimità, in cui operano

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