Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15376 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15376 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SAHAI VIJAY N. IL 10/07/1954
avverso la sentenza n. 6917/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
15/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Data Udienza: 05/03/2014

4/1,r
Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dott.ssa Elisabetta Cesqui, ha concluso
chiedendo il rigetto
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di Sahai Vijay propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di
Appello di Torino del 15 febbraio 2013 che ha confermato la decisione adottata dal
Tribunale di Casale Monferrato in data 3 giugno 2010 che ha condannato Sahai Vijay per il

secondo comma, numero 1 della legge fallimentare. All’imputato, quale amministratore
della società Giarole srl, dichiarata fallita con sentenza del 14 dicembre 1998 dal Tribunale
di Casale Monferrato, era stato contestato di avere distratto degli autoveicoli, computer,
stampante e arredi, alla massa fallimentare, con recidiva reiterata specifica
infraquinquennale.
2. Avverso la sentenza di primo grado ha proposto appello Sahai Vijay chiedendo il
proscioglimento per essere già stato condannato per fatti di bancarotta documentale e
semplice riferiti alla medesima vicenda, deducendo l’insussistenza dell’elemento soggettivo
attesa la esiguità dei beni sottratti; ha chiesto un trattamento sanzionatorio più mite e il
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
3. La Corte d’appello, con sentenza del 15 febbraio 2013, ha ritenuto infondati motivi
confermando la decisione del Tribunale.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la difesa di Sahai Vijay lamentando:
violazione di legge con riferimento all’articolo 170 del codice di rito, per essere stato
giudicato senza avere avuto la possibilità di partecipare all’udienza fissata il 15 febbraio
2013;

violazione dell’articolo 649 c.p.p. per essere già stato condannato per vicende analoghe con
sentenze del Tribunale di Casale Monferrato, del 29 giugno 2000 e del 23 dicembre 2004;

violazione di legge con riferimento all’articolo 216, n. 1, I. fall. per mancanza dell’elemento
soggettivo del reato;

reato previsto dall’articolo 223, comma primo e 216, comma primo, numero 1 e 219,

In data 12 marzo 2014 è pervenuta dichiarazione di rinuncia al mandato da parte del
difensore dell’imputato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza impugnata non merita censura.
1. Con il primo motivo di doglianza il difensore di Sahai Vijay lamenta violazione di legge con
riferimento all’articolo 170 del codice di rito, per essere stato giudicato senza avere avuto
la possibilità di partecipare all’udienza fissata il 15 febbraio 2013. Deduce, infatti, che la
notifica del decreto di citazione è stata effettuata a mezzo del servizio postale e il plico è
ritornato per compiuta giacenza e ciò in quanto l’imputato si era trasferito in Ungheria.
Conseguentemente la notifica è stata effettuata senza le necessarie verifiche, per cui l’atto
non è stato ritirato. In secondo luogo, la notifica sarebbe avvenuta presso il domicilio, i

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Opera, rispetto al quale non vi sarebbe stata alcuna elezione di domicilio. Le censure sono
infondate. Quanto alla prima va ribadito che ai fini delle notificazioni, l’imputato, in caso di
mutamento del domicilio dichiarato, non è dispensato dall’osservanza dell’onere, imposto
dal quarto comma dell’art. 171 cod. proc. pen. di comunicare il nuovo domicilio all’autorità
giudiziaria procedente. Quanto alla seconda questione l’imputato, contrariamente a quanto
dedotto in ricorso, ha depositato elezione di domicilio in data 4 ottobre 2005, davanti al
GUP di Casale Monferrato.

1ZW.stato rinviato a giudizio per fatti di bancarotta documentale e semplice e condannato
con sentenze del Tribunale di Casale Monferrato, del 29 giugno 2000 e del 23 dicembre
2004. Ha ritenuto infondata la tesi sostenuta dalla Corte territoriale secondo cui la
esistenza di una sentenza in tema di bancarotta semplice e documentale non preclude la
procedibilità del reato per bancarotta fraudolenta, poiché nel caso di specie le condotte non
sono diverse. Il motivo è inammissibile. Orbene, nella giurisprudenza di legittimità è stato
affermato il seguente principio di diritto: “è inammissibile il ricorso per cassazione fondato
su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice
del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del
motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate
dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non
potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità
conducente, a mente dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità” (in termini,
Sez. 4, N. 256/98 – ud. 18/9/1997 – RV. 210157; nello stesso senso Sez. 4, N. 1561/93 ud. 15/12/1992 – RV. 193046). Nella concreta fattispecie non viene specificata la diversità
posta a sostegno della tesi prospettata, e non documentata, attraverso la doverosa
esibizione delle due decisioni citate in ricorso. La Corte d’Appello ha rilevato che il primo
episodio di bancarotta semplice documentale è del tutto diverso, poiché si trattava di una
separata procedura fallimentare, differente da quella oggetto del presente giudizio. Quanto
alla seconda ipotesi di bancarotta documentale semplice, il giudice a quo ha correttamente
applicato i principi stabiliti dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 21039 del 2011 che
consente l’ulteriore procedibilità per la diversa fattispecie di bancarotta fraudolenta per
distrazione.
3.

Con l’ultimo motivo deduce la violazione di legge, con riferimento all’articolo 216, n. 1,
evidenziando che Sahai Vijay non era a conoscenza dell’esistenza dei due veicoli e degli
altri beni mobili, atteso il disordine nella contabilità della ditta. La questione, che riguada
valutazioni in fatto, è manifestamente infondata:

i beni oggetto di imputazione

appartenevano alla società fallita, come emerge documentalmente dalla visura eseguita
presso il PRA ed dalle dichiarazioni rese dallo stesso Sahai Vijay al curatore, il quale ha

2. Con il secondo motivo deduce violazione dell’articolo 649 c.p.p., poiché Sahai Vijay era

anche indicato il luogo dove rinvenire i veicoli, riconoscendo, quanto a computer, stampanti
ed arredi, di averli presso di sé.

p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 5/3/2014

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