Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15374 del 05/03/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 15374 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: POSITANO GABRIELE

Data Udienza: 05/03/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANGIOLANI GIANCLAUDIO N. IL 17/01/1963
avverso la sentenza n. 1146/2012 CORTE APPELLO di ANCONA, del
29/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

4

Il Procuratore generale della Corte di Cassazione, dott.ssa Elisabetta Cesqui, ha concluso
chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato B. Gagliardi, il quale chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Anglani Gianclaudio è stato citato a giudizio per rispondere del reato previsto dagli articoli
81,582 e 61 del codice penale per avere costretto Poli Rosildo a sospendere, nel terreno di
sua proprietà, i lavori di costruzione iniziati, manifestando un atteggiamento minaccioso e

al Tribunale di Ascoli Piceno,è stato condannato, con riqualificazione del reato in minaccia
grave, oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile.
2.

Avverso tale decisione ha proposto appello Angiolani GianClaudio deducendo l’insussistenza
del fatto, con specifico riferimento alla data di commissione dell’eventuale reato, la
sussistenza dell’ipotesi di minaccia semplice e, conseguentemente, il difetto di condizione di
procedibilità, poiché la querela4tata depositata oltre il termine di tre mesi; la errata
quantificazione del danno, ritenuto esorbitante, formulando ulteriori richieste subordinate.

3.

La Corte d’Appello di Ancona, con sentenza del 29 novembre 2012 ha confermato la
sentenza impugnata, condannando Angiolani GíanClaudio al pagamento delle spese
processuali e di quelle della parte civile.

4.

Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore di Angiolani GianClaudio
lamentando:

mancanza o manifesta illogicità della motivazione sulla sussistenza del reato, specificando
che i presunti fatti non sarebbero avvenuti nella data indicata nel capo d’imputazione;

inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in particolare l’articolo 612, comma
secondo del codice penale che definisce la gravità della minaccia;

la sussistenza, al più, di una minaccia semplice, procedibile a querela;

mancanza o la manifesta illogicità della motivazione riguardo al risarcimento del danno;

inosservanza di legge e vizio di motivazione riguardo alla mancata applicazione delle
attenuanti generiche;

suscitando nella persona offesa uno stato ansioso. All’esito del dibattimento,svolto davanti

violazione di legge e insufficienza della motivazione riguardo alla mancata concessione della
sospensione condizionale della pena.

5.

La parte civile deposita in data 30 gennaio 2013 memoria a sostegno della correttezza della
decisione impugnata.

6.

Con memoria del 13 febbraio 2004, la difesa di Angiolani GianClaudio contesta le
considerazioni oggetto della memoria della parte civile, ribadendo i profili di censura della
decisione impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza impugnata non merita censura.
1. Con memoria delle 30 gennaio 2013 il difensore della parte civile, Poli Rosildo, deduce la
inammissibilità del primo motivo in quanto attinente un’indagine di fatto, l’inammissibilità4

f

del secondo motivo riguardo alla gravità della minaccia, poiché dalla lettura il capo di
imputazione e dalla presenza del certificato medico emerge chiaramente la gravità della
stessa. Con riferimento alli.attenuanti generiche ha evidenziato che il precedente reato
commesso da Angiolani GianClaudio, sempre ai danni di Poli Rosildo, evidenzia il
comportamento violento dell’imputato e il carattere dello stesso. Con riferimento alla
richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena segnala che il fatto
ostativo è, effettivamente, risalente all’anno 2003, ma appare sintomatico di una mancanza

commettere altri reati.
2.

Con memoria del 13 febbraio 2004, la difesa di Angiolani GianClaudio contesta le
considerazioni oggetto della memoria della parte civile, ribadendo i profili di censura della
decisione impugnata.

3.

Il primo motivo di ricorso va esaminato unitamente al secondo ed il terzo motivo, attesa la
pregiudizialità delle questioni sollevate con tali motivi.

4.

Con il secondo motivo si deduce l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale,
in particolare l’articolo 612, comma secondo del codice penale, che definisce la gravità della
minaccia. La difesa rileva che la qualificazione della minaccia come grave non dipende
soltanto dalla gravità del danno, ma anche dalla idoneità della minaccia, desumibile anche
dalle particolari condizioni, sia del soggetto attivo, che di quello attivo, a cagionare in
quest’ultimo un per turbamento psichico. La doglianza è generica ed, in quanto tale,
inammissibile non deducendo il ricorrente alcun concreto e specifico motivo che possa
superare la ragionevolezza della decisione adottata dal giudice di appello.

5.

Con il terzo motivo deduce la sussistenza, al più, di una minaccia semplice, con
conseguente procedibilità a querela, eccependo il difetto della condizione di procedibilità.

6.

Con il primo motivo lamenta mancanza o manifesta illogicità della motivazione sulla
sussistenza del reato, specificando che i presunti fatti non sarebbero avvenuti nella data
indicata nel capo d’imputazione, il 2 novembre 2006, bensì già in data 3 ottobre 2006 come
confermato dalla parte offesa. I due motivi sono assorbiti dall’inammissibilità della

di elementi dai quali presumere che Angiolani GianClaudio si asterrà in futuro dal

doglianza relativa alla qualificazione delle lesioni come gravi, rendendo irrilevante la
questione della ritualità della querela e della sua tempestività.
7.

Con il quarto motivo lamenta la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione
riguardo al risarcimento del danno, poiché la Corte d’appello fa riferimento generico alle
cure mediche ed al fatto che si tratti di un reato perseguibile d’ufficio, senza addurre alcuna
motivazione specifica riguardo alla concreta risarcibilità del danno. La censura è
manifestamente infondata contrastando con la granitica giurisprudenza in tema di danno

i

morale risarcibile, da ultimo definito dai principi affermati dalle cd. sentenze di San Martino
della Cassazione Civile a Sezioni Unite che hanno ridisegnato la macroarea del danno non
patrimoniale risarcibile, nell’ambito del quale va individuata la categoria del danno morale,
nella duplice accezione, di danno da reato, risarcibile ai sensi del combinato disposto degli

irld(

art. 185 c.p. e 2059 c.c., sulla base dei criteri dell’art. 133 c.p. e del danno da sofferenza
soggettiva, conseguente alle lesioni subite (eventualmente anche da turbamento psichico,
come accertato dalla documentazione medica in atti), liquidabile in via equitativa ai sensi
dell’art. 2059 c.c.
8.

Con il quinto motivo deduce l’inosservanza di legge e il vizio di motivazione riguardo alla
mancata applicazione delle attenuanti generiche, avendo la Corte territoriale ritenuto
impeditiva la sussistenza di un precedente a carico di Angiolani GianClaudio. Evidenzia che

pericolosità, mentre caso di specie il precedente riguarda un giudizio definito con decreto
penale di condanna nel 2004, per il quale stata pagata una multa di euro 150. La censura è
infondata. La mancata concessione delle attenuanti generiche è rimessa alla discrezionale
valutazione del giudice, che può concederle o negarle, dando conto della scelta con
adeguata motivazione , ai fini della quale non è necessario prendere in considerazione tutti
gli elementi prospettati dall’incolpato, essendo sufficiente la giustificazione dell’uso del
potere discrezionale con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione e delle
circostanze ritenute di preponderante rilievo (Cassazione civile sez. VI, 27 maggio 2011 n.
11790). Nel caso di specie tali elementi sono stati correttamente evidenziati.
9.

Con il sesto motivo deduce violazione di legge e insufficienza della motivazione riguardo
alla mancata concessione della sospensione condizionale della pena, precisando che tale
beneficio può essere applicato reiteratamente, qualora esista una condanna intermedia,
nell’ipotesi in cui questa skrappresentata da una contravvenzione o da un delitto punito con
la pena della multa, come nel caso di specie. La censura è destituita di fondamento. La
Corte motiva correttamente il rigetto sulla base delle reiterate condotte illecite poste in
essere nel medesimo contesto, che non consentono una prognosi favorevole.

10. AI rigetto consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e di quelle sostenute
dalla parte civile che, sebbene non comparsa in udienza, ne ha fatto rituale richiesta nella
memoria depositata in data 30 gennaio 2014.

p.q.m.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla
rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che liquida in euro 1.000 oltre
accessori di legge.
Così deciso il 5/3/2014

la giurisprudenza di legittimità prevede il diniego nel caso di precedenti che siano indici di

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