Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15371 del 04/03/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 15371 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MANFRIN FRANCESCO N. IL 09/03/1963
avverso la sentenza n. 251/2011 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
BOLZANO, del 08/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/03/2014 14 relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. .tìvo S el,v 19+
che ha concluso per 11
A i .1.41~ 441 41171-k” ogét/ g’ LA°

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 04/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Trento, Sezione Distaccata di Bolzano con
sentenza dell’8 novembre 2012, ha confermato la sentenza del Tribunale di
Bolzano del 18 maggio 2011 ed ha condannato Manfrin Francesco per il delitto di

di cui all’articolo 483 cod.pen., per aver falsamente attestato in una dichiarazione
sostitutiva di certificazione resa al Comune di Bolzano di non aver riportato
condanne penali e di non avere procedimenti penali in corso.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
personalmente, lamentando, come primo motivo, una motivazione meramente
apparente circa il trattamento sanzionatorio nonché una violazione di legge in
merito alla notifica del decreto di citazione a giudizio in prime cure.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondati i relativi
motivi.
2. Invero, la quantificazione della pena può essere sindacata avanti questi
Giudici di legittimità soltanto allorquando sia stata effettuata in limiti superiori a
quelli edittali ovvero in maniera illogica; la determinazione in concreto della
pena, infatti, costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un
giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della
motivazione da parte del Giudice dell’impugnazione deve ritenersi
compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi
d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il
massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva; ciò dimostra,
infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli
aspetti indicati nell’articolo 133 cod.pen. ed anche quelli specificamente segnalati
con i motivi d’appello.
Nella specie, questa volta in fatto, la Corte territoriale ha motivato non
solo in merito alla mancata concessione delle attenuanti generiche, a cagione
dell’insussistenza di ragioni di fatto e di diritto positive all’accoglimento della
richiesta ma ha, altresì, irrogato una pena nei limiti di legge.
1

falso ideologico commesso da privato in dichiarazione sostitutiva di certificazione,

3. Quanto al motivo in rito, il ricorrente molto genericamente e senza
adempiere al principio di autosufficienza del ricorso ha affermato che la notifica
del decreto di citazione, nel giudizio di prime cure, venne effettuata presso il
proprio difensore senza alcun accertamento preventivo circa la sua irreperibilità e
dopo un infruttuoso tentativo presso il domicilio eletto.
Questa Corte afferma, di converso, come l’impossibilità della notificazione
al domicilio eletto che ne legittimi l’esecuzione presso il difensore di fiducia,

157 cod.proc.pen., comma 8 bis, possa essere integrata anche dalla temporanea
assenza dell’imputato, al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore, senza
che sia necessario procedere ad attestata verifica di vera e propria irreperibilità,
così da qualificare come definitiva l’impossibilità alla ricezione degli atti nel luogo
dichiarato o eletto dall’imputato, considerati gli oneri imposti dalla legge a
quest’ultimo, ove avvisato della pendenza di un procedimento a suo carico, e
segnatamente l’obbligo, ex articolo 161 cod.proc.pen., comma 4, di comunicare
ogni variazione intervenuta successivamente alla dichiarazione o elezione di
domicilio, resa all’avvio della vicenda processuale” (v. Cass. Sez. V 21 aprile
2011 n. 22745 e Sez. VI 27 settembre 2011 n. 42699).
Del tutto corretta appare pertanto la motivazione della Corte territoriale
con la quale si era rigettata l’eccezione in tal senso avanzata per conto
dell’imputato.
4.

In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il

ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di
denaro in favore della Cassa delle Ammende.
P.T.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 4 marzo 2014.

secondo la procedura prevista dall’articolo 161 cod.proc.pen., comma 4 e articolo

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA