Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1537 del 22/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 1537 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: ESPOSITO LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LUGLI GIANCARLO N. IL 18/04/1946
nei confronti di:
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza n. 96/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 04/11/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;
pyr 144rd
lette/sete le conclusioni del PG Dott.
, (

CitAM,14‘9

VIIP

Uditi diefisor Avv.;

oltd ieg-v-P

Data Udienza: 22/10/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza in data 4/11/2011, la Corte di Appello di Reggio Calabria
accoglieva – limitatamente alla somma, molto inferiore a quella richiesta, di C
8.000,00 – l’istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione proposta da Lugli
Giancarlo, il quale era stato sottoposto a misura cautelare carceraria per 28 giorni
perché indagato per partecipazione ad un’associazione dedita al traffico di armi
disattivate, oltre che per i reati di detenzione e porto di armi.

del Tribunale di Palmi del 2/10/2007, irrevocabile il 31/10/2008, con la quale
l’imputato era stato assolto dai reati ascrittigli per non aver commesso il fatto.
2. Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione il Lugli.
2.1.Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale in
relazione agli artt. 314, 643 c.p.p. e 315 comma 3 c.p.p., per errata
determinazione del quantum liquidato. Lamenta il diniego dell’indennizzo e la
conseguente omessa valutazione delle conseguenze personali e familiari subite, tra
le quali, in particolare, il fermo della propria attività imprenditoriale, quantomeno
per la durata del sequestro preventivo dell’azienda, oltre al gravissimo danno alla
reputazione. Rileva in proposito che il criterio utilizzato dalla Corte per escludere
l’indennizzo (l’assenza di elementi che autorizzino a ritenere provato il nesso di
causalità tra il minor reddito denunciato per l’anno d’imposta 1994 e i 28 giorni
d’ingiusta detenzione patita) era regola di giudizio propria dell’azione risarcitoria da
illecito per responsabilità extracontrattuale e non poteva trovare ingresso in un
giudizio fondato su una valutazione equitativa del danno.
2.2.Con il secondo motivo deduce nullità del procedimento per contraddittorietà e
illogicità della motivazione. Rileva che contraddittoriamente, pur riconoscendosi la
sussistenza di una situazione pregiudizievole per il ricorrente, consistente nella
inattività per oltre un mese dall’attività imprenditoriale, alla stessa era stata negata
rilevanza ai fini della quantificazione dell’indennizzo per l’ingiusta detenzione.
L’Avvocatura Generale dello Stato con propria memoria ha insistito per la
declaratoria d’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso.

Considerato in diritto

3.11 ricorso è infondato e va rigettato. Corretta, infatti, si appalesa la motivazione
della Corte d’Appello in ordine alla liquidazione in via equitativa dell’indennizzo.
Innanzitutto si evidenzia, quanto al primo motivo, che la natura indennitaria del
procedimento richiede, in ogni caso, che i pregiudizi indennizzabili debbano essere
causalmente correlati alla carcerazione, non valendo il principio indennitario a

Il procedimento relativo alle suddette imputazioni si era concluso con la sentenza

escludere le regole della causalità. Da ciò la validità del rilievo attinente alla omessa
dimostrazione del nesso causale tra la misura restrittiva e il minor reddito
conseguito dal ricorrente nella stessa annualità.
Quando al secondo motivo, si evidenzia che, valendo nella materia in argomento il
principio indennitario, sfuggono alla quantificazione dell’indennizzo quei pregiudizi
che, al di fuori della sofferenza derivante dalla carcerazione, già valutata in termini
di maggiore gravità rispetto ai parametri ordinari in ragione delle particolari

forza dell’attività commerciale svolta, sono riconducibili alla vicenda giudiziaria in sé
considerata, piuttosto che ai suoi risvolti in termini di privazione della libertà
personale.
4.In base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato. Ne consegue per il
ricorrente l’onere del pagamento delle spese processuali. Spese compensate nei
confronti dell’Avvocatura Generale dello Stato, in ragione dello scarso contributo
offerto alla ricostruzione dei fatti.
P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Spese compensate tra le parti.
Così deciso in Roma il 22 ottobre 2013.

conseguenze negative sul piano individuale e economico subite dal ricorrente in

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