Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1536 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1536 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) CASSANO RAFFAELE ENZO N. IL 21/01/1961
avverso la sentenza n. 2332/2011 TRIBUNALE di BARI, del
05/09/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa il 5 settembre 2011, ai sensi dell’art. 444 cod. proc.
pen., il Tribunale di Bari ha applicato a Cassano Raffaele Enzo, imputato del
reato di cui all’art. 9 legge n. 1423 del 1956, commesso il 2 settembre 2011, la
pena concordata fra le parti di mesi otto di reclusione, concesse le circostanze
attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva e applicata la

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato,
che ne chiede l’annullamento, denunciando violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 599 cod. proc. pen. e
lamentando, in particolare, l’assoluta mancanza di motivazione in ordine alle
ragioni dell’espresso convincimento circa la congruità della pena e la correttezza
della comparazione delle circostanze concorrenti.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della
entità della pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del
trattamento concordato.
3. Nel caso di specie, il Giudice, nell’applicare la pena concordata, si è
adeguato all’accordo intervenuto fra le parti e ha escluso la sussistenza dei
presupposti per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi
dell’art.129 cod. proc. pen.

2

diminuente per la scelta del rito.

Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 6, n. 14563 del 02/12/2010,
dep. 12/04/2011, P.G. in proc. Manea, Rv. 250024), ed è immune dai denunciati
vizi, peraltro formulati in termini del tutto astratti e generici.
4. Il ricorso deve essere, quindi, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna

atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento – a favore della Cassa delle ammende – di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in euro 1.500,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2012

Il Consigliere estensore

Il Presidente

del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi

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