Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15325 del 07/02/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15325 Anno 2014
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: BARBARISI MAURIZIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TALIA LEO N. IL 10/03/1957
avverso il decreto n. 3021/2012 GIUD. SORVEGLIANZA di
L’AQUILA, del 11/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO
BARBARISI;

Data Udienza: 07/02/2014

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – Settima Sezione penale

Osserva
1. — Con decreto pronunciato in data 11 febbraio 2013, il Magistrato di Sorveglianza di L’Aquila dichiarava inammissibile l’istanza avanzata nell’interesse di Talia
Leo volta a ottenere la rimessione di debito di una pena pecuniaria.
2. — Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto
tempestivo ricorso per cassazione Talia Leo sollevando eccezione di incostituzionali-

3. — Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
L’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata in relazione all’art. 6 DPR n.
115/02 per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Cost. ancorché rilevante è manifestamente infondata sotto entrambi i profili evocati:
a) l’esecuzione della pena pecuniaria inflitta in dipendenza della commissione di
un reato e, pertanto per effetto di una condotta colposa o dolosa del soggetto attivo, non è in alcun modo riconducibile alla previsione del comma secondo dell’art. 3
della Cost;
b) palesemente destituito di fondamento è l’ulteriore assunto della lesione circa
la lesione della funzione rieducativa della pena per effetto del pagamento di una
sanzione pecuniaria.

È inoltre il caso di rammentare altro precedente di questa Corte che ha avuto
modo di ritenere sul punto che è manifestamente infondata, in riferimento agli artt.
3 e 27, comma 3, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 56 della
legge n. 354 del 1975 (cd. ordinamento penitenziario), nella parte in cui esclude la
remissione del debito per le pene pecuniarie, attesa la diversità sostanziale tra spese processuali e pene pecuniarie e considerata la ragionevolezza della mancata equiparazione del debito derivante dalle prime a quello per il pagamento delle seconde, che trae la sua ragion d’essere dall’esigenza di non vanificare la funzione
della pena e di non istituire una franchigia per il condannato che versi in disagiate
condizioni economiche, contrastante proprio con la finalità primaria assegnata alla
pena dall’art. 27, comma 3, della Costituzione (Cass., Sez. 1, 17 ottobre 2000, n.
3353, rv. 218040, Daddato).

Udienza in c.c.: 7 febbraio 2014 — Talia Leo — RG: 19702/13, RU: 60;

2

tà.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE -Settima Sezione penale

4. — Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
(Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in € 1.000,00

per questi motivi
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di € 1.000,00 (mille) in favore della
Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 7 febbraio 2014

on • Here esten ore

Il Presidente

(mille), ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

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