Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15265 del 13/12/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 15265 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MARINO VITO N. IL 04/04/1966
avverso la sentenza n. 2702/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 06/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;
Data Udienza: 13/12/2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata il 6 febbraio 2013 la Corte di appello di
Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Trapani,
in composizione monocratica, in data 11 aprile 2012, di condanna di Marino
Vito alla pena di anni due di reclusione, per due violazioni della misura di
prevenzione della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, commesse
il 2 marzo e il 10 aprile 2009, riconosciuta la continuazione tra le medesime
secondo, legge n. 1423 del 1956, ha ridotto la pena inflitta all’imputato ad
un anno ed un mese di reclusione, confermando nel resto la decisione
impugnata.
2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Marino personalmente il quale, con unico motivo, deduce l’erronea
applicazione della legge penale per non avere il giudice di merito rilevato la
mancanza dell’elemento psicologico -dolo- del delitto contestato, essendosi
l’imputato presentato con un lieve ritardo, imputabile a colpa e non a dolo,
nelle due occasioni contestate.
CONSIDERATO in DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato, avendo i
giudici di merito correttamente ravvisato l’elemento psicologico, integrato
dal dolo generico, delle violazioni contestate, non essendosi il Marino
presentato entro le ore 12, come prescrittogli, presso la stazione dei
Carabinieri di Paceco, bensì alle 17,20 il 2 marzo 2009 e alle 18,55 il 10
aprile 2009 senza giustificare i consistenti ritardi.
2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.
elvt
violazioni, ai sensi degli artt. 81, comma secondo, cod. pen. e 9, comma
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 13 dicembre 2013.