Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15259 del 13/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15259 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PIROMALLI GIUSEPPE N. IL 04/01/1945
avverso l’ordinanza n. 35/2012 CORTE APPELLO di MESSINA, del
14/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 13/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza deliberata il 14 febbraio 2013 la Corte di appello di
Messina, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto la domanda di
Pironnalli Giuseppe diretta ad ottenere l’applicazione della disciplina della
continuazione tra i reati giudicati con sentenze della Corte di assise di
appello di Reggio Calabria in data 11 agosto 2000 (irrevocabile il
25/05/2002), della Corte di appello di Reggio Calabria in data 13 aprile

Calabria in data 9 marzo 2005 (irrevocabile il 7/07/2006), rideterminando
la pena unica di anni ventitré di reclusione.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Piromalli tramite il difensore, avvocato Roberto Rampioni del foro di Roma,
il quale denuncia la nullità del provvedimento per erronea applicazione della
disciplina dell’art. 81 cod. pen. e per mancanza di motivazione.
Il giudice dell’esecuzione avrebbe determinato un aumento di undici
anni per i reati satellite sulla pena base di anni dodici di reclusione,
corrispondente alla sanzione più elevata inflitta al Piromalli per il delitto di
partecipazione ad associazione di tipo mafioso con il ruolo di “capo”, giusta
sentenza della Corte di assise di appello di Reggio Calabria in data 11
agosto 2000, senza offrire neppure un principio di motivazione al riguardo,
che, invece, si imponeva in relazione alla consistente entità dell’aumento
applicato.

3. A seguito dell’assegnazione del ricorso a questa sezione sulla base di
rilevata causa di inammissibilità, per motivi non consentiti nel giudizio di
legittimità, il ricorrente ha depositato memoria in data 28 novembre 2013
nella quale richiede la rimessione degli atti al Presidente della Corte per
l’assegnazione del ricorso ad una sezione ordinaria per insussistenza della
prospettata causa di inammissibilità.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché i vizi denunciati sono palesemente
insussistenti.
L’ordinanza impugnata con ampia e coerente motivazione, esente da
violazioni delle regole del diritto e della logica, dopo essersi diffusa
nell’illustrazione dell’unicità del disegno criminoso che lega i reati di

CI(

2001 (irrevocabile il 26/07/2001) e della Corte di assise di appello di Reggio

associazione per delinquere di tipo mafioso, tentate estorsioni
pluriaggravate, incendio doloso e violazioni della legge sulle armi, per i
quali il Piromalli è stato condannato, dedica un’intera sezione alla
determinazione della pena del riconosciuto delitto continuato, in cui
richiama puntualmente i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. nella
quantificazione degli aumenti per le violazioni satelliti, previa individuazione
del reato punito con la sanzione più elevata assunta come pena base.
In particolare, gli aumenti sono giustificati con riguardo alla gravità dei

intimidatrice, con grave pregiudizio economico e sociale arrecato alle
comunità sottoposte al predominio mafioso esercitato dal sodalizio diretto
dal Piromali; e con riguardo alla capacità a delinquere del ricorrente
desunta dai suoi precedenti per gravi fatti di criminalità organizzata col
ruolo di promotore ed organizzatore della propria ed altrui attività criminosa
in diversi contesti ambientali, territoriali e associativi.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche la condanna al versamento a favore della cassa delle
ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il
minimo ed il massimo previsti, in euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 13 dicembre 2013.

fatti discendente dalle loro modalità esecutive, indicative di un’elevata forza

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