Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15256 del 13/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15256 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IACONO SALVATORE N. IL 06/02/1968
avverso la sentenza n. 1295/2009 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 13/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 17 gennaio 2013 la Corte di appello di
Milano ha confermato la sentenza emessa il 15 dicembre 2008 dal Giudice
dell’udienza preliminare del Tribunale della sede con la quale Iacono
Salvatore era stato condannato, all’esito di giudizio abbreviato, alla pena di
mesi otto di reclusione per il reato di cui all’art. 9, comma 2, legge n. 1423
del 1956.

prescrizioni della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di
pubblica sicurezza, con l’obbligo di soggiorno, per essersi associato
abitualmente a persone che avevano subito condanne, come accertato in
San Donato Milanese il 19 maggio 2007.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Iacono, tramite il difensore, il quale denuncia mancanza e manifesta
illogicità della motivazione.
Il ricorrente premette la discrepanza esistente tra il capo di imputazione
che indica il reato come commesso il 19 maggio 2007 e altri incontri con
persone pregiudicate, avvenuti in date differenti, richiamati nella
motivazione della sentenza, precisando che il tema d’accusa deve essere
circoscritto al solo episodio del 19 maggio 2007.
Tale fatto non integrerebbe il delitto contestato per mancanza sia
dell’elemento oggettivo che di quello soggettivo.
La violazione del divieto di associarsi abitualmente a persone
pregiudicate postula, infatti, una frequentazione abituale e non un isolato
ed occasionale incontro.
Aggiunge il ricorrente che, il 19 maggio 2007, non sarebbe stata
identificata la persona in compagnia del prevenuto, sicché non potrebbe
affermarsi con certezza che si trattasse del pregiudicato Perfumo.
In ogni caso, pur considerando anche gli altri episodi richiamati dai
giudici di merito, essi non attesterebbero una frequentazione abituale,
essendo avvenuti in ampio lasso di tempo (due anni).

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile in parte perché manifestamente infondato,
in altra parte perché generico.

L’imputato è stato ritenuto responsabile della violazione delle

1.1. Riguardo all’affermazione del ricorrente secondo la quale il fatto
contestato sarebbe limitato all’episodio del 19 maggio 2007, in cui il Iacono
fu sorpreso con persona indicata come Perfumo Francesco, pregiudicato,
donde la non corrispondenza tra contestazione e sentenza che richiama
anche altre violazioni della medesima prescrizione, trattasi di rilievo
manifestamente infondato, poiché il dibattito processuale, sulla base degli
atti del fascicolo del pubblico ministero, avendo l’imputato optato per il
giudizio abbreviato, ha avuto per oggetto altri quattro episodi di accertato

allorché fu sorpreso in compagnia di Bonalumi Maurizio, cognato,
pluripregiudicato; il 2/02/2006 allorché fu sorpreso con Donnarumma
Salvatore, con precedenti per associazione a delinquere finalizzata alla
commissione di delitti contro il patrimonio; il 3/02/2006 e l’11/03/2006
allorché fu controllato col predetto Perfumo, così come il 19/05/2007 (c.f.r.
sentenza di primo grado, pag. 2, che elenca tutti gli episodi riportati
nell’informativa di reato).
In proposito, questa Corte ha già avuto modo di affermare che, ai fini
della valutazione di corrispondenza tra pronuncia e contestazione di cui
all’art. 521 cod. proc. pen., deve tenersi conto non solo del fatto descritto in
imputazione, ma anche di tutte le ulteriori risultanze probatorie portate a
conoscenza dell’imputato e che hanno formato oggetto di sostanziale
contestazione, sicché questi abbia avuto modo di esercitare le sue difese sul
materiale probatorio posto a fondamento della decisione (c.f.r., tra le molte,
Sez. 6, n. 47527 del 13/11/2013, dep. 29/11/2013, Guglielmi, Rv.
257278).
E, nel caso di specie, è indubbio che tutti gli incontri vietati, secondo la
tesi accusatoria, sono stati portati a conoscenza dell’imputato, il quale ha
avuto la possibilità di esercitare la sua difesa al riguardo, come di fatto
avvenuto sulla base di quanto riportato in entrambe le sentenze di merito.
Quanto alla contestata inesistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo
del delitto contestato e al vizio di motivazione al riguardo, trattasi di
censura del tutto generica a fronte di una motivazione della sentenza di
appello puntuale e coerente, la quale, conformemente alla prima decisione,
opera corretta interpretazione ed applicazione della norma incriminatrice,
precisando che l’abitualità della frequentazione va rapportata alla
pericolosità della persona sottoposta alla misura di prevenzione, sicché
assumono rilevanza frequentazioni anche non assidue purché significative,
come ritenuto nel caso di specie, del volontario mantenimento di rapporti
criminali da parte del prevenuto, essendo irrilevante il grado di parentela o
2

)

Cjde

trattenimento del Iacono con persone pregiudicate: il 15 settembre 2005

di affinità con le persone frequentate che abbiano precedenti penali o siano
sottoposte a misure di prevenzione e/o sicurezza.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità, che preclude la rilevanza della
prescrizione del reato per gli episodi più remoti (15/09/2005, 2/02/2006,
3/02/2006 e 11/03/2006), compiutasi solo dopo la pronuncia della sentenza
qui impugnata (conforme: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000,
De Luca, Rv. 217266), consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc.

mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la
condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo ed il
massimo previsti, in euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 13 dicembre 2013.

pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in

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