Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15254 del 13/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15254 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

Data Udienza: 13/12/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VETERE WILMA N. IL 23/10/1956
avverso la sentenza n. 138/2009 TRIB.SEZ.DIST. di GALLIPOLI, del
13/10/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

cr

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 13 ottobre 2011 il Tribunale di Lecce,
sezione distaccata di Gallipoli, ha condannato Vetere Wilma alla pena di
euro 300 di ammenda per i reati, unificati nella continuazione, di cui agli
artt. 659 e 674 cod. pen., perché, nella qualità di proprietaria di diversi
cani, detenuti in precarie condizioni igienico-sanitarie sul terrazzo della
propria abitazione, versava in luogo di pubblico transito le deiezioni degli

piovane, si depositavano sulla pubblica via, in prossimità degli accessi delle
abitazioni vicine, con contestuale diffusione di esalazioni nauseabonde
nell’area circostante, e, inoltre, disturbava le occupazioni e il riposo delle
persone (vicini di casa e residenti nell’area circostante) non impedendo il
continuo abbaiare dei propri cani anche in orario notturno; in Galatone, dal
3 luglio 2007 al 29 settembre 2008.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la
Vetere tramite il difensore di fiducia, il quale deduce i seguenti motivi.
2.1. Violazione dell’art. 420-ter cod. proc. pen. per omesso
apprezzamento del legittimo impedimento dell’imputata a partecipare al
dibattimento.
2.2. Insussistenza del reato di cui all’art. 674 cod. pen. e difetto di
motivazione sulla riconosciuta responsabilità dell’imputata anche per
mancata valutazione delle prove a suo favore.
2.3. Errata valutazione di precedenti giurisprudenziali con riguardo al
reato di cui all’art. 674 cod. pen.
2.4. Errata, illogica e contraddittoria valutazione degli elementi istruttori
in merito al reato di cui all’art. 659 cod. pen.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo è manifestamente infondato, poiché il Tribunale,
dopo aver dato atto della costante presenza dell’imputata nelle udienze del
22/04/2010, 20/05/2010, 8/07/2010 e 9/12/2010, e precisato di aver
rinviato la trattazione della causa, per legittimo impedimento della Vetere
determinato da motivi di salute, nelle udienze del 24/03/2011 e
15/09/2011, ha giustificato, in modo esauriente e coerente con le risultanze

animali che dal lastricato solare, attraverso il canale di scolo delle acque

di causa, la negazione di ulteriore rinvio dell’udienza dell’11/10/2011 poiché
in essa non era stato esibito alcun certificato medico attestante un attuale
impedimento assoluto dell’imputata, la quale, in quella data, non risultava
ricoverata in ospedale, emergendo soltanto che avrebbe dovuto sottoporsi
ad un intervento chirurgico per la sostituzione della valvola mitralica,
peraltro non indicato come immediato ed urgente, donde la coerente
esclusione di condizioni fisiche allarmanti della Vetere tali da configurare un
assoluto impedimento alla sua partecipazione al dibattimento.

istruzione dibattimentale, proponendo valutazioni delle prove raccolte
difformi da quelle sostenute dal Tribunale con motivazione non
manifestamente illogica né contraddittoria e, neppure, carente su aspetti
decisivi della vicenda, sono inammissibili perché non consentiti nel giudizio
di legittimità.
1.3. Il terzo motivo è manifestamente infondato perché del tutto
generico nel richiamo della giurisprudenza con la quale contrasterebbe la
decisione adottata con riferimento all’art. 674 cod. pen.

2. Alla dichiarazione di inammissibilità, che preclude la rilevanza della
prescrizione del reato compiutasi solo dopo la pronuncia della sentenza qui
impugnata (conforme: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, De
Luca, Rv. 217266), consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc.
pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e,
in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la
condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo ed il
massimo previsti, in euro mille.

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 13 dicembre 2013.

1.2. Il secondo e il quarto motivo, che ripercorrono tutta la laboriosa

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