Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15239 del 13/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15239 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CALVIO MATTEO N. IL 22/07/1957
avverso la sentenza n. 1245/2005 CORTE APPELLO di BARI, del
27/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZE!;

Data Udienza: 13/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza pronunciata il 27 settembre 2012 la Corte di appello di
Bari, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Foggia, sezione
distaccata di Cerignola, in data 10 maggio 2005, che aveva dichiarato non
doversi procedere nei confronti di Calvio Matteo in ordine al reato di
detenzione di arma comune da sparo, commesso il 12 ottobre 1997, previo
riconoscimento della diminuente di cui all’art. 5 della legge n. 895 del 1967

12 ottobre 2002, ha escluso, in accoglimento dell’appello proposto dal
Procuratore generale, l’estinzione del reato, operando il termine massimo di
quindici anni non ancora decorso anche al tempo della pronuncia d’appello;
e, per l’effetto, riconosciuta la penale responsabilità dell’imputato,
confermate la diminuente e le attenuanti suddette, ha condannato il Calvio
alla pena di mesi otto di reclusione ed euro quattromila di multa, senza
sospensione condizionale, poiché il precedente specifico a carico
dell’imputato non consentiva di formulare una prognosi a lui favorevole tale
da giustificare la concessione del beneficio per la seconda volta.

2. Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Calvio tramite il difensore di fiducia, il quale deduce la nullità della sentenza
per violazione di legge e, in particolare, per la mancata applicazione della
prescrizione di cui agli artt. 157 e 160 cod. pen., confutando altresì l’entità
della pena che non avrebbe considerato i parametri indicati nell’art. 133
cod. pen. a favore dell’imputato.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile perché formula censura del tutto generica,
che non esprime alcuna critica della puntuale motivazione della sentenza
impugnata in punto di non compiutasi prescrizione del reato, calcolata nella
durata massima di quindici anni in applicazione della precedente normativa,
risultando la sentenza di primo grado emessa il 10/05/2005, prima della
sostituzione dell’art. 157 cod. pen., a decorrere dall’8/12/2005, giusta legge
5/12/2005, n. 251 (art. 6).
Quanto alla doglianza in tema di trattamento sanzionatorio, essa si
risolve in una confutazione di puro merito non consentita in questa sede.

l

e delle attenuanti generiche, perché estinto per prescrizione intervenuta il

2. Alla dichiarazione di inammissibilità, che preclude la rilevanza della
prescrizione del reato compiutasi solo dopo la pronuncia della sentenza qui
impugnata (conforme: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, De
Luca, Rv. 217266), consegue, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la
condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una

massimo previsti, in euro mille.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 13 dicembre 2013.

sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo ed il

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