Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15231 del 13/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 15231 Anno 2014
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BRAHJA ALTIN N. IL 02/06/1982
avverso l’ordinanza n. 4466/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
FIRENZE, del 24/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 13/12/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 24 gennaio 2013 il Tribunale di sorveglianza di
Firenze ha respinto l’opposizione proposta da Brahja Altin, cittadino
albanese, avverso il provvedimento di espulsione, a norma dell’art. 16,
comma 5, d.lgs. n. 286 del 1998, con succ. mod., emesso nei suoi confronti
dal Magistrato di sorveglianza di Siena in data 4 dicembre 2012.
A ragione della decisione il Tribunale ha osservato la genericità dei

Italia della sua famiglia ed esposizione a pericolo mortale in caso di ritorno
in Albania per essere la sua famiglia coinvolta in sanguinosa faida da molti
anni) e, comunque, la loro inidoneità a rimuovere i presupposti della
disposta espulsione come misura alternativa alla pena in espiazione per il
delitto non ostativo di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, residuando una
pena inferiore ad anni due e non essendo il Brahja, compiutamente
identificato, provvisto di permesso di soggiorno (non rinnovatogli a causa
del delitto commesso).

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Brahja personalmente, il quale denuncia l’inosservanza ovvero l’erronea
applicazione della legge penale e la mancanza e manifesta illogicità della
motivazione.
Osserva il ricorrente di aver acquisito, successivamente all’ordinanza
impugnata, la documentazione attestante la faida familiare in cui sarebbe
coinvolto in caso di rientro nel suo paese e lamenta che, in Albania, gli
sarebbe impedito l’esercizio delle libertà democratiche; aggiunge di avere
un altro procedimento penale a suo carico, tuttora pendente davanti a
questa Corte di cassazione, con limitazione del suo diritto di difesa in caso
di espulsione.

CONSIDERATO in DIRITTO

1. Il ricorso, manifestamente infondato, è inammissibile.
La pretesa faida familiare, non tempestivamente documentata davanti al
Tribunale e non valutabile nel merito da questa Corte, è inidonea a far
venire meno i presupposti su cui il Magistrato, prima, e il Tribunale, poi,
hanno legittimamente disposto e confermato l’espulsione, né risulta la
pendenza di procedura di riconoscimento dello “status” di perseguitato
1

motivi di opposizione (permanenza in Italia da dodici anni, presenza in

dinanzi all’apposita Commissione contestualmente al procedimento di
opposizione all’espulsione davanti al Tribunale di sorveglianza, con il
conseguente obbligo di accertamento incidentale del detto “status” da parte
dello stesso Tribunale (Sez. 1, n. 41368 del 14/10/2009, dep. 28/10/2009,
Baddadi Ramzi, Rv. 245064).
Quanto all’allegata pendenza di altro processo penale e alla limitazione
del diritto di difesa dell’istante in quel processo, ove fosse eseguita
l’espulsione, trattasi di allegazione proposta per la prima volta in questa

2. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento di una somma, che si stima equo
determinare tra il minimo e il massimo previsti in euro 1.000,00 (mille/00),
a favore della cassa delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 13 dicembre 2013.

sede e del tutto generica.

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