Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15215 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15215 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALMIERI MASSIMILIANO N. IL 25/02/1972
avverso l’ordinanza n. 9/2013 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 24/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
lette/sentite le conclusioni d l PG Dott.

Uditi di nsor Avv.;

Data Udienza: 13/12/2013

Letta la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del
dr.Vincenzo Geraci che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato
inammissibile.

Osserva

Palmieri Massimiliano, in data 8.1.2013, riceveva dal proprio difensore

di fiducia (di allora) avv.Vitantonio Conteduca una raccomandata nella
quale il difensore lo informava di non aver potuto depositare l’appello contro
la sentenza 211/11 del Tribunale di Taranto, che peraltro non gli era stata
mai notificata, poiché all’epoca si trovava in gravissime condizioni di salute,
di aver fatto istanza di remissione in termini per proporre appello e che
l’istanza medesima gli era stata però rigettata.
In data 10.1.2013, anche il Palmieri chiedeva la restituzione in termini
per la proposizione dell’appello avverso la sentenza del Tribunale di Taranto
con cui lo stesso era stato condannato alla pena di mesi sette di reclusione ed
euro 350,00 di multa per un duplice episodio di truffa e falso in scrittura
privata ex artt.640 e 485 c.p.
La Corte d’Appello di Lecce, Sezione di Taranto, con ordinanza del
24.1.2013, dichiarava inammissibile l’istanza richiamando le argomentazioni
già svolte con ordinanza del 3.5.2012 (non impugnata), integralmente
riportata, in ordine all’impossibilità di riconoscere nella malattia
dell’avv.Conteduca la sussistenza del caso fortuito richiesto dalla legge, e
rilevando poi l’evidente negligenza del Palmieri. Aggiungeva poi la Corte
che era del tutto inverosimile che il Palmieri fosse venuto a conoscenza di
tutte le vicende rappresentate solo in data 8.1.2013, e che l’avv.Conteduca era
a conoscenza del provvedimento di rigetto dell’istanza da lui proposta ben
prima del 22.11.2012, allorchè era stata reiterata la notifica del
provvedimento di rigetto dell’istanza nei suoi confronti.
i

Avverso tale provvedimento, ricorre per Cassazione il difensore di
Palmieri Massimiliano, deducendo l’erronea applicazione degli artt.175 c.p.p.
e 6 CEDU ai sensi dell’art.606 co.1 lett.b) e c) c.p.p. L’istanza di restituzione in
termini avanzata dal Palmieri è stata erroneamente dichiarata inammissibile.
La Corte di appello è incorsa in una evidente confusione tra il ruolo del

difensore e quello della parte; è poi assolutamente opinabile ritenere che il
Palmieri non sia stato diligente e non si sia informato – per sua colpa – del
processo.
Conclude pertanto per l’annullamento del provvedimento.

Motivi della decisione

1. La Corte d’Appello di Lecce, dopo aver evidenziato che alla lettura
della sentenza era presente il difensore avv.Conteduca, e che l’imputato,
libero assente, era perfettamente a conoscenza del processo a suo carico,
sicchè il suo comportamento andava ritenuto negligente, incombendo su di
lui l’onere di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico difensivo, ha
dichiarato l’istanza inammissibile ribadendo quanto già affermato nella
precedente ordinanza circa l’impossibilità di riconoscere nella malattia
dell’avv.Conteduca la sussistenza del caso fortuito.
2. A sostegno dell’impugnazione è stato addotto un unico motivo con il
quale si deduce la nullità dell’ordinanza impugnata sul rilievo che essa non
ha considerato che l’imputato prima dell’8.1.2013 non era stato edotto
dell’omissione del difensore, causata da grave malattia, e che tale circostanza
integra l’ipotesi di “caso fortuito”.
Il motivo è manifestamente infondato, ed il ricorso va dichiarato
inammissibile.

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3.

Secondo l’indirizzo interpretativo assolutamente prevalente

affermatosi nella giurisprudenza di questa Corte, cui il Collegio ritiene di
aderire condividendo le argomentazioni addotte a sostegno, il mancato o
inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico di
partecipare al processo e di proporre impugnazione, a qualsiasi causa

ascrivibile, non è idoneo a realizzare l’ipotesi di caso fortuito o forza
maggiore che legittimano la restituzione in termini ne’, in caso di sentenza
contumaciale, quella dell’assenza di colpa dell’imputato nel non avere avuto
effettiva conoscenza del provvedimento ai fini della tempestiva
impugnazione poiché incombe all’imputato l’onere di scegliere un difensore
professionalmente valido e di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico
conferito (in tal senso, v. Cass. Sez.IV, n. 20655/2012 Rv. 254072; Sez.II, n.
18886/2012 Rv.252812; Sez.I, n. 1801/2012 Rv. 254211; Sez.V, sent.n.
43277/2011 Rv.251695; Sez.II, n. 49179/2003 Rv. 227696; Sez.II, n. 12922/2007
Rv. 236389; Sez.II, n. 48243/2003 Rv. 227085; Sez.I, n. 25905/2001 Rv. 219106.
Nell’unico precedente di senso contrario (v.Cass.Sez.VI, n. 35149/2009 Rv.
244871), citato anche nel provvedimento impugnato, questa Corte ha
annullato con rinvio il provvedimento impugnato al fine di accertare la
sussistenza o meno del “caso fortuito”, in un caso invero singolare – e ben
diverso da quello in esame – in cui l’imputato aveva reiteratamente
presentato una dichiarazione di appello all’ufficio matricola della casa
circondariale ove si trovava ristretto, riservando i motivi al difensore di
fiducia che l’aveva assistito in primo grado, motivi però non presentati dal
difensore che aveva – secondo l’imputato ricorrente – erroneamente ritenuto
che non fossero ancora decorsi i termini di impugnazione).
4. L’art. 175, comma primo, c.p.p. stabilisce che il pubblico ministero, le
parti private e i difensori sono restituiti nel termine per proporre
impugnazione stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto
osservare per caso fortuito o forza maggiore, e che tale previsione ha una sua
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autonomia rispetto a quella contenuta nel comma successivo, e subordina la
restituzione nel termine alla prova dell’impedimento dovuto a caso fortuito o
forza maggiore.
Secondo l’insegnamento di questa Corte (v. Cass.Sez. Un. 11 aprile
2006, n. 14991), costituisce causa di forza maggiore quel fatto umano o

naturale al quale non può opporsi una diversa determinazione volitiva e che,
perciò, è irresistibile, mentre il caso fortuito è un dato della realtà
imprevedibile e che soverchia ogni possibilità di resistenza e di contrasto;
connotazione comune ad entrambi è la inevitabilità del fatto, mentre ciò che
caratterizza il caso fortuito è la sua imprevedibilità, e nota distintiva della
forza maggiore è l’elemento della irresistibilità.
5. Tanto premesso, rileva il Collegio che l’interpretazione letterale
dell’art. 175, comma 1, cod. proc. pen. evidenzia la necessità di tenere distinte
la posizione dell’imputato da quella del suo difensore e, quindi, di attribuire
rilievo all’assenza di diligenza non solo del legale, ma anche del suo assistito,
sul quale grava non solo l’onere di effettuare, compatibilmente con le
contingenze e le scansioni temporali del procedimento, una scelta ragionata
del difensore, ma anche di controllare l’esatto adempimento del mandato
difensivo e di adottare tutte le cautele imposte dalla normale diligenza per
vigilare sull’esatta osservanza, da parte del legale, dell’incarico a lui
conferito. La nomina di un difensore di fiducia non può, infatti, giustificare in ogni caso – la mancata attivazione dell’imputato in vista della diretta
acquisizione di notizie sullo stato del procedimento, essendo connaturato al
particolare rapporto fiduciario che lo lega al professionista il diritto-dovere
dell’assistito di rappresentare carenze nell’effettivo esercizio del diritto di
difesa, di chiedere chiarimenti sullo svolgimento della procedura e sulla
strategia difensiva.
La stessa giurisprudenza Cedu, in ordine all’effettività o meno
dell’espletamento dei diritti di difesa, allorchè le carenze difensive siano
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manifeste, considera “ineffettiva” la difesa solo dopo avere giudicato il
processo nel suo complesso, e non con riferimento ad un singolo atto.
A ciò aggiungasi, infine, che il principio costituzionale di ragionevole
durata del processo impone un onere di diligenza delle parti, onere gravante
sia sul difensore, che deve essere tecnicamente preparato, che sull’imputato,

il quale non può nominare un legale e disinteressarsi del processo, ma è
chiamato, pur dopo il conferimento del mandato fiduciario, a vigilare
sull’operato del professionista soprattutto nei momenti più significativi come
quello dell’ impugnazione.
Ne consegue che il mancato o inesatto adempimento da parte del
difensore di fiducia dell’incarico di proporre impugnazione, a qualsiasi causa
ascrivibile, consiste in una falsa rappresentazione della realtà, invero
vincibile mediante la normale diligenza ed attenzione, e quindi, come
ritenuto dalla giurisprudenza assolutamente prevalente sopra citata, non è
idoneo ad integrare le ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore che si
concretano invece in forze impeditive, non altrimenti vincibili e che
escludono ogni possibilità di resistenza e di contrasto.
Nè può essere escluso, in via presuntiva, la sussistenza di un onere
dell’assistito di vigilare sull’esatta osservanza dell’incarico conferito, nelle
ipotesi in cui il controllo sull’adempimento defensionale non sia impedito al
comune cittadino da un complesso quadro normativo. Non essendo stata
fornita alcuna prova parte dell’imputato di non aver potuto osservare il
termine previsto per proporre impugnazione per caso fortuito, o forza
maggiore, correttamente l’istanza è stata dichiarata inammissibile.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
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somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

Così deliberato, in camera di consiglio il 13.12.2013

spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.

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