Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15213 del 21/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15213 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

Data Udienza: 21/03/2014

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ROMA
ORPUTI MAURIZIO N. IL 28/01/1957
nei confronti di:
ACQUAVIVA RICCARDO N. IL 10/07/1972
avverso la sentenza n. 6496/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
27/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
Udito il Procuratore Gpnerale in p, eysona del Dott. fIALN3 &LU-‘
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che ha concluso per

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 27 giugno 2013, la Corte di appello di Roma, 2^ sezione
penale, in riforma della sentenza del Tribunale in sede ha assolto per insussistenza
del fatto l’ appellante Acquaviva Riccardo dall’ imputazione di truffa in danno di
Maurizio Orputi al quale consegnava in sostituzione di assegno bancario dell’
importo di C 5.000,00 altro assegno post-datato al 15.4.2007 con importo in cifre di
C. 5.000,00 ed in lettere di C 5,00.
La Corte territoriale riteneva che, in difetto di prova dell’ intenzionalità della diversa

configurarsi una condotta omissiva in riferimento alla somma dovuta, inidonea ad
integrare un raggiro apprezzabile penalmente.
Contro tale decisione hanno proposto tempestivi ricorsi il Procuratore Generale e la
parte civile, a mezzo del difensore, che ne hanno chiesto l’ annullamento per i
seguenti motivi:
1) il Procuratore Generale: – contraddittorietà della motivazione e “stravolgimento
del fatto” perché, tenuto conto della condotta successivamente serbata (rifiuto di
correggere l’ assegno ovvero di emetterne uno nuovo in sostituzione), risulta
improponibile la tesi di errore scusabile;
2) la parte civile, a mezzo del difensore avv. Alberto Bonu: – erronea applicazione
degli artt. 495 e 526 cod. proc. pen. in ordine al mancato esame delle prove
raccolte ex art. 606 c. 1 lett. b) cod. proc. pen. nonché contraddittorietà della
motivazione ex art. 606 c. 1 lett. e) cod. proc. pen. rispetto alli escussione del teste
Maurizio Orputi nonché rispetto alla denuncia-querela e ai documenti ad essa
allegati, avendo la Corte di appello omesso di considerare che l’ imputato non ha
provveduto ad emettere un nuovo assegno in sostituzione di quello sbagliato,
nonostante le reiterate richieste anche scritte; – mancanza di motivazione in
riferimento alla valutazione delle prove acquisite in primo grado comprovanti l’
intenzionalità della condotta per non avere la sentenza impugnata provveduto a
confutare le ragioni poste a fondamento della diversa valutazione formulata con la

indicazione degli importi in cifre ed in lettere, a carico dell’ imputato poteva

sentenza del primo giudice.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi sono fondati.
La Corte territoriale, dato conto che la condotta oggetto di imputazione è stata
posta in essere nella fase di esecuzione di un rapporto di debito/credito
intercorrente tra le parti, è pervenuta alli opposto convincimento dopo aver posto in
evidenza la deposizione del teste Gismat Massimo, la cui attestazione di essere
stato “saldato completamente” è però ininfluente, perché attiene al rapporto fra
questi e Orputi. Gismat aveva avuto in pagamento l’ assegno per cui è processo,

4,

ma si era avveduto della difformità dell’ indicazione in lettere rispetto a quella in
cifre e quindi avere restituito il titolo a Orputi, il quale successivamente estingueva
il suo debito con altro assegno. È proprio in conseguenza di ciò che Orputi (che fino
a quel momento non si era accorto di nulla) si è rivolto ad Acquaviva e gli ha
chiesto di regolarizzare la sua posizione. Il Tribunale aveva valorizzato la
testimonianza della persona offesa in funzione della condotta pervicacemente
dilatoria serbata dall’ imputato successivamente alla richiesta di correggere la

dimostrativa della callidità serbata al momento della redazione delle scritture di
riempimento, ben descritta anche nel capo d’ imputazione. Tali passaggi
argomentativi non sono stati oggetto di alcuna considerazione da parte della Corte
territoriale, che si è limitata ad affermare la mancanza di elementi idonei a
dimostrare l’ intenzionalità dell’ impropria modalità di redazione delle scritture di
riempimento del titolo consegnato, dopo aver ottenuto la restituzione di assegno di
analogo importo (corrispondente sia in lettere che in cifre) la cui scadenza era
imminente.
Va ribadito che il giudice di appello che riformi la decisione di condanna di primo
grado, nella specie pervenendo a una sentenza di assoluzione, non può limitarsi a
prospettare notazioni critiche di dissenso alla pronuncia impugnata, dovendo
piuttosto esaminare, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo
giudice e quello eventualmente acquisito in seguito per offrire una nuova e
compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni assunte
(ex plurimis Cass. Sez. 6, 8.10.2013 n. 46742).
La sentenza deve in conseguenza essere annullata, con rinvio ad altra sezione della
Corte di appello di Roma che, nella piena libertà di valutazione propria del giudice di
merito, proceda a nuovo giudizio (anche ai fini della eventuale liquidazione delle
spese sostenute dalla parte civile in questo grado di legittimità) attenendosi al
principio di diritto enunciato.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di
Roma per nuovo giudizio.
Rimette al giudice del rinvio la liquidazione delle spese sostenute in questo grado
dalla parte civile.

scrittura in lettere ovvero di redigere un altro assegno, condotta valutata come

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