Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15209 del 21/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15209 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: CASUCCI GIULIANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ROSSONI MARIO N. IL 20/01/1951
avverso la sentenza n. 649/2012 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
22/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI
N „
Udito il Procuratore Generale in persona ,41 Dott. (ukrba by
che ha concluso per
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Avv
Udito, per la parte civile, l’ z
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Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 21/03/2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 31 luglio 2012, la Corte di appello di L’ Aquila, sezione penale,
confermava la sentenza del Tribunale di Pescara appellata da Rossoni Mario, con la
quale questi era stato dichiarato colpevole del reato di cui all’ art. 648 cod. pen.
per aver ricettato assegno bancario tratto sulla Cassa di Risparmio di Chieti
provento di furto commesso in epoca anteriore al 17.5.2002 ed era stato
condannato, ritenuta l’ ipotesi attenuata di cui al capoverso dell’ art. 648 cit., alla

La Corte territoriale, escluso che fosse maturato il termine di prescrizione in ragione
della sospensione dei termini di cui al di. n. 39/2009, confermava l’ insussistenza
dei presupposti per escludere la consapevolezza dell’ illecita provenienza del titolo e
per riconoscere le attenuanti della particolare tenuità del danno, del risarcimento
sello stesso e delle generiche.
Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’ imputato, a mezzo del
difensore, che ne ha chiesto l’ annullamento per i seguenti motivi: – violazione e
falsa applicazione degli artt. 2 c. 3, 157, 158, 159, 160 cod. pen. per avere
erroneamente ritenuto la pendenza in grado di appello del procedimento in esame
fin dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado da parte del Tribunale di
Pescara (25.2.2009), anziché dalla data di presentazione dell’ atto di appello
(26.10.2009) che, in quanto successiva al periodo di sospensione dei termini (dal
6.4 al 31.07.2009) per gli eventi sismici che avevano interessato la zona di L’
Aquila, non poteva comportare il conteggio del citato periodo di sospensione ai fini
della decorrenza della prescrizione; – violazione di legge con riferimento alla
mancata concessione dell’ attenuante di cui all’ art. 62 n. 6 cod. pen. e vizio di
motivazione per avere la sentenza impugnata escluso la ricorrenza dei presupposti
per il riconoscimento della citata attenuante al rilievo che il risarcimento era stato
effettuato da terzi e non personalmente dalli imputato, senza accertare se esso era
avvenuto in suo conto e nome; – estinzione del reato comunque per sopravvenuta

pena di un anno di reclusione e duecento euro di multa.

prescrizione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
Il comma 5 dell’ art. 5 del d.l. 24.9.2009 n. 39 così recita:

“Per il periodo e nei

comuni individuati ai sensi dell’ art. 1, sono sospesi i termini stabiliti per la fase
delle indagini preliminari, nonché i termini per proporre querela e sono altresì
sospesi i processi penali in qualsiasi stato e grado pendenti alla data del 6 aprile
2009.”
La sentenza impugnata ha interpretato come “pendente” in grado di appello presso
la Corte di appello di L’ Aquila, e quindi come pendente nel territorio comunale di L’

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Aquila, alla data del 6 aprile 2009 il presente processo sol perché il Tribunale di
Pescara aveva pronunciato la sentenza di primo grado il data 25.2.2009. A tale
scopo ha mutuato il canone ermeneutico elaborato dalla giurisprudenza di questa
Corte in materia di disciplina transitoria di cui all’ art. 10 della legge n. 251 del
2005, sintetizzabile nella massima della sentenza delle Sezioni unite 29.1.2009 n.
47008 secondo la quale “ai fini dell’applicazione delle disposizioni transitorie della
nuova disciplina della prescrizione, la pronuncia della sentenza di condanna di

regola della retroattività delle disposizioni più favorevoli”. Va rammentato, per
come risulta dalla lettura della motivazione della citata sentenza che la L. n. 251 del
2005, art. 10, – dopo avere fissato, al comma 1, l’entrata in vigore della nuova
legge nel giorno successivo alla sua pubblicazione ed avere sancito, al comma 2, la
non applicabilità ai procedimenti ed ai processi in corso della nuova disciplina,
qualora i termini di prescrizione risultassero più lunghi di quelli previgenti – recitava
testualmente, al comma 3: “Se per effetto delle nuove disposizioni, i termini di
prescrizione risultano più brevi, le stesse si applicano ai procedimenti ed ai processi
pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei
processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del
dibattimento, nonché dei processi già pendenti in grado di appello o avanti la Corte
di Cassazione”. La Corte Costituzionale con la sentenza 23.11.2006 n. 393 ha
dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale comma, limitatamente alle parole “dei
processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del
dibattimento, nonché”. Si è posto per l’ effetto il problema di stabilire, ai limitati fini
di delineare l’ ambito di applicazione della disciplina transitoria, quali processi
dovessero intendersi “già pendenti in grado di appello”, interpretazione che le
Sezioni Unite hanno ritenuto dover definire adottando un criterio di esclusione, vale
a dire i processi non più pendenti in primo grado cioè i processi già conclusi con la
pronuncia della sentenza di condanna in primo grado.
Tale canone ermeneutico deve ritenersi valido anche nel caso in esame.
Il riferimento alla norma dettata dall’ art. 5 comma 5 d.l.cit., che individua , ai fini
della sospensione dei termini, un diverso criterio, quello territoriale (“Per il periodo
e nei comuni individuati ai sensi dell’ art. 1…. sono altresì sospesi i processi penali,
in qualsiasi stato e grado pendenti alla data del 6 aprile 2009.”) deve ritenersi
superato in considerazione del fatto che la Corte territoriale ha dovuto formulare la
sua valutazione ai fini della verifica della sussistenza dell’ invocata prescrizione. In
conseguenza ha correttamente richiamato i principi interpretativi sopra indicati.
Nel frattempo tuttavia sono maturati i termini di prescrizione e quindi la sentenza
deve essere annullata senza rinvio. Gli altri motivi di ricorso restano assorbiti.

primo grado determina la pendenza del giudizio in appello e vale ad escludere la

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per

prescrizione.

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