Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1520 del 20/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 1520 Anno 2013
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) MASTROMARINO ONOFRIO N. IL 26/11/1980
avverso la sentenza n. 877/2008 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 09/05/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZEI;

Data Udienza: 20/11/2012

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 9 maggio 2011. la Corte di appello di Lecce, sezione
distaccata di Taranto, ha confermato la sentenza emessa il 15 aprile 2008
dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Taranto, con la quale
Mastromarino Onofrio era stato condannato alla pena di mesi quattro di
arresto per il reato di cui all’art. 2 legge n. 1423 del 1956, avendo fatto

provvedimento di rimpatrio del questore e foglio di via obbligatorio, in data
6, 7 e 14 marzo del 2007.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il
Mastromarino personalmente, il quale deduce quattro motivi: 1) violazione
di legge e vizio della motivazione in relazione alla sussistenza del reato
contestato per omessa motivazione del provvedimento di rimpatrio emesso
dal questore di Taranto; 2) violazione di legge e vizio della motivazione con
riguardo alla correttezza e all’adeguatezza della pena, poiché avrebbe
dovuto negarsi la rilevanza aggravatrice della recidiva ed escludersi la
relativa circostanza; 3) violazione di legge e vizio della motivazione in
relazione alla regola di affermazione della responsabilità oltre ogni
ragionevole dubbio; 4) violazione di legge e vizio della motivazione con
riguardo al diniego delle circostanze attenuanti generiche.
In data 14 novembre 2012 è pervenuta memoria del ricorrente in cui si
insiste nella denuncia dell’errata contestazione della recidiva e del
conseguente aumento di pena applicato, essendo il reato contestato di
natura contravvenzionale.

CONSIDERATO In DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo postula l’illegittimità del provvedimento di rimpatrio con
foglio di via obbligatorio del questore di Taranto, per asserita omessa
motivazione di esso, la quale non è mai stata denunciata nel corso del
doppio grado del giudizio di merito e, perciò, non è deducibile per la prima
volta in questa sede di legittimità.
Il secondo motivo è manifestamente infondato perché suppone la
contestazione, il riconoscimento e l’applicazione della circostanza
aggravante della recidiva, che non risulta invece contestata all’imputato,
pur avendo i giudici di merito legittimamente considerato, ai sensi dell’art.

rientro nel comune di Taranto, da cui era stato allontanato con

133 cod. pen., i numerosi, gravi e anche specifici precedenti penali del
Mastromarino in sede di determinazione dell’entità della pena inflitta.
Anche il terzo motivo è manifestamente infondato, avendo i giudici di
merito fondato l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato su dati
oggettivi di inequivocabile valenza, essendo stato il Mastromarino sorpreso
per ben tre volte nel comune di Taranto, dal quale era stato allontanato con
foglio di via obbligatorio del questore della stessa città, con la precisazione,
Imputabilità del prevenuto e che essa non poteva farsi discendere
automaticamente dal suo stato di tossicodipendenza.
Il quarto motivo, infine, è palesemente destituito di fondamento, poiché
le attenuanti generiche sono state motivatamente negate per i
numerosissimi precedenti penali, anche gravi, per delitti contro

il

patrimonio e per le sei condanne già subite dal Mastromarino per violazione
del foglio di via obbligatorio e per il reato di evasione.
Alla dichiarazione di inammissibilità, che preclude la rilevanza della
prescrizione del reato compiutasi solo dopo la pronuncia della sentenza
impugnata (conforme: Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, dep. 21/12/2000, De
Luca, Rv. 217266), consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del 2000), anche la
condanna al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare, tra il minimo ed il
massimo previsti, in euro mille.
P. Q. M.

Dichiara inammissibile li ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 20 novembre 2012.

in sentenza, che non era stata addotta alcuna prova della pretesa non

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