Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 152 del 27/11/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 152 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: MANNA ANTONIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da Onofrio Domenico,
avverso la sentenza 21.2.12 della Corte d’Appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione del Consigliere Dott. Antonio Manna;
udito il Procuratore Generale nella persona del Dott. Aldo Policastro, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore – Avv. Pietro Errigo -, che ha concluso per l’annullamento
dell’impugnata sentenza in virtù dei motivi di cui al ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza 21.2.12 la Corte d’Appello di Catanzaro confermava la condanna
emessa il 10.3.09 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di Domenico
Onofrio per il delitto di concorso in tentata estorsione continuata e aggravata ai
danni di Ottorino Prestia.
Tramite il proprio difensore l’Onofrio ricorreva contro la sentenza, di cui
chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti
dall’art. 173 co. 1° disp. att. c.p.p.:
a) nullità assoluta della sentenza, ai sensi dell’art. 178 lett. c) c.p.p., per
incertezza del capo d’accusa che, modificato rispetto all’originaria

Data Udienza: 27/11/2012

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imputazione (si era passati dall’ipotesi di delitto consumato a quella di
mero tentativo), risultava confuso, generico, impreciso nella data del fatto,
nel vincolo della continuazione e nel ruolo ascritto all’imputato;
b) motivazione incongrua e illogica del rigetto della richiesta di rinnovazione
dibattimentale per espletare una nuova perizia fonica intesa ad accertare
l’identità del colloquiante con la persona offesa di cui alla conversazione

c) vizio di motivazione sulla ricostruzione delle minacce rivolte alla persona
offesa, visto il tenore del verbale di ricezione della denuncia sporta dal
Prestia, nel quale nulla si diceva a carico del ricorrente;
d) insussistenza della minaccia addebitata all’Onofrio, atteso che l’unica
frase da lui sicuramente proferita non aveva alcun contenuto intimidatorio
e che la sua presenza in occasione dei fatti era meramente casuale,
occasionale ed inerte; quanto all’aggravante delle più persone riunite, essa
richiedeva la simultanea presenza di più concorrenti; in ordine
all’aggravante dell’arma, si trattava di condotta addebitabile al figlio del
ricorrente e di cui il padre era del tutto ignaro: in proposito, per altro, il
dato che emergeva dalla conversazione registrata era manipolato ed
inquinato dal filtraggio, sicché la voce, la presenza di due persone
(Onofrio padre e figlio) nonché l’attribuzione (eseguita dal perito) della
minaccia apparivano in contrasto con altre risultanze processuali.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1- Il motivo che precede sub a) è infondato perché, contrariamente a quanto
sostenuto dal ricorrente, il capo di imputazione è chiaro nel delineare una ripetuta
condotta estorsiva posta in essere dal ricorrente in concorso con i figli ai danni del
Prestia per costringerlo a non vendere legname a Marcedusa (CZ), località in cui
gli Onofrio pretendevano di operare in regime di monopolio. L’accusa è altresì
cLove”,
procta nel delineare precise coordinate anche temporali del fatto (fra il 21
settembre e il 10 ottobre 2006) e nell’evidenziare il ricorso a minacce anche a
mano armata da parte di uno dei concorrenti nel delitto, minacce avvenute in
presenza dell’odierno ricorrente.
Non si vede, dunque, quale attinenza abbia con il caso di specie il richiamo
all’art. 178 lett. c) c.p.p.; né è ipotizzabile violazione alcuna del principio di cui

registrata dallo stesso Prestia;

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all’art. 521 c.p.p., che può aversi solo ove il fatto storico – inteso nella sua realtà
fenomenica – ritenuto in sentenza si riveli completamente e radicalmente diverso,
tanto da fare riferimento ad elementi costitutivi del tutto estranei a quelli delineati
nel capo d’accusa, al punto che su di essi la difesa risulti essere stata
concretamente impedita o grandemente menomata (cfr., ad es., Cass. Sez. Il n.
47863 del 28.10.2003, dep. 15.12.2003; Cass. Sez. IV n. 5678 del 10.11.89, dep.

Non è questo il caso, come s’è visto.

2- Anche il motivo che precede sub b) è da disattendersi, atteso che esercitare o
meno il potere di cui all’art. 603 c.p.p. è frutto di scelta discrezionale e, in quanto
tale, non censurabile in sede di legittimità (cfr. Cass. Sez. V n. 26085 del
16.6.2005, dep. 14.7.2005; Cass. Sez. I n. 4177 del 27.10.2003, dep. 4.2.2004;
Cass. Sez. IV n. 45998 del 29.9.2003, dep. 28.11.2003; Cass. Sez. VI n. 33105
dell’8.7.2003, dep. 5.8.2003; Cass. Sez. VI n. 12539 del 12.10.2000, dep.
1 0 .12.2000) se congruamente motivata.
Nella vicenda in esame la Corte territoriale ha respinto la richiesta di rinnovare
la perizia fonica (espletata in prime cure sulla registrazione eseguita grazie al
bodycell che il Prestia portava con sé) perché il suo esito è stato avvalorato anche
dalle dichiarazioni della persona offesa, motivatamente giudicate lineari ed
attendibili.
L’espletamento stessa della perizia fonica disposta in primo grado — non
indispensabile quando l’attribuzione delle voci captate possa, come nel caso di
specie, ricavarsi aliunde (cfr., ex aliis, Cass. Sez. VI n. 18453 del 28.2.12, dep.
15.5.12; Cass. Sez. IV n. 16432 del 22.2.08, dep. 22.4.08) — dimostra il
particolare scrupolo istruttorio del Tribunale; per altro, si tratta di perizia neppure
infirmata da specifiche censure sulle metodiche applicate.

3- I motivi che precedono sub c) e d) — da esaminarsi congiuntamente perché
connessi – si collocano al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 606 c.p.p.
In essi sostanzialmente si svolgono mere censure sulla valutazione operata in
punto di fatto dai giudici del gravame, che con motivazione esauriente, logica e
scevra da contraddizioni hanno analiticamente ricostruito la vicenda e la sua
origine (la pretesa degli Onofrio di mantenere il monopolio della vendita di

20.4.90).

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legname a Marcedusa), le modalità delle ripetute minacce e le frasi proferite
all’indirizzo della persona offesa, l’attendibilità e la coerenza delle sue
dichiarazioni con quanto risultante dalla registrazione innanzi ricordata e con
l’esito dell’intervento delle forze dell’ordine.
In breve, il ricorso sollecita soltanto una nuova delibazione delle risultanze
istruttorie mediante approccio diretto agli atti, operazione non consentita in sede

4- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi. Consegue, ex art. 616 c.p.p., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, Seconda Sezione Penale,
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, in data 27.11.12.

di legittimità.

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