Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15199 del 20/03/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15199 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

Data Udienza: 20/03/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Pisanu Alessio Domenico, nato il 2.1.1984 avverso la
sentenza della Corte di appello di Cagliari, del 18.4.2013. Sentita la relazione
della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udite le conclusioni del
sostituto procuratore generale Eduardo Scardaccione, sul rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Cagliari ha parzialmente
confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Oristano in data 29.9.2009, di
condanna di Pisanu Alessio Domenico per il delitto di ricettazione di una carta
bancomat.
Nel ricorso, presentato a mezzo di difensore, si contesta violazione di legge
circa la qualificazione del fatto: trattandosi di rinvenimento di cosa smarrita, a
giudizio della difesa avrebbe dovuto applicarsi la disposizione dell’art. 647
cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1

Il ricorso è infondato.
Per una consolidata acquisizione giurisprudenziale, il ritrovamento e l’utilizzo
di un titolo di credito o di uno strumento di pagamento denunciato smarrito
dal legittimo proprietario integra il reato di furto o ricettazione e non quello di
appropriazione di cosa smarrita (art. 647 c.p.). Il concetto penalistico di “cosa
smarrita” implica infatti l’integrazione dei presupposti: che la cosa rinvenuta
sia uscita dalla sfera di sorveglianza del detentore; che, inoltre, sia per questi

luogo dove la stessa si trovi; che, infine, non vi siano sulla cosa medesima
segni esteriori tali da consentire di identificarne il legittimo possessore.
Dunque, per quanto qui maggiormente interessa in ragione della sentenza
impugnata e della critica mossa nel ricorso, nel caso di titoli di credito o carte
bancomat è sicuramente possibile risalire agevolmente al titolare del conto
corrente di riferimento. Non risulta pertanto integrato il terzo degli elencati
presupposti al fine della integrazione del concetto penalistico di “cosa
smarrita”.
Per questa ragione, una giurisprudenza ormai risalente stabilì che l’assegno in
bianco di conto corrente non può ritenersi cosa smarrita, agli effetti di cui
all’art. 647 c.p., contenendo chiari e intatti i segni esteriori pubblicistici di un
possesso legittimo altrui (Cass. sez. II, 26.10.1988); una giurisprudenza
meno risalente ha ribadito l’indirizzo con riguardo al caso dello smarrimento di
una tessera bancomat (cfr. Cass. sez. V, 22.9.1998, n. 11860).
La sentenza impugnata ha ribadito l’indirizzo di legittimità, che nel ricorso si
definisce illogico senza prospettare una critica fondata (svolgendosi in effetti
rilievi afferenti alla concezione civilistica di cosa smarrita, del tutto
trascendenti il piano penalistico qui rilevante).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Roma, li 20.3.2014
Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio

impossibile ricostruire la cosa in primitivo potere di fatto, per ignoranza del

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