Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15192 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15192 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
CATANZARO
MALIZIA LINA N. IL 26/09/1954
nei confronti di:
MAIURANO GIOVANNI N. IL 16/06/1972
avverso la sentenza n. 161/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 08/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Udito il Procuratore Generale i s ersona del Dott.
che ha concluso per

o, per la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 13/12/2013

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.
Carmine Stabile, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio,
della sentenza,
Udito il difensore dell’imputato Giovanni Maiurano avv. Francesco

Alessandro Caruso che ha concluso per il rigetto del ricorso del Procuratore
Generale.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 27.9.2011, il Tribunale di Cosenza dichiarò Maiurano
Giovanni responsabile del reato di tentata estorsione e concesse le attenuanti
generiche lo condannò alla pena di anni uno mesi due di reclusione ed €
200,00 di multa.
Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte
d’Appello di Catanzaro, con sentenza dell’8.1.2013, lo assolveva dal reato a
lui ascritto per non aver commesso il fatto.
Ricorre per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte
d’Appello di Catanzaro, deducendo l’errata interpretazione della legge
penale e mancanza e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi
dell’art.606 lett.b) e) c.p.p., e rilevando che la Corte ha erroneamente criticato
la sentenza di primo grado in quanto ha valorizzato le dichiarazioni della
parte offesa Malizia Lina, che ha riferito in merito al conflitto di interessi
insorto in relazione all’acquisto del terreno in questione, pur essendo gli
episodi del tutto neutri rispetto al fatto da provare. Invero, la corretta lettura
degli elementi acquisiti nel corso dell’istruzione dibattimentale porta a
concludere che la parte offesa ha nel tempo rappresentato una serie di
reiterati episodi intimidatori che, analizzati congiuntamente, sono
i

dimostrativi della penale responsabilità dell’imputato. Da ultimo, ad
ulteriore conferma della manifesta illogicità della motivazione occorre
rappresentare come i riferimenti alla “causa del Cetraro” e al “Giudice
Tucci”, contenuti nella seconda lettera minatoria, non possono essere
neutralizzati o addirittura invalidati per il fatto che, alla data di ricezione

della lettera, l’imputato aveva già ottenuto un provvedimento favorevole
nella fase cautelare.
Ricorre per cassazione il difensore della parte civile, deducendo la
mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione ai sensi
dell’art.606, co.1, lett. e) c.p.p. e rilevando, in particolare, che già in data 9
maggio 2005 era stato denunciato il rinvenimento di una prima lettera
minatoria recapitata in data 5.4.2005, e che nella denuncia veniva menzionato
l’imputato in modo diretto ed inequivocabile, in un momento storico in cui
non era stata neppure incardinata la causa per far valere il proprio legittimo
esercizio del diritto di prelazione, ed erano stati rappresentati una serie di
reiterati episodi intimidatori che non possono essere considerati neutri.
Chiedono pertanto entrambi l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Entrambi i ricorrenti, pur avendo formalmente denunciato l’erronea
applicazione della legge penale e il vizio di motivazione, hanno, tuttavia,
nella sostanza, svolto ragioni che costituiscono una critica del logico
apprezzamento delle prove fatto dal giudice di appello con la finalità di
ottenere una nuova valutazione delle prove stesse; e ciò non è consentito in
questa sede. Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una
diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la
cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito, senza che
possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione da parte del
2

ricorrente di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenuta più
adeguata (Cass., Sez. un., 2 luglio 1997, Dessimone); questo valendo, in
particolare, relativamente alla valenza dei mezzi di prova posti a fondamento
della decisione. La Corte d’Appello, con motivazione esente da evidenti vizi
logici, ha illustrato le ragioni per le quali ha ritenuto che gli elementi acquisiti

attraverso l’istruzione dibattimentale non siano sufficienti per affermare,
ogni oltre ragionevole dubbio, che l’odierno imputato sia l’autore della
missiva minatoria indicata nel capo di imputazione, con cui si minacciava di
morte la signora Malizia Lina, qualora si fosse presentata “alla causa della

Cetraro” , con l’aggiunta “sul giudice Tucci ho tutto il potere che voglio”,
evidenziando la neutralità rispetto al fatto da provare degli episodi narrati
dalla Malizia e l’assenza di elementi certi che consentano di attribuire al
Maiurano l’iniziativa del tenore estorsivo. L’unico elemento rilevante
rimarrebbe la causale, ovvero l’espresso riferimento contenuto nella lettera
alla “causa della Cetraro” e alla dottoressa Tucci, g.o.t. presso il Tribunale di
Cosenza, sezione distaccata di Acri, che si è occupata della controversia, ma
anche tale elemento presenterebbe “delle contraddizioni che ne
indeboliscono la portata dimostrativa. Ed invero, alla data di ricezione della
lettera da parte della signora Malizia, l’odierno imputato aveva già ottenuto
un provvedimento favorevole, nella fase cautelare, poiché il Giudice civile
aveva rigettato la richiesta di sequestro del fondo avanzata dalla controparte,
ritenendo non sussistente il “fumus boni iuris” . Tale provvedimento, peraltro,
aveva indotto la Malizia a ricusare il G.O.T. che lo aveva emesso, in quanto, a
suo dire, non garantiva la necessaria imparzialità. Non si comprende, quindi,
per quale ragione il Maiurano avrebbe dovuto intraprendere una simile
iniziativa, tanto inutile quanto pericolosa, con una lettera che conteneva degli
espliciti riferimenti alla controversia in questione, esponendosi ad una
immediata individuazione quale autore del gesto intimidatorio”(v.pag.3
della sentenza impugnata). Né l’episodio richiamato nella sentenza di primo
3

grado (diverbio dell’imputato con il cancelliere), sebbene sintomatico del
carattere impulsivo dell’imputato, in mancanza di ulteriori univoci indizi, è
sufficiente per attribuire all’imputato la responsabilità del fatto di cui
all’imputazione.
I ricorsi vanno pertanto dichiarati inammissibili. Ai sensi dell’articolo

della ricorrente parte civile al pagamento delle sole spese del procedimento.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la parte civile ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Così deliberato, il 13.12.2013.
Il C nsi liere estensore

Cerva oro

Il fresidente

Do4tenico Gal
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616 cod. proc. pen., alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna

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