Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15189 del 13/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 15189 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VOCINO GIOVANNI N. IL 24/06/1973
avverso la sentenza n. 175/2008 CORTE APPELLO di
CAMPOBASSO, del 18/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MIRELLA CERVADORO
Ugito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 13/12/2013

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.
Carmine Stabile, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso venga
dichiarato inammissibile.
Udito il difensore avv. Michele Colucci, che ha concluso per l’accoglimento

del ricorso.

Svolgimento del processo

Con sentenza del 31.10.2007, il Tribunale di Larino dichiarò Vocino
Giovanni responsabile dei reati di rapina aggravata e porto illegale di armi e
unificati i reati sotto il vincolo della continuazione lo condannò alla pena di
anni sei di reclusione ed € 200 di multa.
Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato, e la Corte
d’Appello di Campobasso, con sentenza del 18.10,2012, dichiarava non
doversi procedere in ordine all’imputazione ex artt.2, 4 e 7 1.895/1967 perché
il reato è estinto per prescrizione, e concesse le attenuanti generiche riduceva
la pena ad anni tre e mesi quattro di reclusione ed euro 1200 di multa.
Ricorre per cassazione l’imputato, deducendo: 1) mancanza, illogicità e
contraddittoriatà della motivazione ai sensi dell’art.606, co.1, lett.b) ed e)
c.p.p. in riferimento alla sussistenza degli indizi che fornirebbero riscontro
all’unico indizio di colpevolezza (calze utilizzate dai rapinatori nel corso
della rapina sulla strada utilizzata dai rapinatori per la fuga); 2) mancanza e
manifesta illogicità di motivazione ai sensi dell’art.606, co.1 lett. e c.p.p. in
relazione all’unico indizio di reità (tracce di DNA sulla calza scura indossata
dal rapinatore) in quanto il test del DNA forniva due esiti difformi; 3) la
mancanza e manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’art.606 lett.e)
c.p.p. in ordine alla rilevata mancanza do alibi; 4) la prescrizione del reato a
seguito della riconosciuta prevalenza delle circostanze attenuanti.
i

Chiede pertanto l’annullamento della sentenza.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile con riferimento al primo, al secondo ed al

terzo motivo.

Solo formalmente, infatti, vengono evocati vizi di legittimità: in
concreto le doglianze sono articolate sulla base di rilievi che tendono ad una
rivalutazione del merito delle statuizioni della Corte territoriale: statuizioni,
peraltro, nella specie operate dalla Corte di appello con argomenti esaurienti
e privi di vizi logici sia in riferimento all’appartenenza al ricorrente della
calza di colore scuro contenente tracce di DNA del Vocino che in relazione
all’utilizzazione della medesima calza nel corso della medesima rapina dal
momento che la calza (unitamente a quella del correo deceduto nelle more
del giudizio d’appello) venne rinvenuta nei pressi dell’Ufficio Postale,
sull’unica strada che usciva dal paese di Morrone utilizzata dai rapinatori per
la fuga. Nessuna rilevanza che sulla medesima calza siano stati repertati due
capelli non appartenenti al Vocino, in quanto come spiegato dal perito i due
capelli possono provenire da qualcuno che ha maneggiato in altra occasione
la calza, mentre la saliva non è distinguibile dal capo e ciò a differenza del
capello che è invece qualcosa che non è affatto indissolubile dal tessuto. In
sostanza “tale tipologia di traccia biologica connette in modo chiaro ed
inequivocabile le stesse con l’utilizzo della medesima ed il contatto con l’area
orale e periorale; ipotizzare il deposito di saliva in circostanze diverse
sembrerebbe assai inverosimile” (v.pag.5 della sentenza impugnata). E
contro tali valutazioni sono dal motivo in esame formulate mere
contestazioni di veridicità, in un impensabile tentativo di ottenere da questa
Corte di legittimità un revisione di merito delle valutazioni stesse.
Il quarto motivo è manifestamente infondato.
2

Per la normativa previgente alla legge di modifica dell’art.157 c.p. il
reato si prescrive nel termine massimo di anni quindici (in considerazione
delle attenuanti generiche prevalenti sulle contestati aggravanti e sulla
recidiva contestata, anni dieci + anni cinque per effetto delle interruzione ex
art.161 c.p.); per la normativa attuale il reato si prescrive nel termine

effetto delle interruzioni ex art.161 c.p. trattandosi di recidivo reiterato
specifico). Applicata la prescrizione più favorevole all’imputato di anni
quindici, ed essendo il reato commesso in data 10.8.1998, appare chiaro che
alla data della pronuncia della Corte d’Appello (18.10.2012) il suddetto
termine non era ancora decorso. L’inammissibilità del ricorso per Cassazione
preclude, poi, la declaratoria d’estinzione del reato per prescrizione maturata
successivamente alla decisione impugnata (cfr.Cass.Sez.III, sent.n.42839/ 2009
Rv.244999).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa (v.Corte Cost. sent.n.186/ 2000), nella
determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di mille euro, così equitativamente fissata
in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
erato, il 13.12.2013.

massimo di anni sedici e mesi otto (anni dieci + anni sei e mesi otto per

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