Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15187 del 01/04/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 15187 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIUNTA VALENTINO N. IL 14/02/1992
avverso l’ordinanza n. 1930/2013 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
30/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Goi ee:
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Uditi difei3s 6r Avv.;

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Data Udienza: 01/04/2014

Ritenuto in fatto
1. Il G.i.p. presso il Tribunale di Sciacca, con ordinanza in data 9.12.2013,
applicava nei confronti di Giunta Valentino la misura cautelare degli arresti
domiciliari, in riferimento all’imputazione provvisoria relativa ad una fattispecie di
cui agli artt. 110, 81, comma 2, cod. pen., 73 e 80, comma 1, lett. a), d.P.R. n.
300/1990.
Il Tribunale di Palermo, con ordinanza in data 30.12.2013, in parziale

provvedimento impugnato esclusivamente nella parte in cui erano stati ritenuti
sussistenti gravi indizi di colpevolezza in relazione all’aggravante contestata e
confermava nel resto.
Il Collegio rilevava che la sussistevano gravi indizi di colpevolezza a carico
del Giunta, in riferimento alla cessione continuata di quantitativi di hashish a diversi
soggetti, alla luce delle dichiarazioni rese dai cessionari della sostanza.
Il Tribunale escludeva, di converso, la sussistenza di gravi indizi, in
riferimento alla contestata aggravante derivante dalle minore età della persona alla
quale la sostanza era destinata.
Con riguardo alle esigenze cautelari, il Collegio rilevava che il tempo
trascorso dalla realizzazione delle condotte criminose, perpetrate sino al luglio del
2012, non consentiva di ritenere escluso il pericolo di reiterazione, tenuto conto
della natura sistematica e professionale della attività illecita.
Considerava, inoltre, che pure in ragione dei limiti edittali di pena, doveva
escludersi che Giunta avrebbe potuto beneficiare della sospensione condizionale
della pena.
2.

Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione

Giunta Valentino, denunciando con il primo motivo violazione di legge e vizio
motivazionale.
La parte osserva che il Tribunale erroneamente ha ritenuto che il tempo
trascorso dalla cessazione della attività di reato, pari ad un anno e sei mesi, non
possa ritenersi idoneo ad escludere l’attualità di esigenze cautelari. Osserva che
non vi è traccia di attività illecita riferibile al Vasta dal luglio 2012 al dicembre 2013,
data della applicazione della misura in atto.
Con il secondo motivo l’esponente denuncia violazione di legge e carenza di
motivazione, laddove il Tribunale del riesame ha ritenuto sussistente l’esigenza
cautelare del pericolo della reiterazione di delitti della stessa specie di quello per cui
si procede. Osserva che il Collegio ha errato nel valorizzare al riguardo la
precedente condanna per resistenza a pubblico ufficiale. E sottolinea che la
pronuncia di annullamento della ordinanza genetica, resa dal Tribunale, con
riguardo alla contestata aggravante, implica una affievolimento delle esigenze
2

accoglimento dell’istanza di riesame proposta dal Giunta, annullava il

cautelari non considerato dal medesimo Tribunale. L’esponente rileva infine che
nella denegata ipotesi di condanna del Vasta non si rinvengono ragioni ostative alla
concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, in forza di un
verosimile riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 73, comma V, d.P.R. n.
309/1990.
Considerato in diritto
3. Il ricorso muove alle considerazioni che seguono.

motivazione posta a fondamento dell’ordinanza oggi impugnata muove dal rilievo
del perdurante pericolo di reiterazione criminosa, pure a fronte dello spazio di
tempo intercorrente dalla cessazione della attività criminosa, in ragione delle
specifiche caratteristiche della attività di spaccio, indicative della natura sistematica
e professionale del traffico illecito. I giudici del riesame hanno poi effettuato una
prognosi negativa, circa la concedibilità al prevenuto, in sede di condanna, del
beneficio della sospensione condizionale della pena, tenuto conto dei limiti edittali di
pena previsti per il reato ascritto.
Orbene, nel procedere all’esame del percorso argomentativo ora richiamato,
in riferimento alla attualità delle esigenze cautelari ed alle condizioni di applicabilità
della misura custodiale, devono considerarsi le conseguenze derivanti dalla recente
sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, rispetto alle norme oggetto della
imputazione provvisoria posta a fondamento della misura in atto. Invero, per
effetto dell’intervento dichiarativo dell’incostituzionalità degli articoli 4 bis e 4 vicies
ter del d.l. n. 272 del 2005, convertito con modifiche nella legge n. 49 del 2006,
riprende applicazione l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo anteriore alle
modifiche con queste apportate, come chiarito dal medesimo giudice delle leggi,
nella sentenza citata. Conseguentemente, la pena relativa alle c.d. “droghe
leggere”, per effetto del reintrodotto art. 73, comma 4, d.P.R. n. 309/1990, risulta
ricompresa da due a sei anni di reclusione, oltre la multa, laddove la cornice
edittale presa in considerazione dai giudici della cautela, al momento della adozione
della misura e successivamente, prevedeva la pena da sei a venti anni di
reclusione, oltre la multa.
Ciò posto, ritiene il Collegio di aderire all’orientamento espresso dalla
prevalente giurisprudenza di legittimità, in base al quale la natura processuale della
disciplina che regola l’applicazione delle misure cautelari non impedisce di
considerare gli effetti delle modifiche normative che comportino, in applicazione dei
principi dettati dall’art. 2 cod. pen., per il caso di successione di leggi penali nel
tempo, l’applicabilità di un trattamento sanzionatorio più favorevole, rispetto alla
data di commissione del reato indicato nell’imputazione provvisoria (Cass. Sez. 4,
Sentenza n. 3522 del 18/12/1997, dep. 25/02/1998, Rv. 210582). Militano, a
3

Soffermandosi congiuntamente sui motivi di doglianza, si osserva che la

sostegno dell’assunto, oltre ai rilievi sul carattere sostanzialmente afflittivo delle
misure cautelari – tali da indurre a ritenere che, in caso di successione di leggi
penali nel tempo, la materia non possa essere esclusivamente regolata sulla base
del principio del tempus regit actus – specifiche considerazioni di ordine sistematico,
che evidenziano che la modifica della norma sostanziale presupposta dalla
(ordinanza applicativa della) misura cautelare, incide direttamente sui criteri legali
di scelta e di applicabilità del presidio di contenimento. Ed invero, la cornice edittale

oltre che in relazione al parametro della proporzionalità della misura, che l’art. 275,
comma 2, cod. proc. pen., espressamente riconduce alla entità della pena che il
giudice ritiene possa essere irrogata – anche rispetto alla stessa applicabilità delle
misure custodiali, le quali non possono essere disposte, se il giudice ritiene che con
la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena, ai sensi
dell’art. 275, comma 2 bis, cod. proc. pen. E, a quest’ultimo riguardo, vengono in
rilievo, oltre alle condizioni soggettive dell’imputato, i limiti edittali di pena previsti
dalla norma incriminatrice, in ragione dei limiti quantitativi poto dall’art. 163,
comma 1, cod. pen.
Orbene, i cenni che precedono inducono allora a considerare che, per effetto
della sentenza della Corte Costituzionale n. 32 del 2014, il massimo della pena
detentiva prevista per il reato in addebito, come qualificato dallo stesso Tribunale
del Riesame, che ha escluso la sussistenza della aggravante della minore età dei
cessionari, corrisponde adesso al minimo della pena che era prevista dalla cornice
edittale di riferimento, sulla quale il Tribunale ha basato le proprie valutazioni,
anche in riferimento alla concedibilità della sospensione condizionale della pena.
4. L’evidenziata rilevante disomogeneità sostanziale dei parametri edittali di
riferimento, succedutisi nel tempo, relativi alla norma penale presupposta dalla
misura di cautela in atto, impone allora di annullare l’ordinanza impugnata e di
demandare al Tribunale del Riesame una nuova valutazione rispetto ai parametri di
proporzionalità ed adeguatezza, oltre che sulla stessa applicabilità della misura che
occupa, in ordine alla prognosi imposta dall’art. 275, comma 2, bis, cod. proc. pen.,
per le spiegate ragioni.
4.1 Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con
rinvio al Tribunale di Palermo, per nuovo esame del punto concernente
l’applicabilità della misura degli arresti domiciliari e l’attualità delle esigenze
cautelari.

4

relativa al nome penale oggetto dell’imputazione provvisoria incide direttamente –

P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla questione concernente le esigenze
cautelari, con rinvio sul punto al Tribunale di Palermo.

Così deciso in Roma in data 1° aprile 2014.

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