Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 15185 del 05/02/2014


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Penale Ord. Sez. 3 Num. 15185 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da Proia Giuseppe, n. a Sora il 02/10/1967,

avverso la ordinanza del Tribunale di Frosinone, in data 23/09/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale V. D’Ambrosio, che ha concluso, in principalità, per la sospensione del
processo con rimessione alla Corte di Giustizia CE e, in subordine, per
l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato;
udite le conclusioni del Difensore, Avv. D. Agnello, che ha concluso, in
principalità, per l’annullamento senza rinvio e, in subordine, per il rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE;

Data Udienza: 05/02/2014

OSSERVA

A) Il fatto
1. Con ordinanza del 23/09/2013 il Tribunale del riesame di Frosinone ha
rigettato la richiesta di riesame presentata avverso il decreto di convalida di
perquisizione e sequestro adottato dal P.M. presso il Tribunale di Frosinone di

sportive o su altri eventi nei confronti di Proia Giuseppe, intermediario in Italia
della Stanleybet Malta Ltd. per il reato di cui all’art. 4, commi 1 e 4 bis, I. n. 401
del 1989 in relazione all’art. 37 della I. n. 388 del 2000 e all’art. 88 T.u.l.p.s.
Infatti, in data 28/08/2013, personale del nucleo mobile della Guardia di Finanza
di Frosinone aveva proceduto ad un controllo amministrativo nell’agenzia gestita
da Proia Giuseppe ed esercente attività di “altre elaborazioni elettroniche di
dati”, riscontrando la mancanza dell’autorizzazione di cui al predetto art.88 e
aveva così proceduto al sequestro in questione poi convalidato dal P.M..

2. Ha presentato ricorso Proia Giuseppe lamentando violazione di legge nonché
carenza ed illogicità della motivazione.
Premesso che Stanleybet Malta è munita di licenza e autorizzazione nello Stato
in cui ha sede legale e che sussistono ancora ostacoli alla partecipazione della
stessa alle gare indette dall’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato
(AAMMS), contenendo le ultime procedure di gara gli stessi limiti e vincoli già
censurati dagli organi giudiziari nazionali e comunitari, osserva in particolare che
il d.l. 02/03/2012 n. 16 e la relativa documentazione attuativa non realizzano il
fine, dichiaratamente perseguito, dell’adeguamento dell’ordinamento di settore ai
principi stabiliti dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nelle
cause Costa e Cifone per porre rimedio alla illegittima esclusione di Stanley dalle
precedenti gare del 1999 e del 2006 rilevando come il Consiglio di Stato, con la
sentenza del 20/08/2013 n. 4199, intervenuta su impugnazione avverso
sentenza del Tar Lazio che aveva rigettato il ricorso presentato contro il
provvedimento di mancato annullamento o revoca delle concessioni rilasciate
nonché la richiesta di sospensione della gara prevista dal decreto-legge stesso,
ha sollevato questione pregiudiziale comunitaria sulla nuova normativa della
gara del 2012.
Dopo avere diffusamente riepilogato le vicende normative, amministrative e
giudiziarie che hanno interessato sino ad oggi in particolare la disciplina
dell’esercizio della raccolta delle scommesse e ricordato quanto in particolare

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alcune attrezzature informatiche per la ricezione e la trasmissione di scommesse

accaduto con riferimento al trattamento discriminatorio operato dalla attuazione
di tale disciplina nei confronti di Stanleybet Malta, il ricorrente evidenzia, in
primo luogo, che il d.l. n. 16 del 2012 (convertito in legge 26/04/2012 n. 44) ha
previsto la indizione di una nuova gara entro il 31 luglio 2012 per l’assegnazione
di concessioni di durata limitata a soli tre anni e mezzo a fronte della possibilità,
per i vecchi concessionari in scadenza al 30 giugno 2012, di proseguire la attività

giudicande. Con ciò, e tenendo presente che le concessioni “Coni” hanno avuto
una durata di dodici anni e mezzo e quelle affidate dal bando “Bersani” hanno
avuto una durata di nove anni, lamenta la discriminazione dovuta alla più ridotta
durata posto che i nuovi entrati non sarebbero in grado in un lasso di tempo così
breve di ammortizzare i costi e gli investimenti sostenuti a fronte degli altri
concorrenti che da numerosi anni hanno acquisito le posizioni migliori e più
consolidate. Inoltre, nello schema di convenzione del bando in oggetto, sono
state riproposte fattispecie di decadenza e revoca della concessione analoghe a
quelle previste dai bandi “Bersani” e già censurate dalla Corte di Giustizia.
Aggiunge che il Consiglio di Stato, con la decisione già ricordata, ha sottoposto
alla Corte un doppio quesito inteso a chiarire la sussistenza o meno della
incompatibilità con gli artt. 49 e 56 del Trattato e con i principi già affermati dai
giudici europei di concessioni di durata inferiore a quelle rilasciate in passato;
pertanto la nuova gara, anziché sanare l’originaria e consolidata situazione di
contrasto della normativa italiana con la disciplina comunitaria, avrebbe
rafforzato le preesistenti distorsioni concorrenziali.
Evidenzia in particolare: 1) l’avvenuta indizione di nuova gara senza la
preventiva revoca di tutte le illegittime concessioni acquisite in virtù delle
precedenti procedure, revoca, invece, obbligata posto che non era più possibile,
come avvenuto con il decreto “Bersani” ritenuto poi illegittimo, optare in
alternativa per la messa a concorso di un numero adeguato di nuove
concessioni, essendo il mercato ormai saturato dalla presenza di più di 14.000
concessioni illegittime; 2) la violazione del principio della parità di trattamento
essendo stati gli aspiranti concessionari che intendano accedere per la prima
volta al sistema italiano posti in condizioni svantaggiate rispetto ai concessionari
già operanti per effetto di concessione “Coni” e di concessione “Bersani”, stante
la più breve durata del rapporto, la possibilità di raccolta delle scommesse solo,
a differenza del passato, presso negozi aventi come attività esclusiva la
commercializzazione dei prodotti di gioco pubblico, il divieto di cessione della
titolarità della concessione e la previsione della cessione a titolo gratuito
all’Amministrazione dei Monopoli o altro concessionario individuato dell’uso di
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sino alla data di sottoscrizione delle convenzioni accessive alle nuove concessioni

tutti i beni materiali e immateriali di proprietà; 3) la previsione, nello schema di
convenzione, delle situazioni determinanti la revoca, la sospensione e la
decadenza della concessione per effetto delle quali Stanley, proprio in ragione
del contenzioso anche penale che l’ha coinvolta, sarebbe esposta al rischio della
decadenza e revoca delle concessioni eventualmente conseguite con
vanificazione dell’effetto di utilità della sua partecipazione alla selezione, sicché,

fronte all’alternativa tra rinunciare ad esercitare e/o interrompere in Italia
l’attività di impresa transfrontaliera attraverso la propria rete di C.t.d. oppure
non rinunciarvi, esponendosi però con quasi certezza alla decadenza dalle
concessioni eventualmente conseguite; 4) la intervenuta proroga delle
concessioni “Coni” senza soluzione di continuità non motivata da alcuna esigenza
imperativa di interesse generale ed avente soprattutto la finalità di
salvaguardare gli investimenti e le posizioni acquisite dai relativi concessionari.
Dunque, Stanley non ha partecipato alla nuova gara non già per effetto di una
soggettiva valutazione imprenditoriale ma perché la partecipazione non sarebbe
stata di per sé utile in quanto inidonea a sanare le pregresse discriminazioni e
foriera di nuovi illegittimi aggravi.
Il ricorrente ha chiesto comunque, in via gradata rispetto all’accoglimento del
ricorso, che questa Corte proponga questione pregiudiziale davanti alla Corte di
Giustizia CE ai sensi dell’art. 267, ultimo comma, del Trattato sul funzionamento
dell’Unione Europea (ex art. 234 del Trattato CE).

2.1. In data 30/01/2014 il ricorrente ha presentato memoria difensiva con cui ha
reiterato gli argomenti suddetti rappresentando altresì come plurimi giudici di
merito abbiano già proceduto a disapplicare, per permanente contrasto con i
principi comunitari, la norma contestata.

B) La disciplina nazionale

1. Le attività di raccolta e di gestione delle scommesse sono, secondo la
disciplina amministrativa italiana, esercitabili solo da soggetti che abbiano
ottenuto, al termine di una pubblica gara, una delle concessioni di cui lo Stato
fissa il numero complessivo; ulteriore presupposto per l’esercizio di detta attività
è rappresentato dal previo rilascio di una autorizzazione di polizia disciplinata dal
r.d. 18/06/1931, n.773 (cosiddetto “Testo Unico delle leggi di Pubblica
Sicurezza”).
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in definitiva, se Stanley avesse partecipato alla nuova gara, si sarebbe trovata dì

1.1. Il sistema di concessione per le scommesse su manifestazioni sportive si
fonda sulle disposizioni contenute nel d. Igs. 14 aprile 1948, n. 496 e in alcune
disposizioni di successive leggi finanziarie (art. 3, comma 229 della I. 28
dicembre 1995, n. 594; art. 3, comma 78 della I. 23 dicembre 1996, n. 662; art.
37 della I. 23 dicembre 2000, n. 388) che hanno fissato un regime di monopolio

Nazionale Italiano) e all’U.N.I.R.E. (Unione Nazionale per l’Incremento delle
Razze Equine) la facoltà di assegnare le concessioni in materia di organizzazione
e raccolta delle scommesse.
Successivamente, con il d.l. 8 luglio 2002, n. 138, convertito dalla I. 8 agosto
2002, n. 178, le competenze in tema di scommesse sono state unificate e
riservate all’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato.
Con la legge finanziaria per l’anno 2003, ovvero la I. 27 dicembre 2002, n. 305,
art. 22, comma 11, le limitazioni relative all’azionariato delle società quotate,
che sono state oggetto di osservazioni critiche da parte di sentenze della Corte di
Giustizia CE (ed in particolare della sentenza del 21/10/1999, Zenatti), hanno
conosciuto una significativa modifica, nel senso che è stato permesso a tutte le
società di capitale, qualunque ne sia la struttura, di partecipare alle gare per
l’attribuzione delle concessioni.
Con l’art. 14 ter del d.l. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla I. 14 maggio
2005, n. 80, è stata soppressa la disciplina, vigente all’epoca delle gare
effettuate nel 1999, che non consentiva ai titolari di concessione di operare
mediante terzi soggetti a tal fine delegati (d.P.R. 08/04/1998, n. 169 e d.m.
02/06/1998, n. 174).
Successivamente, con il d.l. 04/07/2006, n. 223, convertito dalla I. 04/08/2006
(c.d. decreto “Bersani”) si è previsto che l’attività di raccolta del gioco possa
essere effettuata anche da parte “degli operatori che esercitano la raccolta del
gioco presso uno Stato membro dell’Unione Europea, degli operatori di Stati
membri dell’Associazione Europea per il libero scambio e anche degli operatori di
altri Stati, solo se in possesso dei requisiti di affidabilità definiti
dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato” (art.38, comma 2, di
modifica dell’art. 1, comma 287 lett. b) della I. 30/12/2004, n. 311) e si è
determinato il numero massimo di nuovi punti vendita per comune (art.38,
comma 2, di modifica dell’ art. 287, lett. e) I.cit.)
nonché fissate le distanze minime dai punti vendita già esistenti (art.38, comma
2, di modifica dell’art. 287, lett. f e g) I. cit.).

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in favore dello Stato e attribuito esclusivamente al C.O.N.I. (Comitato Olimpico

Al “decreto Bersani” hanno poi fatto seguito specifiche disposizioni tecniche di
attuazione volte a disciplinare i bandi di gara e a fissare requisiti e condizioni di
natura contrattuale.

1.2. Al sistema di concessione fin qui delineato si collega, come già anticipato,
un diverso sistema di controllo, disciplinato dal r.d. 18/06/1931, n. 773 (Testo

modificato dalla I. 22/12/2000, n. 388, art. 37, comma 4, secondo cui “La
licenza per l’esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a
soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o altri enti ai quali la
legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a
soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della
stessa concessione o autorizzazione”.
Tale regime trova, poi, nell’art. 11 del medesimo decreto, una disciplina generale
circa i requisiti soggettivi delle persone richiedenti, così che le autorizzazioni di
polizia possono essere negate a chi abbia riportato una condanna per delitto non
colposo con pena superiore a tre anni di privazione della libertà personale e non
abbia ottenuto riabilitazione; a chi sia stato sottoposto a misura di prevenzione
personale, o sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per
tendenza; a chi abbia riportato condanna per alcuni reati, specificamente
indicati.
Il sistema è completato altresì da disposizioni di carattere penale; sanzioni
specifiche in materia di scommesse e gioco d’azzardo ed a tutela della
correttezza nello svolgimento delle manifestazioni sportive sono previste dalla I.
13/12/1989, n. 401, art. 4, come modificata dalla I. 23/12/2000, n. 388, art. 37,
comma 5. In particolare, per quanto qui interessa, il comma 4 bis (introdotto con
la I. n. 388 del 2000) stabilisce che le sanzioni sopra indicate sono applicate “a
chiunque, privo di concessione, autorizzazione o licenza ai sensi del r.d. 18
giugno 1931, n. 773, art. 88, approvato con R.D. 18 giugno 1931, n. 773, e
successive modificazioni, svolga in Italia qualsiasi attività organizzata al fine di
accettare o raccogliere o comunque favorire l’accettazione o in qualsiasi modo la
raccolta, anche per via telefonica o telematica, di scommesse di qualsiasi genere
da chiunque accettate in Italia o all’estero.”

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Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza), ed in particolare dall’art. 88, come

C) Le pronunce della Corte di Giustizia

1. Il sistema riassuntivamente descritto sopra è stato progressivamente inciso
dalla necessità di una interpretazione della relativa disciplina in termini uniformi
rispetto ai principi di natura sovranazionale : dopo che, già con sentenza del
06/03/2007, in cause riunite C 338/04 e altre, Placanica e altri, la Corte di

scommesse segnatamente posta in relazione ai bandi di gara “Coni” del 1999 in
contrasto con i principi del Trattato CE, la stessa Corte di Giustizia dell’Unione
Europea, a seguito di questione pregiudiziale proposta da questa Corte, con la
sentenza del 16/02/2012 pronunciata nelle cause riunite C – 72/10 e C- 77/10,
Costa e Cifone, riteneva nuovamente la disciplina nel frattempo ulteriormente
varata (segnatamente quella discendente dal già menzionato d. I. n. 223 del
2006 cosiddetto “Bersani” convertito in legge n. 248 del 2006), in contrasto,
sotto alcuni profili, specificamente con gli artt. 43 e 49 del Trattato CE nonché
con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione a motivo della
nazionalità.
In particolare la Corte, con detta ultima pronuncia, dovendosi qui dare per
conosciute le relative argomentazioni, affermava, essenzialmente, che gli artt.
43 CE e 49 CE dovevano interpretarsi nel senso di ostare : 1) a che lo Stato
membro, che intendesse porre rimedio a precedente violazione dei principi del
Trattato, “proteggesse le posizioni commerciali acquisite agli operatori esistenti
prevedendo in particolare determinate distanze minime tra gli esercizi dei nuovi
concessionari e quelli di tali operatori esistenti”; 2) a che venissero applicate
sanzioni a persone che operano senza concessione o autorizzazione che fossero
legate a un operatore che era stato escluso da una gara in violazione del diritto
dell’Unione qualora la nuova gara e le nuove assegnazioni non avessero
effettivamente rimediato all’illegittima esclusione di detto operatore dalla
precedente gara; dovevano inoltre interpretarsi nel senso di richiedere,
unitamente ai principi di pari trattamento, di trasparenza e di certezza del diritto,
che le norme comportanti decadenza di concessioni dovessero essere formulate
in modo chiaro, preciso e univoco, spettando al giudice del rinvio verificare ciò.

1.1. Allo stesso tempo, tuttavia, si traeva da detta pronuncia come dovesse
restare ferma la legittimità di un sistema volto a subordinare l’esercizio di
un’attività economica (in essa compresa quindi quella di raccolta delle
scommesse) all’ottenimento di una concessione e a prevedere varie ipotesi di
decadenza della concessione sulla base di motivi imperativi di interesse generale,
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Giustizia aveva ritenuto la disciplina tecnica regolatrice della raccolta di

quali gli obiettivi di tutela dei consumatori, di prevenzione delle frodi e
dell’incitamento dei cittadini ad una spesa eccessiva legata al gioco, nonché di
prevenzione di turbative dell’ordine sociale in generale (sentenza Costa e Cifone
cit., punti 70 e 71 nonché, in precedenza, sentenza Placanica e a., cit., punti 45,
46 e 48).
Doveva quindi intendersi, in altri termini, avere la Corte di giustizia riconosciuto

concessioni, a loro volta presupposto per richiedere l’autorizzazione di polizia,
essendosi le censure appuntate, piuttosto, sulle modalità e sulle condizioni di
partecipazione alle gare previste, in detto sistema, nei confronti di operatori
stranieri; di talché, ove la nuova gara fosse stata bandita ed attuata con
modalità e previsioni tali da rimediare alle pregresse violazioni e da evitare di
porre l’operatore straniero in posizione deteriore, il sistema concessorio autorizzatorio avrebbe operato pienamente nei confronti della generalità degli
operatori.
Di qui, del resto, l’affermazione di questa Corte in ordine alla mancanza, fatti
salvi i casi di sanzioni applicate a soggetto già illegittimamente escluso dalle gare
in violazione del diritto dell’Unione, di un contrasto, con le norme del Trattato, de
“la normativa nazionale che sottopone a concessione ed autorizzazione di polizia
la raccolta di scommesse” essendo la stessa finalizzata alla tutela di interessi di
ordine pubblico quali, tra gli altri, la limitazione e il controllo del giuoco d’azzardo
e l’impedimento alle infiltrazioni della criminalità organizzata e ad operazioni di
riciclaggio (Sez. 3, n. 18767 del 16/05/2012, Ferraro, Rv. 252634).

D) Le pronunce della Corte di Cassazione

A seguito della citata pronuncia “Costa e Cifone”, questa Corte procedeva
dunque, in una serie di procedimenti riguardanti soggetti operanti in Italia per
conto di operatori stranieri (tra cui la “Stanley International Betting Ltd”) cui la
licenza di polizia era stata negata per illegittima esclusione dalle gare e/o per
mancata partecipazione ad esse a causa della non conformità,
nell’interpretazione appunto data dalla Corte di giustizia CE, del regime
concessorio interno agli artt. 43 e 49 del Trattato CE, a disapplicare la disciplina
di cui all’art. 4 della I. n. 401 del 1989 e ad annullare, così, senza rinvio i
provvedimenti cautelari e non fondati sulla configurabilità del reato di raccolta di
scommesse non autorizzata (v., tra le altre, Sez. 3, n. 28413 del 10/07/2012,
Cifone, Rv. 253241; Sez. 3, n. 8062/13 del 20/09/2012, Capaccio,

non

massimata; Sez. 3, n. 48817 del 20/09/2012, Giannico, non massimata; Sez. 3,
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la legittimità in sé di un sistema, quale quello italiano, fondato sul rilascio di

n. 48816 del 20/09/2012, Porcelli,

non massimata;

Sez.3, n. 48815 del

20/09/2012, Abbrescia, non massimata, tutte riguardanti punti di raccolta per
conto la “Stanley International Betting Ltd.”).

1.

Proprio allo scopo, espressamente dichiarato, di adeguare il sistema

normativo nazionale ai principi espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione
Europea è dunque intervenuto, nel 2012, il legislatore italiano; segnatamente,
con il già menzionato d.l. 02/03/2012, n. 16, convertito in I. 26/04/2012, n.44, è
stata prevista, all’art.10, comma 9 octies, al fine di favorire il riordino delle
norme in materia di gioco pubblico, incluse quelle in materia di scommesse su
eventi sportivi, attraverso un primo allineamento temporale delle scadenze
delle concessioni aventi ad oggetto la raccolta delle predette scommesse,
con il contestuale rispetto dell’esigenza di adeguamento delle regole nazionali
ai principi stabiliti dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del
16/02/2012 già menzionata, la necessità di bandire una gara per la selezione
dei soggetti che raccolgano tali scommesse; e ciò, nel rispetto di criteri
predeterminati, tra cui : a) la possibilità di partecipazione per i soggetti che
già esercitino attività di raccolta di gioco in uno degli Stati dello Spazio
economico europeo, avendovi la sede legale ove operativa, sulla base di
valido ed efficace titolo abilitativo rilasciato secondo le disposizioni vigenti
nell’ordinamento di tale Stato e che siano altresì in possesso dei requisiti
di onorabilità, affidabilità ed economico-patrimoniale individuati
dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato; b) l’attribuzione di
concessioni, con scadenza al 30/06/2016, per la raccolta, esclusivamente in
rete fisica, di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi presso
agenzie, fino a un numero massimo di 2.000, aventi come attività esclusiva
la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici, senza vincolo di distanze
minime fra loro ovvero rispetto ad altri punti di raccolta, già attivi, di identiche
scommesse; c) la sottoscrizione di una convenzione di concessione di contenuto
coerente con ogni altro principio stabilito dalla citata sentenza della Corte di
giustizia dell’Unione europea del 16/02/2012, nonché con le compatibili
disposizioni nazionali vigenti in materia di giochi pubblici.

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E) Il d.l. 2 marzo 2012 n. 16

Si è altresì previsto, al comma 9 nonies, che i concessionari per la raccolta delle
scommesse in scadenza alla data del 30/06/2012 (ovvero gli aggiudicatari delle
concessioni “Coni” del 1999) possano proseguire la loro attività di raccolta fino
alla data di sottoscrizione delle concessioni accessive alle nuove concessioni
aggiudicande.
Successivamente, si è quindi provveduto alla pubblicazione del predetto bando di

concessione di 2.000 diritti per l’esercizio congiunto dei giochi pubblici e a cui,
come già premesso, Stanleybet Malta non ha partecipato in ragione della
ritenuta discriminatoria disciplina nazionale.

F) I presupposti del ricorso

Ciò posto, va rilevato che il provvedimento di sequestro convalidato dal P.M.
presso il Tribunale di Frosinone nei cui confronti è stato proposta la richiesta di
riesame rigettata dal Tribunale, è intervenuto in relazione alla contestata attività
di raccolta di scommesse esercitata dal ricorrente per conto della Stanleybet
Malta senza la necessaria autorizzazione di polizia di cui all’art. 88 T.u.l.p.s. così
ipotizzandosi il reato di cui all’art. 4, commi 1 e 4 bis, della I. 13/12/1989, n.
401. Emerge infatti dagli atti che il ricorrente ha richiesto detta autorizzazione,
essendo tuttavia la stessa stata negata dal Questore di Frosinone stante la
mancanza di concessione quale necessario presupposto; infatti la stessa
ricorrente ha evidenziato in ricorso di non avere partecipato ai bandi istituiti, a
seguito del d.l. n. 16 del 2012, per il rilascio di concessioni in ragione della
natura della disciplina tecnica posta in essere, contrastante con gli artt. 49 e 56
del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e discriminatoria nei
confronti di chi, come Stanleybet Malta, non faccia parte del gruppo dei
“destinatari” delle concessioni a suo tempo rilasciate a seguito dei bandi
cosiddetti “Coni” del 2000 e “Bersani” del 2006.
Di qui, tra l’altro, l’interesse del ricorrente ad invocare, anche in questa sede,
l’illegittimità del diniego dell’autorizzazione ex art. 88 T.u.l.p.s. in ragione del
presupposto costitutivo del reato contestato rappresentato dalla mancanza della
stessa.

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gara 2012/S 145-242654 con cui si è disposto, appunto, l’affidamento in

G) La decisione del Tribunale ed il contenuto essenziale delle doglianze
del ricorrente

1. Il Tribunale di Frosinone ha rigettato la richiesta di riesame ritenendo di non
individuare, nella disciplina ex d.l. n. 16 del 2012 e nel conseguente bando di
gara, alcuna violazione delle norme contenute negli artt. 43 e 49 CE, a fronte

riesame, essendo invece pacifica la mancanza, nella specie, in capo alla
Stanleybet, sia della concessione sia della licenza del Questore

ex art.88

T.0 . I. p.s.

2.

Come già ricordato in premessa, il ricorrente ha prospettato, al fine di

invocare la disapplicazione dell’art.4 cit. e la conseguente non configurabilità,
nella specie, del fumus del reato da detta norma previsto, la incompatibilità della
disciplina nazionale discendente dal d.l. n. 16 del 2012 convertito nella I. n. 44
del 2012 con i principi segnatamente posti dagli artt. 49 e 56 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione Europea, rispettivamente relativi alla libertà di
stabilimento e alla libertà di prestazione dei servizi, fondamentalmente sotto
quattro diversi profili, ovvero : 1) l’avvenuta indizione di nuova gara senza la
preventiva revoca di tutte le illegittime concessioni acquisite in virtù delle
precedenti procedure; 2) la violazione del principio della parità di trattamento
essendo stati i nuovi aspiranti concessionari posti in condizioni svantaggiate
rispetto ai concessionari già operanti per effetto della prevista più breve durata
della concessione, dell’obbligo di aprire soltanto agenzie c.d. “pure”, del divieto
di cessione della concessione e della previsione di obbligatoria cessione, al
termine del rapporto, allo Stato o ad altro concessionario da questi individuato,
dell’uso dei beni materiali ed immateriali che costituiscono la propria rete; 3) la
riproposizione, nello schema di convenzione, di situazioni, già in passato ritenute
discriminanti anche da questa Corte, determinanti la revoca, la sospensione e la
decadenza della concessione e tali da avere sostanzialmente costretto Stanley a
non partecipare alla nuova gara; 4) la intervenuta proroga delle concessioni
cosiddette “Coni” senza soluzione di continuità non motivata da alcuna esigenza
imperativa di interesse generale ed avente soprattutto la finalità di
salvaguardare gli investimenti e le posizioni acquisite dai preesistenti
concessionari.

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peraltro della delibazione necessariamente sommaria propria del giudizio di

H) Le considerazioni della Corte

1. Ritiene allora questa Corte che, mentre tutti i restanti profili di prospettata
incompatibilità siano manifestamente infondati (in guisa tale, secondo la
giurisprudenza dei giudici europei, da non dare adito ad alcun ragionevole dubbio
sulla soluzione da dare alla questione e da esimere quindi questa stessa Corte

06/10/1982 nella causa C 283/81; Corte Giust., Intermodal Transports, del
15/09/2005 nella causa C 495/03), solo il profilo di cui al punto 2) suddetto
presenti, in parte, aspetti di novità e di conseguente possibile non compatibilità
che non possono non imporre, stante l’incidenza della questione sul profilo del

fumus commissi delicti, il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia secondo
quanto previsto dall’ art. 267 del T.f.u.e. (che, come noto, prevede, salve le
deroghe individuate appunto dalla stessa Corte di giustizia, un obbligo in tal
senso a carico dell’organo giurisdizionale di ultima istanza).

1.1. Quanto alla mancata previa revoca delle precedenti procedure, quale
adempimento che, in affermata conseguenza del decisum della sentenza della
Corte di Giustizia in data 16/02/2012 “Costa – Cifone”, sarebbe stato necessario
per evitare che la nuova gara si ponesse nuovamente in conflitto con i principi
comunitari e finisse, dunque, per perpetuare le discriminazioni discendenti dalla
disciplina introdotta dalle gare “Bersani”, nessuna incompatibilità con i principi
comunitari appare, sul punto, rilevabile.
E’ la stessa Corte di Giustizia, infatti, nella sentenza appena ricordata, ad avere
chiarito, al punto 52, richiamando il precedente proprio arresto del 06/03/2007,
in cause riunite C 338/04 e altre, Placanica e altri, che sia la revoca e la
redistribuzione delle precedenti concessioni sia la messa a concorso di un
numero adeguato di nuove concessioni sono soluzioni “in linea di principio idonee
a rimediare, quanto meno per il futuro, all’esclusione illegittima di alcuni
operatori, permettendo a questi ultimi di esercitare la loro attività sul mercato
alle stesse condizioni applicabili agli operatori esistenti”; la precedente sentenza
Placanica aveva infatti chiarito spettare all’ordinamento giuridico interno stabilire
le modalità procedurali che garantiscano la tutela dei diritti che gli operatori
derivano dall’efficacia diretta del diritto comunitario, a condizione tuttavia che le
dette modalità non siano meno favorevoli di quelle che riguardano situazioni
analoghe di natura interna (principio di equivalenza) né rendano in pratica
impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti
dall’ordinamento giuridico comunitario.
12

anche da sollevare rinvio pregiudiziale : vedansi Corte Giust., Cilfit, del

Deve aggiungersi che la stessa sentenza del 16/02/2012, pur prendendo atto
(vedi punto 53) del fatto che gli operatori esistenti abbiano potuto iniziare la
propria attività alcuni anni prima degli operatori illegittimamente esclusi, ed
abbiano così potuto insediarsi sul mercato con una certa notorietà e con una
clientela propria, con conseguente indebito vantaggio concorrenziale, ha
unicamente inibito la concessione agli operatori esistenti di “ulteriori” vantaggi

avrebbe, come conseguenza, quella di perpetuare e di rafforzare gli effetti
dell’esclusione illegittima di questi ultimi dalla gara del 1999, in ciò integrandosi
una nuova violazione degli articoli 43 CE e 49 CE nonché del principio di parità di
trattamento.
Se, dunque, preso atto dell’indebito vantaggio concorrenziale ormai prodottosi,
“tanto una revoca e la redistribuzione delle precedenti concessioni quanto la
messa a concorso di un numero adeguato di nuove concessioni” sono state
indicate dalla Corte di giustizia come soluzioni appropriate, non pare potervi
essere dubbio sul fatto che nella specie, è lo stesso numero di nuove concessioni
bandite (fino ad un massimo di 2.000) a far ritenere che, nella specie, non fosse
necessaria, come preteso dal ricorrente, la revoca delle precedenti concessioni.
La non necessità della revoca delle precedenti concessioni conduce logicamente,
allo stesso tempo, a ritenere manifestamente non incompatibile con i principi
comunitari la disposta proroga, da parte dell’art. 10, comma 9 novies, del d.l. n.
16 del 2012, delle concessioni cosiddette “Coni” sino alla data di sottoscrizione
delle convenzioni accessive alle nuove concessioni.

1.2. Anche il profilo della previsione delle cause di revoca, sospensione e
decadenza delle concessioni non appare integrare

ictu °cui/

motivi di

incompatibilità con i principi comunitari.
La sentenza della Corte di Giustizia del 16/02/2012, dopo avere premesso che
l’esclusione di operatori i cui gestori abbiano riportato condanne penali può in
linea di principio essere considerata come una misura giustificata dall’obiettivo
della lotta contro la criminalità, e che può ritenersi giustificato adottare misure
preventive nei confronti di un operatore di giochi d’azzardo anche solo
sospettato, sulla base di indizi concludenti, di essere implicato in attività
criminali, aveva affermato, considerata la natura particolarmente grave della
misura della decadenza della concessione, la necessità che le circostanze di
applicazione di una tale sanzione (tanto più ove accompagnata da previsioni di
garanzie pecuniarie e obblighi di risarcimento) fossero enunciate in modo chiaro,
preciso e univoco al fine di consentire ad ogni potenziale offerente di valutare
13

concorrenziali rispetto ai nuovi concessionari, posto che solo una tale situazione

con certezza il rischio relativo e altresì per garantire l’assenza di rischi di
favoritismo o arbitrarietà da parte dell’amministrazione aggiudicatrice e, infine,
per garantire il rispetto del principio di certezza del diritto.
Ciò posto, la Corte aveva quindi affermato, come già visto sopra, che, mentre
poteva dirsi funzionale a preservare dette esigenze, la clausola, allora contenuta
nell’art. 23, comma 2, lett. a) dello schema di convenzione, relativa alla

n. 55», doveva invece spettare al giudice nazionale verificare se la previsione per
cui la decadenza operava anche in relazione a «ogni altra ipotesi di reato
suscettibile di far venir meno il rapporto fiduciario con AAMS» potesse essere,
nel suo esatto contenuto, compresa dall’aspirante concessionario.
Ora, come già anticipato sopra, il ricorrente pretenderebbe che un

vulnus del

principio di certezza del diritto nonché della necessità di evitare rischi di
favoritismi ed arbitrarietà di sorta discenda, oggi, dalla previsione dell’art. 23,
comma 2, dello schema di convenzione secondo cui l’amministrazione ben può
procedere alla decadenza della concessione, tra l’altro, “per ogni ipotesi di reato
per il quale sia stato disposto il rinvio a giudizio e che AAMS, in ragione della sua
natura, della gravità, delle modalità di esecuzione e della connessione con
l’oggetto dell’attività affidata in concessione, valuti tale da far escludere
l’affidabilità, la professionalità e l’idoneità morale del concessionario”. E tuttavia,
non vi è dubbio che lo specifico richiamo, in luogo del precedente indistinto
riferimento ad ogni ipotesi suscettibile di far venire meno il rapporto fiduciario,
da un lato alle ipotesi di “sentenze di condanna passate in giudicato o decreto
penale di condanna divenuto irrevocabile oppure sentenza di applicazione della
pena su richiesta, ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, per reati
gravi in danno dello Stato o della Comunità che incidano sulla moralità
professionale, ed in ogni caso per i reati citati nell’articolo 38 lettere c), h), del d.
Igs. 12 aprile 2006, n. 163” e, dall’altro, alle ipotesi per le quali sia intervenuto,
come già visto, il rinvio a giudizio e che siano, al contempo, idonee ad incidere
su affidabilità, professionalità e idoneità morale del concessionario, consenta di
delimitare con sufficiente precisione le ipotesi di decadenza, e di collegarle altresì
ad un oggettivo piano di incidenza sul rapporto con l’amministrazione.
Sicché, in altri termini, l’indeterminatezza che in precedenza accompagnava la
formulazione della clausola di decadenza non risulta, oggi, più riproposta, in tal
modo venendo dissipate le ambiguità ed incertezze che avevano mosso la Corte
di giustizia alla decisione sul punto già considerata.
Né può lamentarsi il carattere discriminatorio di una tale clausola nei confronti di
tutti quegli operatori (in particolare Stanleybet) che siano stati condannati per
14

decadenza con riferimento alle «ipotesi di reato di cui alla legge 19 marzo 1990,

l’esercizio della raccolta di scommesse in virtù della assenza di concessione e,
conseguentemente, dell’ autorizzazione di polizia, determinata dalla illegittima,
ed acclarata come tale, esclusione dalle gare bandite sulla base del decreto
“Bersani”; da un lato, il carattere necessariamente generale della clausola è
evidentemente incompatibile con previsioni di deroghe riferite a singoli
procedimenti, e, dall’altro, non può certo essere fatto carico al legislatore o al

contra legem di rinvii a giudizio o di decisioni di condanna, la cui fondatezza è
necessariamente affidata ai rimedi interni al processo penale, tanto più avendo
ormai ripetutamente, questa Corte, annullato i provvedimenti dei giudici di
merito di condanna o cautelari fondati su un’assenza di autorizzazione
determinata, in ultima analisi, dal contrasto con i principi comunitari più volte
richiamati. Del resto, a seguire l’assunto del ricorrente, non si comprende quale
formulazione dovrebbe avere una previsione che fosse tale da condurre in
particolare a non ritenere rilevanti gli eventuali provvedimenti di rinvio a giudizio
o di condanna nei confronti di Stanleybet se non quella, improponibile per
quanto appena detto, espressamente volta ad esentare ad personam la stessa
Stanleybet od altre in analoga posizione dagli effetti in generale voluti dalla
norma.

1.3. Parimenti non fondati appaiono gli assunti volti a sostenere una violazione
del principio di parità di trattamento e del principio di libera concorrenza quanto
alla natura esclusiva dell’attività di raccolta dei giochi pubblici in capo ai nuovi
concessionari (secondo quanto previsto dall’art.2.2 delle Regole Amministrative)
e del divieto di cessione della titolarità della concessione (secondo quanto
previsto dall’art.10 dello schema di convenzione).
Come già considerato sopra, a partire dalla sentenza “Placanica”, la Corte di
Giustizia ha infatti costantemente individuato nel legittimo obiettivo del
controllo su coloro che operano nel settore dei giochi di azzardo allo scopo di
prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti (cfr. punto
57) il criterio di conformità rispetto ai principi comunitari del sistema italiano
fondato sulle concessioni; ed a tale obiettivo ben si ricollegano le prescrizioni
che, escludendo tout court la possibilità di una cessione della titolarità della
concessione, tendano ad evitare l’elusione del controllo fondato, appunto, su
ragioni già ritenute legittime. Quanto alla necessità dell’esercizio della raccolta di
gioco pubblico in via esclusiva, non si comprende perché una tale previsione,
escludendo la possibilità, riconosciuta invece con riguardo alle precedenti
concessioni, di esercitare altre attività di carattere accessorio, dovrebbe di per sé
15

compilatore delle relative norme tecniche di attuazione di valutare la natura

integrare una violazione del principio di parità di trattamento, apparendo
comunque un tale profilo, prima di tutto, irrilevante rispetto al giudizio devoluto
a questa Corte, inerente al sequestro di attrezzature informatiche per la
ricezione e trasmissione di scommesse sportive o su altri eventi, e dunque,
appunto, per la raccolta di gioco pubblico.

già ricordati, da imporre la rimessione alla Corte di Giustizia della relativa
questione interpretativa, i profili della compatibilità, con gli artt. 49 e 56 dello
stesso T.f.u.e., della previsione di cui all’art.3 dello schema di convenzione già
richiamato secondo cui il termine di durata della concessione viene stabilito in tre
anni, e della previsione dell’obbligo di cessione a titolo non oneroso, all’atto della
cessazione dell’attività per scadenza del termine finale della concessione o per
effetto di provvedimenti di decadenza o revoca, ad AAMS o ad altro
concessionario da essa individuato con criteri di concorsualità, l’uso dei beni
materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono la rete di gestione e di
raccolta del gioco (secondo la previsione dell’art. 25 dello Schema di
Convenzione).
La prima disposizione, imposta dall’art. 10, comma 9 octies lett. b), del d.l. n. 16
del 2012, porrebbe infatti, secondo la ricorrente, i nuovi concessionari in una
posizione svantaggiata rispetto sia ai concessionari operanti in virtù delle
concessioni “Coni” del 1999 (la cui durata era stabilita in dodici anni) sia ai
concessionari operanti in virtù delle concessioni “Bersani” del 2006 (la cui durata
era stabilita in nove anni) con una differenza di trattamento che, finendo col
garantire ai precedenti concessionari un vantaggio concorrenziale derivante dalla
loro presenza già da tempo sul mercato italiano, non sarebbe giustificata da
alcuna esigenza imperativa di interesse generale; tale posizione deteriore
sarebbe vieppiù accentuata, poi, da una previsione che, in maniera del tutto
inedita, contemplando un obbligo di cessione dell’uso dei beni costituenti la rete
di gestione dell’attività, finirebbe, ancora una volta, per tradursi in un obiettivo
ed ingiustificato svantaggio competitivo per i nuovi “entranti”.
Ora, se pure deve considerarsi che alla minore durata della concessione rispetto
al passato appaiono corrispondere un eguale minore importo del prezzo a base
d’asta nonché una minore entità della cauzione provvisoria e di quella definitiva
rispetto a quanto stabilito nelle precedenti gare, è anche vero che il profilo della
minore durata, non coinvolto sino ad ora, né direttamente, né indirettamente,
dalle decisioni della Corte di Giustizia sopra richiamate, appare di per sé
direttamente incidere sull’ammortamento dei costi di investimento, sicuramente
16

2. Appaiono invece tali, secondo i parametri di giudizio dell’art. 267 del T.f.u.e.

più svantaggioso per chi sia costretto a partecipare ad una gara indetta per
concessioni della durata triennale in competizione con chi abbia avuto a
disposizione ben più lunghe durate.
Né la obiettiva penalizzazione sempre sul piano dell’ammortamento dei costi
rappresentata da quella che parrebbe essere una “acquisizione” coatta dei propri
beni potrebbe essere svalutata sul presupposto della operatività di essa in un

considerarsi gli effetti anticipati di una tale clausola sul piano della convenienza
economica dell’accesso alla gara.

3. Sotto tale complessivo profilo, dunque, appare sussistente un ragionevole
dubbio circa la compatibilità di tale minore durata con i principi di cui agli artt. 49
e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea.
In definitiva, sospeso il presente processo, gli atti vanno rimessi alla Corte di
Giustizia perché si pronunci sui seguenti quesiti :
a) se gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del T.f.u.e., come anche letti dalla sentenza
della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 16/02/2012 n. 72, vadano
interpretati nel senso che essi ostano a che venga bandita gara riguardante
concessioni di durata inferiore a quelle in passato rilasciate, laddove detta gara
sia stata indetta all’affermato fine di rimediare alle conseguenze derivanti
dall’illegittimità dell’esclusione di un certo numero di operatori dalle gare
precedenti;
b) se gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del T.f.u.e. come anche letti dalla suddetta
sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, vadano interpretati nel
senso che essi ostano a che l’esigenza di allineamento temporale delle scadenze
delle concessioni costituisca giustificazione adeguata di una durata delle
concessioni poste in gara ridotta rispetto a quella dei rapporti concessori in
passato attribuiti;
c)

se gli artt. 49 e ss. e 56 e ss. del T.f.u.e. come anche letti dalla suddetta

sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, vadano interpretati nel
senso che essi ostano ad una previsione di obbligo di cessione a titolo non
oneroso dell’uso dei beni materiali ed immateriali di proprietà che costituiscono
la rete di gestione e di raccolta del gioco in caso di cessazione dell’attività per
scadenza del termine finale della concessione o per effetto di provvedimenti di
decadenza o revoca.

P.Q.M.
17

momento addirittura successivo alla conclusione del rapporto, non potendo non

Dispone che, ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea, gli atti del presente procedimento vengano trasmessi alla Corte di
Giustizia dell’Unione Europea.

Il Presidente

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2014

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